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Il dottorando Nazir al Camping Cremona: “Lavoro e studio per aiutare l’economia agroalimentare africana”

Una bella storia dal Campeggio di Cremona, gestito dalla Cooperativa Nazareth di Cremona all’interno del contratto di rete attivato dal nostro socio Consorzio Solco Cremona: Nazir, dottorando all’Università Cattolica e receptionist al campeggio sogna di aiutare l’economia agroalimentare africana.

Si chiama Nazir Mohammed Habibu. Ha 37 anni e viene dal Ghana. Dal 2017 studia Economia Agraria e Alimentare a Cremona, al nuovo campus dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Attualmente sta frequentando un dottorato in Agrisystem. È il nuovo addetto alla reception del Camping Parco Po, il campeggio del Comune di Cremona situato lungo il fiume Po gestito dalla Cooperativa Nazareth di Cremona all’interno del contratto di rete attivato dal Consorzio Solco Cremona. “Ad aprile dello scorso anno – spiega Giuseppina Brignoli della Cooperativa Nazareth – avevamo bisogno di inserire nel nostro team un operatore che coprisse i turni serali di accoglienza ai turisti. Ci siamo rivolti al Servizio Stage dell’Università Cattolica, immaginando che un ingaggio leggero di questo tipo avrebbe fatto comodo a qualche universitario”.

Così è stato. “Un mio collega all’Università – racconta Nazir ha visto l’offerta e me l’ha segnalata. Ho deciso di rispondere perché il lavoro mi dava la possibilità di utilizzare sia l’italiano, sia l’inglese e perchè mi sembrava un impiego molto variegato”. Nazir ha quindi iniziato a lavorare al Campeggio, sfoderando il suo perfetto inglese (il 65% dei turisti che arrivano è straniero) e la sua capacità di accoglienza. “Nazir – il commento di Giuseppina – fa sentire i nostri ospiti a casa e li accompagna in tutte le fasi del soggiorno, dal check in al check out”.  “Del lavoro mi piace soprattutto la comunicazione – dice Nazir – Viene praticata con rispetto e con la massima attenzione alle esigenze dei nostri clienti. Un momento significativo? Gli incontri con turisti provenienti da tutta Europa, da Marocco, da Israele e dall’Australia. Durante il soggiorno, faccio loro molte domande perché mi piace condividere informazioni sul loro viaggio, sulle loro culture, sulle esperienze che hanno avuto in passato in Italia o al nostro campeggio”.

A dicembre, anche grazie al lavoro al Campeggio, Nazir è partito per il Ghana. Non tornava a casa da sei anni. “Come Cooperativa – prosegue Giuseppina – gli abbiamo concesso di concentrare tutte le ferie nel periodo di Natale per stare più tempo con la famiglia. Il pensiero che anche grazie al lavoro al Camping, Nazir si sia potuto permettere un ritorno a casa, ci fa molto piacere”. “È stato un momento molto emozionante rivedere la mia famiglia dopo così tanto tempo”, ha commentato il ragazzo.

Ora, l’ingaggio al campeggio prosegue e durerà per tutto il 2024. Un anno che si prospetta ricco di risultati positivi. Per il campeggio e per Nazir. “La pandemia ha buttato a terra numeri e indicatori del Camping – commenta Giuseppina – ma ci siamo ripresi e nel 2023 abbiamo raggiunto le 10.000 presenze annue con un aumento dei paesi di provenienza (soprattutto Germania, Francia, Svizzera, Austria, Olanda e Spagna) e la diversificazione della tipologia di soggiorno, dalla classica sosta camper, ai cicloturisti di VenTo (la ciclovia Venezia-Torino), dagli appassionati di musica o sportivi che partecipano ai tanti eventi cittadini fino agli espositori impegnati nelle fiere gastronomiche (e non solo) cremonesi. E’ accresciuta anche la richiesta di sosta non prolungata per motivi di lavoro o di studio, ad esempio in seguito a cambi di sede o di corsi di studio”.

E per Nazir che 2024 sarà? “Dopo il mio progetto di ricerca – racconta pensando al prossimo futuro – vorrei riuscire a fondare una ONG relativa ai Sistemi Agricoli Sostenibili per aiutare ad affrontare le questioni dell’economia agroalimentare in Ghana e in alcune parti dell’Africa subsahariana. Vorrei creare uno scambio professionale, coinvolgendo alcune PMI agroalimentari in Ghana ed esperti stranieri in tecnologia alimentare, sicurezza alimentare e gestione aziendale. L’obiettivo è quello di individuare soluzioni sostenibili per le PMI agroalimentari rispetto alla produzione di cibo di qualità e sicuro per il mercato africano e di creare opportunità di lavoro dignitose per i giovani nel settore agroalimentare”.

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Edugamers in tutta Italia per promuovere il gaming consapevole e le relazioni

Trenta Edugamers da Torino a Roma promuovono socializzazione, apprendimento e prevenzione attraverso i videogiochi. Martina di Crescere Insieme li coordina e dice: “Spesso i videogiochi sono fonte di tensione nelle famiglie. Il nostro approccio avvicina realtà e virtuale, avvicina le persone”

“Quando mi chiedono cosa succede in una Gaming Zone, racconto questo episodio. C’è un ragazzo che frequenta il nostro spazio e gioca sempre da solo allo stesso videogioco. In una modalità particolare: fa esplodere qualsiasi cosa e basta. L’Edugamer, dopo averlo osservato, gli lancia una sfida: costruire qualcosa che possa accogliere gli altri giocatori. Il ragazzo così comincia ad usare la dinamite per fare spazio e creare una sala per concerti con tanto di arredi per ospitare gli altri. Da quel momento inizia a giocare anche con altri ragazzi e a relazionarsi anche fuori dal gioco, facendosi ‘mentore’ per chi non sa utilizzare il videogioco. Questo è il lavoro dell’Edugamer, un lavoro dentro e fuori dal gioco”. Martina Gullone è psicologa e psicoterapeuta della Cooperativa Crescere Insieme di Torino e coordina gli Edugamers su tutto il territorio nazionale nell’ambito del progetto Edugamer for kids.

