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Orto da asporto, frutta e verdura sostenibili in vendita all’e-bancone inclusivo

Quando l’orto diventa sostenibile, inclusivo e tecnologico. La cooperativa sociale Esserci di Torino che fa parte del Consorzio nazionale Cgm ha partecipato al programma di innovazione tecnologica SocialTech4EU, vincendo il bando con il progetto Orto da Asporto. Ha progettato e realizzato, insieme a esperti di agricoltura sostenibile, designer del prodotto, designer dei servizi, esperti di progettazione e comunicazione ma soprattutto persone con disabilità, un e-bancone con un sistema digitale di ordine e consegna e attrezzature accessibili a tutti.

Abbiamo incontrato Daniela Ortisi, Presidente e Simone Artesi, Consigliere di Amministrazione e Coordinatore del progetto di Agricoltura Sociale che ci hanno raccontato il progetto.

Da dove nasce Orto da asporto?

In realtà tutto nasce tempo prima ed è stata anche oggetto di una tesi di master in agricoltura sociale. La scommessa era quella di far diventare questo settore sempre più tech e soprattutto accessibile a tutti. Da li non ci siamo fermati, siamo andati avanti fino alla candidatura del progetto.

Come siete riusciti a mettere insieme un progetto così ampio?

Quello che noi facciamo tutti i giorni all’interno della nostra cooperativa è dialogare il più possibile con il territorio, con diverse realtà e diversi professionisti, mettere in sinergia diversi mondi. Abbiamo allora cercato di far sedere allo stesso tavolo esperti di agricoltura sostenibile, designer del prodotto, designer dei servizi, esperti di progettazione e comunicazione ma soprattutto il contributo più importante è stato quello di coinvolgere alla progettazione persone con disabilità al fine di rendere davvero inclusivo e accessibile il progetto.

A chi si rivolge e-bancone?

Durante la progettazione abbiamo sempre tenuto fede al nostro input principale, quello di rendere il bancone accessibile a tutti, senza distinzione di target, un banco che sia davvero inclusivo che possa essere utilizzato da chiunque anche persone con disabilità cognitive e fisiche.

Ci raccontate come funziona ?

Un banco che oltre alla vendita tradizionale dei prodotti sarà affiancato da un sistema digitale di ordine e consegna, attivabile fisicamente presso l’e-bancone o online, per aumentare la fruizione, la visibilità e l’offerta per i clienti. Due novità su tutte: una bilancia più facilmente utilizzabile anche da persone con disabilità e un monitor che racconta la storia dei prodotti, il lavoro delle persone e le loro storie.

Perché questo progetto è riuscito ad aggiudicarsi questo finanziamento ed essere scelto tra tanti?

La vera innovazione di questo progetto è la semplicità con il quale si presenta, un progetto che può essere facilmente scalabile e replicabile, accessibile a tutti e che permette l’inserimento lavorativo a 360 gradi.

Quale futuro vi immaginate per Orto da asporto?

Il nostro sogno sarebbe quello di arrivare nei mercati in maniera capillare. Dare voce a tutti i piccoli produttori, allo sviluppo dell’agricoltura bio e sostenibile. Un modello che metta insieme attività imprenditoriali e sviluppo delle cooperative che si occupano di servizi alla persona.

Dove possiamo trovarvi dal vivo?

Il prossimi eventi saranno il 21 settembre a Astibenessere a Chapitombolo Academy in Via Baldichieri,18 Monale (AT), il 22 settembre alla Sagra della patata di Villastellone e il 28-29 settembre a GooGreen ai Giardino Sambuy di Piazza Carlo Felice a Torino.

Non ci rimane che dire… Ci vediamo al mercato!

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Tra longevità e assistenza: costruire e innovare politiche e modelli di servizio sociosanitario

Una nuova direzione per il consorzio nazionale CGM. Dalla Convention di Bologna, parte il 18 settembre (on-line) il gruppo di lavoro sui servizi per la Terza età e la non auto-sufficienza. I temi? Progettazione nazionale ed europea e molto altro. Un’occasione per definire insieme un impianto strategico che consenta a tutte le imprese sociali di investire su alcuni asset chiave.

Oggi in Italia gli over 65 sono un terzo della popolazione e gli anziani non autosufficienti sono più di 4 milioni e nel prossimo futuro questi numeri sono destinati ad aumentare, perchè una maggior aspettativa di vita porta con sè un rischio maggiore di sviluppare condizioni di non auto-sufficienza a causa del decadimento fisico e cognitivo.

All’invecchiamento della popolazione fa eco la progressiva riduzione della popolazione attiva e del numero di figure professionali nell’ambito della cura e dell’assistenza, carenza che mette in crisi la sostenibilità dell’attuale modello.

È necessario riprogettare il sistema dei servizi per la Terza età e la non auto-sufficienza integrando aspetti assistenziali, sociali, sanitari ma anche tecnologici e digitali. Integrando le risorse di pubblico e privato e sviluppando azioni in filiera per nuovi modelli di intervento sostenibili e flessibili nel lungo periodo: dalla promozione di una cultura del benessere, al potenziamento del sistema di prevenzione, alla domiciliarità, ai sistemi di housing fino ai servizi residenziali.

Mercoledì 18 settembre | Ore 10.30
Primo incontro del gruppo di lavoro CGM su servizi Terza età e non auto-sufficienza

Durante la prima riunione si parlerà di

  • Opportunità progettuali: bandi e attività di ricerca
  • Progetti in corso e trasferibilità di servizi e strumenti
  • Sviluppo di opportunità con le società di sistema della rete CGM

Per CGM sono 3 le direzioni che devono essere messe in dialogo fra loro per costruire questo nuovo sistema di offerta:

Le politiche e i sistemi di attuazione che non possono più prescindere dal dialogo e dalla partecipazione del Terzo Settore che deve cessare i panni del “soggetto erogatore di servizi”, ma contribuire alla sua co-costruzione.

Lo sviluppo di nuovi modelli di servizio capaci di superare la frammentarietà delle risposte, tutelare i diritti e garantire un percorso di cura e di presa in carico continuativo e organico.

La progettazione per sviluppare attività di design, sperimentazione e messa a terra di nuovi servizi anche in alleanza con il mondo della ricerca e dello sviluppo tecnologico e digitale.

A partire da alcune esperienze della rete CGM vuole lavorare ad un impianto strategico che consenta a tutte le imprese sociali di investire su alcuni asset chiave come il consolidamento di sistemi di offerte localizzati, l’aggiornamento delle competenze e gli investimenti in ricerca e sviluppo.

Per partecipare, compilare il form e successivamente verrà inviato il link per accedere all’incontro.

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Fashion for all, la creatività e l’inclusione di Liberi Tutti nella capitale della moda

La moda come processo creativo e strumento di sviluppo per l’inclusione sociale. Questa in sintesi la mission del brand Au Petit Bonheur della nostra cooperativa socia LiberiTutti che, dopo il punto vendita di Torino, ha aperto uno store in Porta Ticinese 73 a Milano. Tra capi sostenibili che abbracciano diversità e inclusione e occasioni di inserimento lavorativo per persone con fragilità.

Tanta voglia di raccontare con passione e determinazione, una lunga intervista ad Alessia Aisosa Catarinella – project manager, progettista sociale, valutatrice d’impatto e molto altro per la cooperativa sociale LiberiTutti.

Come nasce il progetto Au Petit Bonheur?

Nasce come un sogno che parte nel 2019 all’interno di Liberitutti Factory. Il brand Au petit bonher si poneva una sfida quella di far diventare la moda non solo strumento creativo ma anche sviluppo e inclusione sociale per donne fragili.

Direi sfida è riuscita

Dopo il successo dello store di Torino quest’anno abbiamo aperto il nostro secondo punto vendita a Milano, città della moda per antonomasia e ci siamo riusciti mantenendo inalterata la natura del nostro progetto: una moda inclusiva che sia davvero “Fashion for All”.

Quali sono le peculiarità di Au Petit Bonheur?

La visione di una moda che sia slow, i nostri punti vendita vogliono essere non soltanto negozi ma centri di aggregazione, condivisione di storie e di progetti. Una moda lenta contro il fast fashion sempre più incalzante. Tessuti e filiera sostenibile questo significa tessuti tracciati, attenzione all’ambiente e utilizzo di materiali biologici, come il nostro Jersey di cotone prodotto in Italia. Questo tessuto particolarmente modellante ci permette di costruire i nostri capi in maniera free size. E poi il punto di forza del nostro progetto sono le Sartori Sociali, dove donne fragili trovano un lavoro, acquisiscono una loro professionalità e ci permettono di realizzare tutti i capi che compongono le collezioni.