Ma cosa sono gli Edugamers? Sono professionisti con ottime abilità di gamer che giocano on-line con i ragazzi e li supportano nell’apprendere abilità e nel gestire tempo del gioco ed emozioni, sono consulenti educativi per le famiglie, sono delle guide adulte preparate di connessione tra reale e virtuale, tra esperienze di vita e gaming. “Abbiamo 30 Edugamers attivi da Varese a Roma – continua Martina – Abbiamo costituito una vera e propria community che attiviamo sulla base dei nostri eventi on-line e dei progetti sviluppati sui territori”.
Uno dei luoghi principali in cui opera l’Edugamer è l’EduGaming Zone, uno spazio sociale, un contesto protetto in cui praticare i videogiochi in compagnia, in modo da prevenire comportamenti che potrebbero dare origine a problemi o vere e proprie dipendenze. Al momento ce ne sono quattro concentrate tra Lombardia e Piemonte: tre nelle biblioteche e una in una scuola secondaria di primo grado. La prospettiva è quella di raddoppiarle. “Non abbiamo aperto le Zone in luoghi casuali – spiega la psicologa di Crescere Insieme – Sono tutti luoghi di cultura e già questo cambia l’approccio: anche i videogiochi possono essere strumenti culturali“.
Socializzazione e cooperazione, apprendimento di abilità e e capacità di gestire le emozioni, informazione e prevenzione sono i principali obiettivi perseguiti nelle EduGaming Zone a cui i ragazzi accedono gratuitamente tramite un sistema di tesseramento pensato per promuovere anche attività non legate strettamente al gioco.

“Spesso i videogiochi sono fonte di tensioni nelle famiglie. Lo sguardo che portiamo come Edugamers consente di avvicinare mondi diversi, di creare dei ponti generazionali, di dare le corrette informazioni anche sulle potenzialità di questi strumenti, di coniugare manualità nel gaming e maturità. Colleghiamo ciò che accade dento il gioco con ciò che accade fuori e viceversa per non lasciare i ragazzi da soli, per favorire relazioni, apprendimenti, per promuovere il divertimento sano”, la conclusione di Martina.

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Fili tesi, in un podcast trent’anni di risposte ai bisogni inascoltati

A trent’anni dalla nascita della cooperativa Spazio Aperto Servizi arriva “Fili Tesi”una serie audio di Chora Media che racconta le storie di chi grazie a questa cooperativa, ha trovato lavoro, una nuova famiglia, una casa o un ambiente autentico in cui esprimere la propria identità. Sullo sfondo, Milano e i suoi cambiamenti. 

30 anni. In un podcast. La nostra cooperativa socia Spazio Aperto Servizi di Milano ha celebrato i suoi 30 anni di attività, di risposte ai bisogni di tutte le persone nelle diverse fasi della loro vita, pubblicando con Chora Media ‘Fili tesi’, un podcast raccontato da Giuseppe Fiorello. Quattro episodi che intrecciano storie di chi grazie a Spazio Aperto Servizi, ha trovato lavoro, una nuova famiglia, una casa o un ambiente autentico in cui esprimere la propria identità. Sullo sfondo, Milano e i suoi cambiamenti. Il tutto, attraverso voci, testimonianze, letture del passato e del presente.

E allora c’è Marayah, giovane transgender fuggita dalle violenze familiari dopo un outing traumatico; Elisabetta, che, allontanata dalla madre naturale, ha scoperto una nuova famiglia e un ambiente sereno in cui crescere; e Manuela, mamma di Francesco, pioniera nella battaglia per l’autonomia delle persone con disabilità. Persone e famiglie spezzate e poi ricomposte, grazie ai fili tesi da chi ogni giorno sceglie di ascoltare le richieste d’aiuto di coloro che vengono ignorati.

“Il podcast – ha commentato Maria Grazia Campese, presidente di Spazio Aperto Servizi – è uno strumento potente che può arrivare a tutte e tutti, con un linguaggio forte non solo per “addetti ai lavori”. Abbiamo cercato di condensare in quattro puntate una storia corale di tanti anni e tante persone, questo racconto è solo rappresentativo di un legame profondo della nostra organizzazione con la città di Milano”, .

“Sono onorato di partecipare a questo progetto e orgoglioso di fare da tramite, grazie al mio mestiere, per raccontare storie che mettono al centro l’essere umano in tutta la sua complessità e fragilità – ha dichiarato Giuseppe Fiorello – “Fili Tesi” racconta anche il percorso formativo di un gruppo di ragazzi e ragazze che hanno donato il loro tempo, le loro forze e la loro visione a chi ne aveva fortemente bisogno. Sono sempre stato convinto che i visionari come loro, sono e saranno sempre necessari affinché la durezza della vita possa essere attraversata con più coraggio”.