Mi sembra di capire che il valore aggiunto del vostro progetto siano proprio le imprese sociali?

Le nostre imprese sociali svolgono un prezioso lavoro di inserimento lavorativo, azioni di sviluppo territoriale e di comunità favorendo la crescita, la professionalizzazione e la valorizzazione del capitale umano.

Le imprese sociali quindi al centro del cambiamento?

La sfida è proprio questa spingere le nostre imprese sociali a guardare oltre, ad osare ad essere coraggiosi, a portare l’impresa sociale in un mondo da sempre presidiato dai grandi brand e dal profit. Siamo coscienti delle difficoltà ma grazie al nostro know how siamo sicuri che questa sfida possa darci grandi risultati. Per noi questo è il vero processo di cambiamento verso una moda sostenibile.

La Cooperativa Liberi Tutti di Torino fa parte della solida rete del consorzio nazionale CGM. Nel 2019 nasce Liberitutti Factory una nuova idea di impresa sociale, con l’obiettivo di proporre, promuovere e sviluppare competitività sul mercato ad alto valore sociale, nei settori dello sviluppo economico partecipato dai territori.

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News Project Storie

Controvento. A Brindisi salpa la vela accessibile ed inclusiva

Il progetto, realizzato dalla nostra socia Cooperativa Sociale Eridano in collaborazione con il Circolo della Vela di Brindisi, mira a garantire alle persone con gravi disabilità l’opportunità di raggiungere autonomia e autodeterminazione nella pratica della vela, trasformando
il porto turistico di Brindisi, in particolare la località Materdomini, in un punto di riferimento per la vela accessibile.

A Brindisi un progetto per rendere la vela accessibile e inclusiva anche alle persone con gravi disabilità. La Cooperativa Sociale Eridano, impegnata dal 2006 in attività di assistenza, riabilitazione psicosociale e formazione professionale a persone con disabilità, e appartenente alla solida rete del Consorzio Nazionale CGM, ha dato vita a Brindisi al progetto Controvento. La forza della vela. L’iniziativa, realizzata in collaborazione con il Circolo della Vela di Brindisi, mira a garantire alle persone con gravi disabilità l’opportunità di raggiungere autonomia e autodeterminazione nella pratica della vela, trasformando conseguentemente il porto turistico di Brindisi, in particolare la località Materdomini, in un punto di riferimento per la vela accessibile.


Grazie al progetto, sarà possibile rendere lo spazio di due imbarcazioni completamente accessibili e pilotabili anche da persone prive di arti o con importanti difficoltà motorie. Sarà presente a bordo anche personale qualificato FIV sia per la formazione
tecnico-sportiva che per la presa in carico da un punto di vista assistenziale e riabilitativo.
L’iniziativa coinvolgerà direttamente 85 persone con disabilità tra i 15 e i 50 anni, di cui il 25% saranno ragazze e donne, già seguite dalla Cooperativa Eridano. Tra questi, 15 sono ospiti della comunità socioriabilitativa “Eridano Dopo di Noi”, 30 frequentano il centro
diurno “Eridano di Giorno”, 10 seguono progetti personalizzati per l’autismo e 30 partecipano ai soggiorni estivi accessibili. Inoltre, grazie a Controvento, 12 tra educatori e terapisti e 4 istruttori sportivi saranno formati per garantire un supporto completo alle
persone con disabilità che si avvicinano alla vela.

Il progetto parte dall’importanza dei benefici sul benessere psico-fisico di chi pratica vela: tale sport contribuisce infatti a migliorare la motivazione, le capacità fisiche di apprendimento, la comprensione e la concentrazione, garantendo soprattutto significativi miglioramenti dal punto di vista relazionale. Gli allievi con disabilità scoprono in questo modo le proprie potenzialità, acquisendo sempre più fiducia in sé stessi.


“La vela è stata inserita tra le discipline paralimpiche, contribuendo ad aumentare il numero di adesioni, circoli e società di Parasailing”, dichiara Francesco Parisi, Presidente Eridano Cooperativa Sociale. “Sebbene il settore nautico e velico a Brindisi goda di una forte risonanza e adesione, in passato non sempre è stato reso accessibile alle persone con disabilità. Attraverso il nostro progetto Controvento, apriamo ad un cambio di paradigma: avremo a disposizione non solo strumenti compatibili con le esigenze di chi ha disabilità gravi ma anche personale adeguatamente preparato per rispondere ad esse. L’obiettivo di fondo è garantire un percorso di crescita per chiunque si affacci a tale sport“.