“Questo anniversario speciale è un traguardo di cui essere fieri, ma al tempo stesso è un nuovo inizio, con nuove sfide e responsabilità”, la conclusione di Maria Grazia Campese.

“Fili Tesi” è sulle principali piattaforme audio:
Spreaker – ASCOLTA QUI
Spotify – ASCOLTA QUI
Apple Podcast – ASCOLTA QUI
Google Podcasts – ASCOLTA QUI

Un podcast di Chora Media, scritto da Antonella Serrecchia con il supporto redazionale di Valentina Piva e raccontato da Giuseppe Fiorello. Il fonico di studio è Lucrezia Marcelli. La post produzione e il montaggio sono di Francesco Ferrari di Frigo Studio. La supervisione del suono e della musica è di Luca Micheli. La senior producer è Anna Nenna. La cura editoriale è di Graziano Nani. 

Sopra la copertina del podcast. Nella foto in evidenza Giuseppe Fiorello, Maria Grazia Campese e Mario Calabrese di Chira Media (Ph. di Francesca Panaioli)

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Over65, un bilocale al Villaggio Novoli di Firenze “per non vivere da soli”

Villaggio Novoli è un progetto di senior housing promosso da Consorzio Fabrica e Consorzio Co&So. 37 appartenenti in un ex condominio per anni occupato abusivamente e ora completamente riqualificato per offrire una soluzione abitativa a misura di anziani con spazi comuni, attività di socializzazione, presidio educativo e servizi a richiesta come cure infermieristiche, pasti a domicilio, lavanderia e trasporti. 

Graziano ha 83 anni ed ha appena firmato il contratto di affitto per un bilocale al Villaggio Novoli, il progetto di senior housing promosso da Consorzio Fabrica e Consorzio Co&So a Firenze, nel quartiere Cinque. 37 appartenenti in un ex condominio per anni occupato abusivamente e ora completamente riqualificato per offrire una soluzione abitativa a misura di over65. Bilocali e trilocali indipendenti, senza barriere architettoniche, completamente ristrutturati e sicuri, con spazi comuni per attività di socializzazione, un operatore a disposizione in loco e servizi attivabili a richiesta, dalle cure infermieristiche, ai pasti a domicilio, alla lavanderia, fino ai trasporti. “Il progetto mi è piaciuto subito – il commento di GrazianoPotevo affittare una casa ‘normale’ ma sarei stato solo. Invece qui sono contento di abitare in un contesto con altre persone”. Per di più, in una zona molto appetibile. “Io ho lavorato in una vetreria qui vicino – racconta – Sono sempre stato appassionato di elettronica e in questo quartiere c’erano dei magazzini in cui venivo spesso. Poi adesso ci passa anche la tranvia quindi è anche ben collegata”. Graziano entrerà al Villaggio Novoli a marzo. La cucina è già installata, mentre si sta organizzando per il mobilio. “Non vedo l’ora – confessa – Ho già venduto la mia casa di proprietà dopo che mi sono separato dalla moglie e ora sto temporaneamente in albergo”.

Su 37 appartamenti sono già stati firmati 10 contratti di affitto e altri 7 sono in corso di discussione. “La risposta è stata buona – il commento di Lorenzo Terzani, presidente del Consorzio Fabrica – Questo è un progetto che è nato tempo fa per offrire servizi agli anziani, diversi rispetto a quelli tradizionali. Nel 2011 abbiamo anche fatto un’indagine di mercato, poi abbiamo fatto molta fatica a trovare la soluzione immobiliare giusta in un mercato, quello di Firenze, difficile. Alla fine, abbiamo avuto questa occasione e abbiamo investito, sfruttando anche il bonus 110. Ora siamo soddisfatti e speriamo che il progetto possa decollare”.

Il progetto è sostenuto da Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze che contribuisce ad abbassare gli affitti da 200 a 400 euro al mese in base al reddito dei residenti, e fa parte del più ampio ViviSmart, il sistema integrato di servizi per Over65 di Consorzio Co&So e Consorzio Fabrica. “Le persone o le coppie che desiderano abitare al Villaggio Novali hanno molte aspettative. Sono persone o nuclei molto soli e desiderano far parte di una rete per il loro ‘invecchiamento attivo’”.

Il Villaggio Novoli, proprio nell’ambito di ViviSmart, sarà anche punto di partenza per trasferire il modello del social housing a domicilio, coniugando tecnologia e presenza. “Partiremo con una sperimentazione su 50 anziani. Si tratta di un modello di presa in carico degli anziani innovativo che arriva a casa delle persone, una sorta di Villaggio virtuale di cura e di tecnologia”. Nel Villaggio Novoli, c’è anche spazio per il turismo over: non solo perché alcuni appartamenti potrebbero essere messi a disposizione di turisti anziani che visitano Firenze, ma perché da qui nasceranno proposte di pacchetti turistici e attività culturali a misura di anziano rispetto a confort, trasporti e salute.

“Il nostro obiettivo? – conclude Terzani – Fare in modo che gli anziani possano stare bene”. Ecco, a Villaggio Novali questo sarà possibile.

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Mariella e Emanuele: “Ora viviamo insieme e siamo felici”

Vi raccontiamo il percorso di autonomia abitativa (e non solo) di Mariella e Emanuele, realizzato con il supporto delle famiglie e della Cooperativa Esserci di Torino. “Il cruccio di molte famiglie è: cosa faranno i nostri ragazzi quando non ci saremo più? Occorre però cercare di lavorare non sul dopo di noi, ma sul durante noi”.

“Siamo felici”. Il succo della storia di Mariella e Emanuele, coppia protagonista di un percorso sull’abitare della Cooperativa Esserci di Torino, è in queste due parole. Lei ha 50 anni ed è originaria di Matera, trasferita a Torino nel 2000, dagli zii, dopo la morte di entrambi i genitori. Frequentatrice del gruppo Aladino, spazio per il tempo libero, gestito da una Associazione di volontariato in sinergia con la Cooperativa Esserci, dedicato alle persone con disabilità intellettiva e/o fisica che vogliono condividere attività e laboratori. “Ad Aladino ho conosciuto Emanuele, ma lui all’epoca stava con un’altra”, comincia Mariella. Proprio da Aladino comincia il percorso di autonomia di Mariella. Prima, con l’inserimento lavorativo in una scuola materna come addetta alle pulizie. Poi, con un progetto di palestra abitativa per imparare a vivere da sola. Così, Mariella, insieme ad altre persone con disabilità intellettiva, ogni settimana si allena a fare la spesa, cucinare, gestire i soldi, tenere in ordine la casa. Inizia a trascorrere qualche weekend fuori casa. “All’inizio avevo paura del cambiamento”, confessa. Il percorso di autonomia continua tra alti e bassi e per due anni Mariella torna ad abitare con gli zii. “Il cruccio di molte famiglie è: cosa faranno i nostri ragazzi quando non ci saremo più? – racconta Francesco Patrucco, coordinatore di Esserci – Noi però cerchiamo di lavorare non sul dopo di noi, ma sul durante noi, creando contesti e percorsi che siano vere e proprie palestre abitative, con il coinvolgimento indispensabile delle persone interessate, delle famiglie e della rete territoriale”.

Nel 2020 Mariella si rimette di nuovo in gioco in un nuovo progetto di autonomia, questa volta in un monolocale solo per lei all’interno del contesto di Housing&Co della Cooperativa. “I primi tempi è stata dura. Eravamo ancora in periodo di pandemia e soffrivo molto la solitudine, ma poi ce l’ho fatta”, commenta. Nel frattempo, Emanuele, nato e cresciuto a Torino, addetto alle pulizie, in casa con i genitori, lascia la compagna e comincia la storia con Mariella. Parte un progetto di vita di coppia che coinvolge i due fidanzati e le rispettive famiglie. Emanuele comincia a trascorrere qualche weekend nel monolocale. “Eravamo stretti, ma l’esperienza è andata bene”, dice lui. Dopo quattro mesi, i due si trasferiscono in un bilocale sempre nel contesto di housing sociale e iniziano a vivere insieme 7 giorni su 7. “La convivenza non è sempre facile. Vuol dire adattarsi alle esigenze dell’altro”, il commento di Mariella e Emanuele. L’anno scorso, i due fidanzati escono da Housing&Co e si trasferiscono in una casa di proprietà della nonna di Emanuele in attesa di finire i lavori nell’appartamento che i genitori gli hanno acquistato e di spostarsi lì definitivamente insieme a Mariella. “Poi basta traslochi”, scherzano i due.

“A chi desidera uscire di casa, diciamo provateci. Occorre avere il coraggio di giocarsela, anche affrontando dubbi e paure che nascono nelle persone coinvolte e nelle famiglie. Le nostre adesso sono contente e ci supportano. Andiamo sempre là a pranzo alla domenica…”. Anche se il percorso di autonomia di Mariella ed Emanuele ha raggiunto un livello avanzato, il lavoro della Cooperativa Esserci continua. “Proseguiamo a monitorare Mariella ed Emanuele e a tenere il rapporto con le famiglie – conclude Francesco – Come ho detto anche a loro, anche le persone più attrezzate possono vivere difficoltà nel gestire le relazioni di coppia, dunque occorre lavorare ancora. E’ come una pianta che deve continuare ad essere annaffiata, il giusto, né troppo, né troppo poco. Mariella ed Emanuele sono stati bravi a cogliere al volo il treno per l’autonomia, noi li abbiamo aiutati a stare bene, ad essere felici, ad avere una prospettiva. Questa è la più grande soddisfazione”. 


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Inserimento detenuti, il fumetto diventa libro di testo all’università

L’esperienza di reinserimento lavorativo e sociale di uomini e donne sottoposti a Provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria in un graphic podcast realizzato dal Consorzio La Rada: “Peso alle parole dei protagonisti più che alle storie”.

E alla fine il ‘podcast illustrato’ diventa uno dei libri di testo degli studenti di Giurisprudenza dell’Università di Salerno. 

Il titolo è “Udepe Repè, la storia vera di un podcast mai pubblicato”. L’autore è Giulio Escalona, psicologo del Consorzio La Rada. Qui, da cinque anni si occupa di progettare servizi di inclusione per le persone più vulnerabili e, a tempo perso, disegna. L’occasione per mettere insieme professionalità e passione per l’illustrazione è arrivata con il progetto “Ponte” che da anni, grazie all’Udepe (Ufficio Distrettuale Esecuzione Penale Esterna) di Salerno, al Consorzio La Rada e ad altre cooperative sociali, si occupa di inserimento/reinserimento lavorativo e inclusione sociale di donne e uomini sottoposti a Provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria, ovvero in affidamento in prova al Servizio sociale o in regime di detenzione domiciliare.