Il progetto rappresenta un valore aggiunto non solo per la Cooperativa Eridano, che arricchisce ulteriormente i propri percorsi riabilitativi individuali e i soggiorni di vacanza specialistici, ma anche per l’intera comunità: le ricadute valoriali e sociali posizionano Brindisi tra le località che valorizzano un turismo inclusivo e accessibile, abbracciando così le diversità di tutti i viaggiatori.


Controvento è sostenuto da Intesa Sanpaolo attraverso il Programma Formula, in collaborazione con CESVI.

Cooperativa Sociale Onlus Eridano nasce nel 2006 a Brindisi ed opera su tre principali aree d’intervento: l’area socioassistenziale e riabilitativa; l’area turistica, con particolare attenzione al turismo accessibile, garantendo comfort e servizi adeguati ad ogni tipo di disabilità; e infine, l’area dell’innovazione dei processi di riabilitazione ed inclusione sociale e lavorativa.

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Formazione News Project

Dati e analisi per leggere e agire sulle risorse umane nel sociale. Il progetto PRISMA di Consolida

Ha vinto la prima edizione della call ‘Segnali dal futuro’ intitolata a Claudia Fiaschi e realizzata da CGM, in occasione della Convention di Bologna. Il progetto consiste in una piattaforma per migliorare l’attrazione, la retention e la gestione dei lavoratori delle cooperative sociali tramite analisi dati e politiche datadriven.

“Se penso al sottotitolo della Convention, questo è un progetto scaturito proprio dalle ‘intelligenze collettive’ delle nostre cooperative”. Chi parla è Lorenzo Guerra, presidente del Consorzio Consolida di Lecco. Il progetto è PRISMA, vincitore della prima edizione della call ‘Segnali dal futuro’ intitolata a Claudia Fiaschi e realizzata da CGM, in occasione della Convention di Bologna, per conoscere e valorizzare servizi, progetti, processi, pratiche e prodotti, contenenti innovazioni rispetto alla sfide trasformative e di frontiera sul tema “Dati, infrastrutture «phygital» e intelligenze collettive”.

“Abbiamo partecipato alla call – racconta Lorenzo Guerra – con la voglia di misurarci su un progetto innovativo, di metterci a confronto con altre esperienze. Aver vinto ci rende contenti e orgogliosi: l’applicazione di strumenti digitali non è certo il nostro core business, ma aver avuto il riscontro positivo da parte di persone esperte e con uno sguardo ampio, ci ha confermato che la direzione intrapresa è quella corretta”. Quale DIREZIONE? Quella di sviluppare strumenti digitali e processi per migliorare l’attrazione, la retention e la gestione dei lavoratori delle cooperative sociali tramite analisi dati e politiche datadriven. Il Consorzio Consolida ci sta ragionando fin dal 2021 e lavorando concretamente da circa un anno. Con una modalità collettiva, quella del Tavolo Risorse Umane che riunisce i referenti delle cooperative, Confcooperative dell’Adda e Unioncoop sul tema delle HR.

Lorenzo Guerra, presidente del Consorzio Consolida

“Dopo la pandemia – racconta il presidente di Consolida – ci siamo interrogati sulla mancanza di figure sociali da inserire nei nostri organici, una condizione che stava mettendo in difficoltà l’offerta di alcuni servizi. Avevamo l’esigenza di oggettivizzare le nostre percezioni. Abbiamo cominciato a raccogliere dati, ma poi ci siamo resi conto che occorreva rendere strutturale il processo”. Da qui, la realizzazione e la messa a disposizione delle cooperative di un Data Warehouse e di un Data Mart, alimentati con i dati del Centro Servizi Unioncoop Lecco – Sondrio che si occupa di servizi di consulenza del lavoro per le cooperative e quindi possiede informazioni preziose sulle Risorse Umane, ad esempio su contratti e stipendi.