Protagonista in particolare del progetto (e anche del fumetto) la Cooperativa Stalker, socia del Consorzio, che, nella piana del Sele, una zona a vocazione agricola industriale, porta avanti un laboratorio di trasformazione di prodotti ortofrutticoli, con il coinvolgimento di persone con fragilità. “Nel progetto – racconta Giulio – sono stato coinvolto per la fase dedicata alla sensibilizzazione del territorio. Non volevamo fare il solito prodotto scritto e abbiamo pensato di realizzare dei podcast che, basandosi sulle parole e non sulle immagini, garantiscono la giusta ‘distanza di sicurezza’ per non esporre chi è coinvolto a una visibilità non corretta o a rappresentazioni stereotipate. Così sono andato nei diversi luoghi di lavoro con il registratore e ho parlato con le persone. Ho raccolto 40 ore di registrazioni. Mentre le trascrivevo per poi poter strutturare il podcast, mi è venuta l’idea del fumetto e ho cominciato a disegnare, sostenuto dai miei colleghi Giuseppe e Nicola”. La prima stesura è circolata in sordina tramite WhatsApp, raccogliendo feedback e molto entusiasmo. Anche quello del professore ordinario di Diritto Penale dell’Università di Salerno Francesco Schiaffo che “si è innamorato del graphic podcast, come lo ha definito lui”. L’università, quindi, ha contribuito alla pubblicazione della stesura definitiva, avvenuta a dicembre con Rosso Fisso edizioni, e contenente la prefazione della direttrice (ora ex) dell’Udepe Elisabetta Palmieri e la postfazione dello stesso Schiaffo.

In “Udepe Repè” i protagonisti hanno le impronte digitali al posto della testa. “Un pretesto grafico che mi ha consentito di unificare i personaggi e renderli anonimi – spiega lo psicologo di La Rada – E poi, le impronte digitali ce le abbiamo tutti, ma per qualcuno pesano di più”. “Le persone coinvolte cosa hanno detto del fumetto? – continua – Hanno apprezzato la delicatezza del gesto, l’aver dato peso alle loro parole, alle loro riflessioni e non alle loro storie di vita, spesso difficili”.

Alla fine, obiettivo sensibilizzazione più che raggiunto con la bella novità dell’inserimento del fumetto tra i libri di testo del corso di Diritto penale e Criminologia dell’università. “Questo fumetto ha fatto più di un post su Facebook come durata e pervasività – conclude Giulio – Abbiamo aperto una pista giusta, da perseguire. Ora l’obiettivo per il progetto Ponte è la continuità e sicuramente il fumetto può aiutare ad unire e a proseguire”. 

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Tra caffè e gin, sul truck Chicchiamo l’inserimento lavorativo è con tutta la famiglia

“Eravamo con il truck ad un evento. Si è presentato un signore che suonava nella banda, dicendo: ‘Caffè per tutti’. Erano settanta musicisti. Michela e Alice alla mescita, Ciro alla cassa perchè sa usare il pos, io e Nicolò alla logistica, li abbiamo serviti tutti!”. Luca Laghi è il papà della famiglia Laghi, anima, braccia e cuore di Chicchiamo, nuovo ‘bar-truck’ dell’impresa sociale Cavarei di Forlì, che serve prodotti di caffetteria e gin tonic, rigorosamente solidali, sul territorio romagnolo e oltre.

Fa parte del progetto ‘Insolite essenze’ dell’Impresa Sociale forlivese CavaRei realizzato nell’ambito del Programma Formula di Intesa Sanpaolo, in collaborazione con Fondazione CESVI, con l’obiettivo di accompagnare e sostenere persone in situazioni di disabilità o disagio mentale, nonché le rispettive famiglie, in un percorso di inserimento lavorativo.

“Abbiamo cercato CavaRei perchè volevamo realizzare una nostra idea”, racconta Luca, professore universitario, sposato con Michela e padre di Alice, 17 anni, e Nicolò, 14 anni. “Alice studia all’Alberghiero – continua il papà Laghi – Nonostante le sue difficoltà, ha un carattere meraviglioso: fa di tutto per far star bene le persone. Con mia moglie avevamo in mente di realizzare un bed & breakfast che potesse essere posto di lavoro e di vita per Alice e altri ragazzi con disabilità. Quando abbiamo incontrato la cooperativa ci siamo illuminati reciprocamente e abbiamo cominciato a entrare nel progetto Insolite essenze”.

Nel frattempo, è arrivato il furgone che è stato progettato, allestito e perfezionato anche con l’aiuto della famiglia Laghi. Sul truck, Alice con Michela si occupa del servizio, mentre Luca e Nicolò della parte logistica. Ogni fine settimana, gestiscono Chicchiamo al centro commerciale di Forlì che ha richiesto la presenza del progetto tutti i weekend. 
“Alice è ipovedente – dice Luca – Ha paura di tutto ciò che può scottare o fare male. Ora sta acquisendo sicurezza, sia sul truck, sia nel quotidiano. E tutta la nostra famiglia è entusiasta del progetto”.

Percorsi di formazione professionale sul caffè e sulle erbe aromatiche in sinergia con aziende specializzate, sperimentazione sul campo grazie al truck e presenza sul territorio con 70 eventi in soli sei mesi, sono gli ingredienti di Chicchiamo. “Si tratta di una vera e propria palestra per i ragazzi – spiega Michela Schiavi, responsabile Comunicazione di CavaRei – Acquisiscono competenze tecniche e relazionali per poter poi essere inseriti in contesti lavorativi diversi. Il nostro obiettivo? Che nel 70% dei bar di Forlì ci sia almeno un ragazzo di Chicchiamo”. 

Il primo sarà Ciro, 24 anni, inserito in CavaRei grazie alla legge sull’assolvimento da parte delle aziende dell’obbligo di assunzione di persone con disabilità attraverso le cooperative. Con esperienza nella cucina di una struttura sociale residenziale e sul truck Chicchiamo, sta per essere assunto da un bar locale. “Un sogno che si realizza”, commenta Michela. Oggi per Ciro, domani per Alice.

Cosa dà Clicchiamo alla nostra famiglia? Una prospettiva di lungo periodo, un progetto da costruire facendo piccoli passi insieme, conclude Luca.

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Dentro la Brick’s Room di Cascina Oremo 

“Con i Lego costruiamo relazioni, per tutti”. Dai ragazzi con autismo alle aziende.

C’è uno spazio a Cascina Oremo dove grandi e piccoli, con o senza disabilità, si allenano a costruire relazioni. È la Brick’s Room, una stanza dedicata ai mattoncini LEGO, gestita dalla Cooperativa Domus Laetitiae all’interno del nuovo polo destinato ad apprendimento, sport, orientamento e inclusione recentemente aperto a Biella dal Consorzio Sociale Il Filo da Tessere. Uno spazio nato all’interno della Cooperativa e trasferito a Cascina Oremo, che ospita innanzitutto gruppi di adolescenti con problematiche dello spettro autistico, ma che ha le potenzialità e l’ambizione di coinvolgere tutti.  

“Lo spazio Lego – comincia Michela Braga, psicologa, responsabile de La Casa per l’Autismo e referente di psicotecnologie per la Cooperativa Domus Laetitiae – è nato all’interno dei servizi di Casa Autismo. Con operatori appositamente formati Play included (realtà che insieme alla LEGO Foundation ha sviluppato una specifica metodologia per l’utilizzo dei LEGO a fini terapeutici, ndr) abbiamo costituito due gruppi: uno con bambini della scuola primaria, uno con ragazzi della secondaria di primo e secondo grado. Costruendo con i mattoncini e utilizzando i metodi appresi, abbiamo lavorato sulle abilità sociali dei partecipanti, sulla condivisione di un’attività, sullo scambio dei ruoli, sulla gestione dei disaccordi. La sperimentazione è andata benissimo e abbiamo deciso di continuare”.  

Il laboratorio LEGO, dunque, si è spostato da La Casa per l’Autismo a Cascina Oremo ed è diventato uno spazio dedicato in un contesto meno protetto. Una stanza modulabile, funzionale per attività a piccoli gruppi, dotata di tavoli e sedie, di armadiature a tema, di spazi espositivi dove posizionare le creazioni, di set con istruzioni e pezzi per il free style. “L’attività con i LEGO – spiega la psicologa di Domus Laetitiae – è un’occasione anche per lavorare sulle autonomie. Nei gruppi condividiamo la disponibilità di un budget per acquistare nuovi set e con i ragazzi guardiamo i cataloghi e programmiamo gli acquisti”.  

Ma perché i mattoncini fanno così bene?

“Perché si fa leva innanzitutto sul piacere del gioco, una passione che spesso è condivisa in partenza – commenta Michela Braga – Gli operatori, in maniera non esplicita, ma strutturata, lavorano sugli scambi comunicativi e interattivi, in tutte le fasi dell’attività: dall’approccio ai cataloghi alla costruzione in gruppo di set con la definizione dei diversi ruoli (ingegnere, fornitore di pezzi, costruttore), dalla costruzione libera al riordino dello spazio”.  

I ragazzi di Casa Autismo continuano a frequentare la stanza a Cascina Oremo, tutte le settimane per due ore, ma la Brick’s Room si è aperta anche ad altri. “Stiamo allargando la proposta anche a ragazzi che non hanno diagnosi di autismo, ma difficoltà relazionali – continua la psicologa di Domus LaetitiaeE a breve attiveremo dei laboratori per le classi, ne abbiamo già nove tra primarie e secondarie. In più, ci sono gli eventi aperti al territorio che, quando li realizziamo, vanno sempre sold out. In queste occasioni, si vede quanto la Brick’s Room sia un grande luogo di inclusione, anche tra generazioni. Ci sono i ragazzi con autismo che, da esperti, fanno da mentori a chi entra e gli adulti che si mettono a giocare con i bambini”. 

“Essere dentro Cascina Oremo – conclude Michela Braga – è una grande opportunità per aprirsi a nuovi destinatari e a nuove prospettive. Ad esempio, stiamo progettando una pista di sviluppo della nostra attività mettendo insieme LEGO e psicotecnologie e stiamo verificando la possibilità di utilizzare la metodologia dei mattoncini per attività di team building da proporre alle aziende intercettate dai servizi al lavoro del Consorzio”. 

Lo spazio dedicato ai mattoncini è solo uno dei servizi di Cascina Oremo che ospita ambienti di apprendimento attivo e crescita personale da 0 a 18 anni (e oltre), percorsi di orientamento ed educazione alla scelta, sport per persone con e senza disabilità e percorsi specializzati di valutazione, apprendimento, consulenza educativa e supporto psicologico su disabilità ed età evolutiva.