Nel frattempo, Consolida ha concluso anche una ricerca condotta con Euricse dal titolo “Lavorare in cooperativa oggi: la voce dei nuovi professionisti della cura e il turn over nelle imprese sociali”, coinvolgendo oltre 1.200 giovani cooperatori, 24 cooperative e 2 consorzi territoriali. E ha strutturato sul progetto una collaborazione con la società Sixs, Soluzioni Informatiche per il Sociale, che da anni progetta in maniera condivisa e realizza soluzioni tecnologicheadatte ad affrontare le necessità emergenti delle cooperative sociali in ambito digitale. “Quali sono stati gli esiti di tutto questo lavoro? – continua Lorenzo GuerraInnanzitutto, le cooperative hanno ora dati uniformi, omogenei, efficienti e confrontabili, da inserire nelle proprie rendicontazioni sociali sul tema delle Risorse Umane. Con analisi multidimensionali, report e cruscotti. Ora, la sfida è quella alimentare ulteriormente il sistema aprendo ad altre fonti di dati e di implementare le capacità analitiche affinché le cooperative possano ricavare dai dati importanti insight per migliorare i propri processi decisionali”. Per fare questo occorre una figura professionale specifica, il Data Analyst, che sia in grado di collegare i numeri alle domande strategiche delle organizzazioni, interrogando i dati in maniera opportuna e creando dashboard su misura. “Una figura che non esiste nelle nostre organizzazioni – prosegue il presidente di Consolida – e che potremmo mettere a disposizione come rete. Il rischio, in alternativa, è quello di avere i dati ma trattarli male
oppure non trattarli proprio”
.

Il percorso di sviluppo ulteriore del progetto PRISMA è quindi da avviare, anche con la collaborazione di CGM, proprio in virtù della vittoria della call ‘Segnali dal futuro’. “A partire da quanto fatto – conclude Lorenzo Guerra – poter partecipare al percorso di Open Innovation di CGM è una grande opportunità. Per fare il salto, c’è bisogno di competenze sofisticate e di rete. Noi, per quanto ci compete, siamo felici di mettere a disposizione di altre realtà e del mondo della cooperazione in generale il nostro lavoro. Siamo convinti che solo insieme possiamo rispondere alle sfide trasformative dell’oggi, come quelle della transizione digitale anche nel campo dell’HR”.

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Eventi Formazione News Project

Convention, candida il tuo ‘segnale dal futuro’. La call dedicata a Claudia Fiaschi

Una call alla rete (e non solo) per conoscere e valorizzare i vostri ‘segnali dal futuro’, ovvero servizi, progetti, processi, pratiche e prodotti che contengono innovazioni rispetto alla sfide trasformative e di frontiera. La dedichiamo a Claudia Fiaschi, già presidente CGM e del Consorzio Coeso, Vicepresidente di Confcooperative e già Portavoce del Forum Terzo Settore, recentemente scomparsa.

In occasione della quindicesima edizione della Convention, CGM lancia una call interna ed esterna alla rete per esplorare, mappare e conoscere i “segnali dal futuro” che le organizzazioni stanno portando avanti e che meritano di essere condivisi perchè contengono un potenziale di innovazione.

Selezioneremo 6 segnali dal futuro per creare occasioni di apprendimento interni alla rete durante e dopo la convention.

Dedichiamo questa prima edizione della call a Claudia Fiaschi, già Presidente di CGM, del Consorzio Coeso, Vicepresidente nazionale di Confcooperative e Portavoce del Forum del Terzo Settore, recentemente scomparsa. Una donna che ha segnato in
maniera indelebile, con lucidità e visione, il cammino e lo sviluppo della cooperazione in Italia.

Un segnale dal futuro è qualcosa che contiene un seme di futuro. Possono essere servizi, progetti, processi, pratiche e prodotti che contengono innovazioni rispetto a sfide trasformative e di frontiera.

● Perchè siamo alla ricerca di strategie emergenti, intuizioni e direzioni che la rete sta portando avanti in risposta alle sfide del nostro tempo
● perchè crediamo nello scambio e nell’apprendimento interno alla rete
● perchè vogliamo supportare lo sviluppo di azioni “coraggiose”
● perchè vogliamo osservare da vicino e sostenere la nascita di esperienze innovative e sperimentali su alcune aree emergenti per noi strategiche

Dati, infrastrutture «phygital» e intelligenze collettive

La prima call di segnali dal futuro riguarda l’innovazione attraverso il digitale e l’uso dei dati. Siamo nel pieno di un’era data driven, che influisce in maniera evidente su preferenze, scelte di consumo, esercizio del potere. Il digitale, infatti, si presenta come un ambito di per sé trasformativo e “disruptive” e, al tempo stesso, il campo del “sociale” appare ancora come una frontiera di innovazione digitale, sia in termini di applicativi e strumenti ma anche di nuove culture d’uso.