Cascina Oremo è un progetto finanziato da Fondazione Cassa di Risparmio di Biella e selezionato da Impresa Sociale Con I Bambini nell’ambito del Fondo per il Contrasto alla Povertà Educativa Minorile, che coinvolge Consorzio Il Filo da Tessere e le Cooperative Tantintenti, Sportivamente e Domus Laetitiae. Un polo innovativo, luogo di sviluppo educativo, sociale, culturale, del benessere e dell’apprendimento. Un punto di riferimento di chi crede nell’importanza di una comunità educante che sperimenta e si innova. Uno spazio generativo per le persone e con le persone.  

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A Casa Milo i ragazzi con disabilità si allenano a vivere da soli

Pietro lo dice subito: “Perché i miei fratelli sì e io no?”. Martina ha le idee chiare: “In futuro mi vedo in una casa con due mie amiche”. Si respira un desiderio comune di autonomia a Casa Milo, una casa a tutti gli effetti nella zona nord di Milano, gestita dalla Cooperativa Cascina Biblioteca, in cui ragazzi con disabilità sperimentano la vita quotidiana fuori dalla famiglia. Imparano a prendere la metropolitana, a fare la spesa, a pagare le bollette, a rifarsi il letto, a curare la propria igiene personale, a fare la lavatrice. Tutto in un contesto abitativo vero, ma protetto, all’interno di un percorso graduale, su misura e condiviso con le famiglie e con altri ragazzi desiderosi di imparare a “vivere fuori casa”. 

“Durante la pandemia – racconta Pietro, 27 anni, ex residente di Casa Milo – mi sono chiesto cosa volessi fare nella vita. Avevo il desiderio di diventare autonomo e di andare a vivere fuori casa come i miei fratelli. Con l’assistente sociale abbiamo deciso di sperimentare per un anno Casa Milo. Qui ho conosciuto persone che mi hanno aiutato e ho imparato tante cose. Ora vivo a Casa Montemartini (una micro-comunità che unisce occupazione lavorativa e autosufficienza domestica, ndr) con altre cinque persone e sogno di trasferirmi a Firenze con la mia ragazza”. Martina, invece, 23 anni, figlia unica e un diploma in Servizi sociosanitari, è arrivata a Casa Milo attraverso lo Sfa, il Servizio diurno di Formazione all’Autonomia di Cascina Biblioteca. “Ho iniziato a fare la prima notte a maggio – racconta – Poi la seconda, poi sono stata un’intera settimana. Nel frattempo, ho mantenuto tutte le mie attività, compresi lo sport e il teatro. Casa Milo è un’alternativa vera e propria alla casa. Ho imparato a vivere con persone che prima non conoscevo, a condividere gli spazi e a rifare bene il mio letto”. 


L’ingresso a Casa Milo avviene su iniziativa della famiglia o su proposta dei servizi territoriali o della cooperativa, e per la maggior parte dei casi grazie al finanziamento della legge 112 del ‘Dopo di noi’, attraverso i voucher di ‘Accompagnamento all’autonomia abitativa’. Si tratta di un ingresso graduale: si parte partecipando a quattro incontri a tema sull’autonomia abitativa che si svolgono in gruppo e con un operatore, poi si comincia a frequentare la casa per alcuni momenti pomeridiani e serali, fino ad arrivare al pernottamento. Ad aiutare nella gestione della Casa, un monitor touch screen appeso in soggiorno che consente di condividere tra ragazzi, operatori, coordinatori e famiglie presenze e attività, realizzate e da realizzare. “Quando ci dicono: ‘Ma come, oggi avete solo fatto la spesa?’ ci viene da sorridere – spiega Jennifer, educatrice di Casa Milo – Già, perché per i ragazzi di Casa Milo anche le faccende quotidiane più scontate possono far emergere difficoltà e insicurezze. Qui, con l’aiuto degli educatori, imparano ad affrontarle non perché qualcuno le fa al posto loro, ma perché loro che sono i protagonisti costruiscono routine e conquistano autonomie. E allora sì, con soddisfazione, rispondiamo che abbiamo solo fatto la spesa!”.

La formula ideale sperimentata in questi anni è quella di una settimana in Casa Milo, dal lunedì al venerdì, per una volta al mese: consente l’uscita dalla famiglia in modo graduale e l’osservazione da parte degli operatori e delle famiglie di risorse ed esigenze personali per poter poi trovare i contesti abitativi migliori per il futuro. “La casa in cui vivo adesso – dice Pietro – è diventata la mia casa: si ride, si condivide, si litiga, come in tutte le case. La cosa più difficile che ho imparato a Casa Milo? A fare i conti per la spesa”. Casa Milo è inserita in un contesto di social housing con 300 appartamenti, sette realtà del terzo settore attive e tanti momenti di scambio e di condivisione. “Durante un aperitivo con i vicini di casa – ricorda Pietro – ho raccontato il mio percorso a Casa Milo e tutti sono rimasti molto contenti. Ci tengo molto a condividere la mia esperienza perché è un bell’esempio. Perché voglio dimostrare che l’autonomia è questa e che è un’autonomia possibile”. 

Fondamentale per questi percorsi il rapporto con le famiglie. “La famiglia può condizionare in positivo o negativo il percorso di autonomia – continua Jennifer – Importante per noi è condividere con i genitori la linea educativa, dare riscontri su come sta andando l’esperienza, ricevere feedback sui comportamenti dei ragazzi a casa, creare occasioni di incontro e di condivisione in gruppo dedicati ai genitori”. “Casa Milo – conclude Maria Malacrinò, la coordinatrice – non è né una vacanza, né uno sradicamento. È una palestra in cui i ragazzi e le famiglie si allenano per un obiettivo grande, un obiettivo di futuro”. 

Il progetto Casa Milo è realizzato dalla Cooperativa Cascina Biblioteca grazie al contributo di Fondazione Cariplo ed è inserito all’interno del progetto “Scambi Vitali” con capofila Consorzio Sir.

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A Cascina Falchera il restauro inclusivo dell’ultimo tram centenario di Torino

“Qui uniamo riuso e riscatto sociale”.

C’è un tram centenario parcheggiato a Cascina Falchera, l’hub di innovazione sociale e ambientale gestito dal Consorzio Kairos in una vecchia cascina da poco riqualificata a nord di Torino. E’ il numero 614 ed è stato costruito alla fine degli anni ’20 nelle officine dell’ATM (Azienda Torinese Mobilità). In origine bidirezionale, con porte aperte e di colore rosso-crema, negli anni ’30 è stato oggetto di un restyling che lo ha trasformato in unidirezionale, con porte pneumatiche e colore verde bitonale. Ha prestato servizio fino agli anni ’50. E’ sopravvissuto alla demolizione perché è stato utilizzato prima come mezzo da carico per il trasporto della frutta, poi come container per il ritrovo dei ferrovieri.

A gennaio, il 614 è stato trasferito dal deposito della Metropolitana a Cascina Falchera e affidato nelle mani di Flavio Castagno, falegname ed educatore, già restauratore di locomotive, appassionato di riuso e di riciclo. E’ lui che sta seguendo per il Consorzio Kairos, all’interno della falegnameria sociale (RE)Made of wood, lo straordinario recupero di questo mezzo, realizzato con il contributo di Fondazione CRT. “Ora lo stiamo disallestendo – spiega Flavio – e stiamo documentando e catalogando tutto con disegni e fotografie. Poi faremo il progetto di riallestimento con l’obiettivo di riportare gli interni alla loro versione originale anche attraverso l’aiuto di immagini storiche fatte durante gli incidenti”.

Il restauro del tram è una straordinaria occasione anche di coinvolgimento, formazione e riscatto per persone che, in diversi modi, vivono situazioni di fragilità o vulnerabilità. Al laboratorio artigianale di Cascina Falchera prima dell’estate, infatti, sono terminati tre tirocini formativi lavorativi che hanno coinvolto due donne, una inserita in un percorso di emersione dalle dipendenze, una in un percorso di riattivazione al lavoro, e un migrante richiedente asilo, e da ottobre ospiterà un nuovo ciclo di borse lavoro che si occuperà anche del restauro del tram. “Quella del laboratorio artigianale è un’esperienza importante per persone con diverse fragilità – commenta Valentina Paris, di Exar Torino, che gestisce il servizio di erogazione delle borse lavoro – Si tratta di un impegno quotidiano che porta le persone a riorganizzare la propria vita dal punto di vista degli orari e degli impegni e che le fa sentire di nuovo parte di un gruppo, di una comunità. Al laboratorio si impara facendo, si acquisiscono competenze e sicurezza in se stessi. In più, c’è la continuità della remunerazione che riattiva la consapevolezza economica e la riorganizzazione dei bilanci familiari. Tutte questioni fondamentali e non sempre facili che aiutano a ripartire più forti”. 

“Il restauro
– aggiunge Flavio – consente di trasformare qualcosa di vecchio, brutto o rovinato in bellezza ed è una grande possibilità di riscatto per le persone che ne sono protagoniste. Costruire e realizzare qualcosa alza l’autostima e consente di rimettersi in gioco”. “Una dimostrazione di questo? – racconta l’educatore – Qualche mese fa è uscito un articolo sul restauro del tram. Il titolo era: Tram restaurato da donne fragili. In quel periodo avevamo inserito nel progetto anche due ragazze, studentesse delle Belle Arti. Si erano arrabbiate. Dicevano: Perché ci dicono fragili? Guarda che belle cose che stiamo facendo! Ecco, di fronte a qualcosa di bello che stai facendo e che gli altri riconoscono, la fragilità scompare e cresce l’orologio di chi ce la può fare, nel lavoro e nella vita”. 

Il tram 614, una volta svuotato, verrà portato a Brescia, presso una officina che si occuperà di sistemare la parte meccanica e la carrozzeria. Nel frattempo, Flavio e il suo team si occuperanno di recuperare o ricreare l’arredo originario: dalle panche al sedile di guida, fino ai vetri incassati nella struttura di legno. L’ultima operazione sarà quella del rimontaggio. Il tram 614, poi, ritornerà a circolare e, grazie all’Associazione Torinese Tram Storici, sarà protagonista di tour culturali e turistici per la città di Torino. 

Cascina Falchera è un Bene Comune della Città di Torino concesso al Consorzio Kairòs, sino al 2040, da ITER – Istituzione Torinese per una Educazione Responsabile, con l’obiettivo di valorizzarne la vocazione educativa e trasformarlo in un hub di Innovazione sociale. Sono partner del progetto: Città di Torino, Università degli Studi di Torino – Dipartimento di Scienze Veterinarie e Dipartimento di Psicologia, Liberitutti s.c.s., Crescere Insieme s.c.s., Ecosol s.c.s, Liberitutti Factory s.r.l. impresa sociale, Damamar odv, RE.TE. ong, Impollinatori Metropolitani aps, Parco del Nobile aps, Legambiente onlus, Wea Foundation, Padel M2, (Ri)generiamo, Leroy Merlin

Fotografie di Marzia Allietta