L’impresa sociale, che nel tempo ha saputo costruire in modo artigianale una sua cultura del dato legata principalmente a esigenze di monitoraggio e rendicontazione, si trova oggi sempre più esposta a flussi informativi in grado di generare nuovi contesti all’incrocio tra analogico e digitale (piattaforme, metaverso, intelligenza artificiale ecc.) all’interno dei quali è possibile elaborare modelli innovativi di cura, educazione, inclusione. Da qui parte la necessità di intercettare e dare visibilità a quelle esperienze che stanno tendendo queste direzioni. L’impresa sociale può rappresentare lo scrigno di governance per tutelare e gestire i dati personali e collettivi come beni comuni, in particolare se relativi a dimensioni di fragilità e scelte personali, al fine di metterli al riparo da meccanismi sempre più evidenti e pervasivi di estrazione del valore.

Servono quindi nuove direzioni da perseguire per una gestione efficace e sostenibile della nuova disruption tecnologica.

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Project Ricerca Welfare

Human Tech, l’innovazione aperta si può fare anche nell’imprenditoria sociale

Un anno di Human Tech, il programma nato dalla collaborazione tra CGM ed Entopan Innovation per supportare le imprese sociali nei percorsi di transizione digitale ed ecologica. Tiriamo le somme e rilanciamo.

Sarà proprio in occasione della Convention del prossimo 20-22 giugno che Human Tech – il programma di Open Innovation promosso da CGM in partnership con Entopan Innovation – compirà il suo primo anno di vita. Un traguardo importante che dà lo spunto per un rilancio.

Questi i KPI, gli indicatori chiave di prestazione: 4 imprese sociali pioniere hanno inaugurato il programma e altre 4 sono state coinvolte successivamente. L’obiettivo è quello di arrivare a 10 realtà entro fine anno. Una massa critica di un certo rilievo, segno che l’innovazione aperta si può fare anche nel campo dell’imprenditoria sociale. Non è solo una questione di mentalità e di approccio, ma un vero e proprio modello che ridefinisce le attività di ricerca e sviluppo, peraltro all’interno di imprese, come quelle sociali, dove l’apertura ai contesti, anche di innovazione, è o dovrebbe essere un tratto caratteristico.

Durante questo primo anno, insieme a Entopan Innovation abbiamo definito e affinato le tappe del programma lavorando molto sull’assessment organizzativo – perché l’innovazione ha bisogno di capacità di elaborazione e di “messa a terra” – e sul codesign di nuovi prodotti e servizi – perché l’innovazione è una costruzione condivisa con stakeholder interni ed esterni.

Ora ci apprestiamo a un ulteriore salto di qualità che consiste nel prototipare soluzioni che reggano alla prova della sostenibilità economica e degli impatti sociali e ambientali. Per questo abbiamo rafforzato la partnership con Entopan capitalizzando il loro ecosistema fatto di startup e provider tecnologici che operano in un quadro di “innovazione armonica”. Inoltre, abbiamo mantenuto saldo il legame con i sostenitori del programma – CGM Finance e Sefea Impact – perché, in quanto soggetti finanziari ben radicati nel nostro settore, possono aiutarci a trasformare in investimenti i nostri percorsi di Open Innovation. Per continuare a mettere, sempre, al centro dell’innovazione digitale e tecnologia le persone.

E se anche tu vuoi orientare la tua Impresa Sociale in modo consapevole verso i percorsi di transizione digitale, che sono ormai ineludibili per qualsiasi impresa, contatta il team di Human Tech, compilando il form sul sito.

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Finanza Project Ricerca Welfare

SerHub è on-line. Per un terzo settore protagonista della transizione energetica

Ristrutturazioni sostenibili nel Terzo Settore? Novità dal progetto Social Energy Renovations (SER). On-line il nuovo sito di SerHub, da cui è possibile chiedere informazioni per un accompagnamento personalizzato su progetti di efficientamento degli edifici sociosanitari ed educativi. I servizi: consulenza finanziaria, consulenza fiscale e assistenza tecnica. Per cooperative protagoniste della rivoluzione energetica e sociale.

SerHub è on-line. Il progetto di Social Energy Renovations (SER) che stimola la ristrutturazione sostenibile nel Terzo Settore, ha un nuovo sito da cui è possibile chiedere informazioni per un accompagnamento personalizzato su progetti di efficientamento degli edifici sociosanitari ed educativi.

SerHub è un progetto che ci vede coinvolti tra i fondatori, insieme alla nostra società strategica CGM Finance, alla società di investimento GNE Finance e al Consorzio Fratello Sole.

L’obiettivo di SerHub? Progettare, istituire e implementare un innovativo meccanismo di finanziamento del de-risking che comporti il finanziamento e la standardizzazione tecnica, l’aggregazione dei progetti, la valutazione dell’impatto sociale e il rafforzamento del credito.  In questo modo, le imprese sociali hanno accesso a ristrutturazioni sostenibili a prezzi accessibili, insieme all’assistenza tecnica, mentre gli investitori hanno accesso a investimenti sicuri e ad alto impatto, in linea con i criteri ESG e di investimento a impatto. 

  • 200 milioni di investimenti in energia pulita da generare in cinque anni
  • 893 tonnellate di emissioni di Co2 risparmiate
  • massiccio impatto sociale: mitigazione della povertà energetica, miglioramento dell’uguaglianza sociale, salute, benessere, produttività, alfabetizzazione finanziaria e coesione sociale complessiva. 
  • Consulenza finanziaria
  • Assistenza tecnica
  • Consulenza fiscale
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News persone Project

Altro che greenwashing. Imprese sociali e sostenibilità

“Siamo già per nostra natura la ’S’ degli SDGs, gli Obiettivi per lo Sviluppo sostenibile. La sfida è vivere quella ‘S’ con più profondità e innovazione, di essere, a partire dal nostro DNA, il motore del cambiamento“.

Andrea Ripamonti è consigliere del nostro consorzio CGM con delega alla sostenibilità. Con lui abbiamo affrontato il tema della sostenibilità ambientale ed energetica (e non solo), uno dei nostri filoni core su cui a breve potremo condividere importanti novità.

Ma partiamo dal principio: perché una organizzazione di terzo livello come CGM si occupa di questo tema?

“Perché la sostenibilità non è solo un main stream – esordisce Ripamonti – ma è elemento di vera trasformazione e come CGM , come accaduto su altri temi, stimoliamo e accompagniamo il cambiamento, facendo cultura, intercettando grossi player e lavorando sulla programmazione politica, a livello nazionale ed europeo”. Certo, la trasformazione è già nel mercato. “Gli studi – continua il nostro consigliere – ci dicono che il 44%* delle persone è disposto a spendere di più per prodotti ecosostenibili. Il mercato quindi si sta spostando sulla sostenibilità. L’obiettivo è che venga interpretata non come greenwashing, come etichetta, ma come creazione di ecosistemi realmente sostenibili, con impatti sulla comunità. In questo le imprese sociali possono e devono giocare un ruolo da protagoniste”.

In diversi ambiti: dalle forniture agli accordi di programma, dalla governance alla contaminazione con mondi diversi, dalla crescita di competenze al rapporto con le università. Con un focus sulle CER, le comunità energetiche rinnovabili.

“La questione energetica è solo una parte delle CER, piccole e grandi  – spiega Ripamonti – Dentro, c’è tutto l’impatto sociale per cui le nostre cooperative sono forti a livello di servizi, di politiche attive del lavoro, di politiche territoriali. Per questo le CER sono un’occasione per il terzo settore per interpretare la rivoluzione sostenibile”. 

E se nel panorama delle cooperative ci sono già molte realtà che sulla sostenibilità energetica, e non solo, stanno facendo la differenza (60 quelle che come CGM stiamo seguendo sulla transizione verde), ci sono due limiti da superare: il primo legato alla burocrazia (“Una criticità generale che ingabbia le cooperative e non solo in regole complesse e tempi biblici che si traducono in costi e inefficienza”), il secondo più culturale.

“Le imprese sociali – conclude Ripamonti – devono uscire dalla zona di comfort. Su questo come CGM possiamo fare molto, sia sensibilizzando le nostre organizzazioni rispetto alle direzioni del mercato, sia lavorando per orientarlo questo mercato. Un esempio: i criteri ecologici verranno introdotti sempre di più nelle gare dei nostri servizi, anche le grandi imprese si stanno orientando verso fornitori etici, ma le nostre realtà sociali sono pronte?”. 

La risposta deve essere positiva ed è da costruire insieme. 

*Fonte: EY Future Consumer Index, October 2022

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persone Project Ricerca

Welfare in piattaforma, c’è spazio per le cooperative

“Agire il cambiamento anziché subirlo” 

Ivana Pais

“In rete in Italia è ancora più facile fare la spesa piuttosto che trovare una babysitter. Di spazi per il welfare ce ne sono tanti e vanno riempiti”. Ivana Pais è docente di Sociologia economica alla Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano, direttrice del Centro di ricerca TRAILab (Transformative Actions Interdisciplinary Laboratory) e principal investigator di We Plat – Welfare system in the age of platforms. Un progetto del progetto sulle piattaforme digitali di welfare finanziato da Fondazione Cariplo con capofila l’Università Cattolica del Sacro Cuore e partner l’Università di Padova, l’agenzia community design Collaboriamo e il nostro consorzio CGM.

Il quaderno della ricerca, a cura di Ivana Pais e del nostro open innovation manager Flaviano Zandonai, realizzato in collaborazione con Percorsi di Secondo Welfare, è già stato presentato ed è disponibile on-line (scarica qui).

Ma che cosa dice alle cooperative questo importante studio? Innanzitutto, restituisce una fotografia delle piattaforme digitali di welfare sul territorio nazionale: sono 137.

59 operano nel settore della salute, 10 in quello dell’educazione e della cura dell’infanzia, 10 nell’assistenza sociosanitaria e 58 sono multisettoriali. Ci sono piattaforme di welfare aziendale, di welfare digitale, che nascono e operano in ambito strettamente digitale, e di welfare territoriale, che mettono insieme enti locali e terzo settore.

“Un dato inatteso dello studio? – esordisce Ivana Pais – Ci aspettavamo più provider di welfare aziendale. Avevamo l’aspettativa che il welfare aziendale potesse essere il precursore delle piattaforme di welfare e invece in rete i servizi alla persona sono ancora pochi e il matching tra domanda e offerta è scarso. Questo può essere legato al fatto che i lavoratori hanno budget ancora limitati a disposizione per il welfare aziendale e che è più pratico acquistare beni di consumo rispetto a servizi”.

Una carenza che lascia molto spazio alle imprese sociali, sia in termini di diffusione dei propri servizi, sia in termini di analisi di bisogni, sia in termini di offerta di veri e propri piani capaci di incidere positivamente sulla qualità della vita delle persone e dei contesti in cui esse vivono e lavorano. “L’altra sorpresa è stato il boom delle piattaforme di welfare digitale e in particolare di quelle che erogano servizi on-line di consulenza psicologica – continua la professoressa dell’Università Cattolica – Mentre rispetto alle piattaforme di welfare territoriale, che hanno la grande potenzialità di aggregare realtà e servizi, pubblici e privati, è emersa la tendenza a riportare le logiche tradizionali in piattaforma, invece che sfruttare lo strumento per una vera e propria trasformazione”.

I margini per uno sviluppo del welfare in piattaforma sono dunque altissimi con prospettive molto interessanti rispetto ad esempio all’ibridazione e all’allargamento dei beneficiari, al ripensamento dei modelli organizzativi, alla certificazione della qualità dei fornitori, alla creazione di comunità non solo tra professionisti, ma anche tra clienti o pazienti in una logica peer to peer, alla ibridazione tra le diverse tipologie di piattaforme, all’implementazione di sistemi reputazionali, ossia di valutazione.

“In generale l’interesse da parte della cooperazione alle piattaforme digitali è forte, ma è altrettanto forte la resistenza, talvolta legittima – prosegue Ivana Pais – Le piattaforme rendono evidente e aumentano le complessità e occorre trovare quelle modalità che consentano di non perdere gli elementi distintivi in termini di cura”. A partire da quegli “eroi quotidiani dell’innovazione” che ci sono e vanno accompagnati. “Da questo punto di vista – commenta la docente – welfareX è l’unica che ha attivato una comunità di welfare manager che sui territori si occupano della piattaforma. Questo fa la differenza: non lasciare da soli questi ‘eroi’, creare occasioni di confronto e di crescita e collocare il loro lavoro in un progetto più ampio e di prospettiva”.  

“Il welfare si sta trasformando – è la conclusione di Ivana Pais – Le persone cercano in rete risposte ai loro bisogni e se non trovano il terzo settore, trovano altro. Occorre stare dentro la trasformazione e governarla. Questa è la sfida: agire il cambiamento anziché subirlo”. 

Ivana Pais