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Formazione

Parità di genere e imprese sociali: valorizziamo l’identità e promuoviamo l’inclusione e la diversità

Da dicembre a oggi abbiamo già formato sulla parità di genere oltre 35 referenti territoriali delle nostre cooperative socie. Altri stanno per intraprendere il nostro terzo percorso formativo che si svolgerà a distanza con tre appuntamenti nel mese di giugno (ci sono ancora posti disponibili, clicca qui per iscriverti) e che ha l’obiettivo di far conoscere a fondo il tema della parità di genere in azienda, la norma e la sua applicazione. L’interesse del terzo settore per la certificazione UNI PdR 125/2022 è crescente.

Se sono 1362 le sedi aziendali fino ad ora certificate nel paese (fonte Accredia, l’ente di accreditamento degli enti di certificazione in Italia), una buona parte sono sicuramente realtà del welfare. Lo dimostra, in maniera indicativa, un numero lombardo: il 43% delle aziende che Regione Lombardia, tramite Unioncamere, ha finora finanziato proprio sulla parità di genere, in occasione di un bando dedicato, sono del terzo settore. Un caso? Assolutamente no. Diciamo, la conseguenza di un’ottima predisposizione.

“Per molte imprese sociali – spiega Simona Taraschi, responsabile consulenza e formazione di CGM – significa valorizzare prassi, attività e strumenti già in atto che spesso, però, sono date per scontate. Penso ad esempio alla flessibilità oraria in termini di conciliazione vita-lavoro o ai benefit per le dipendenti come tariffe ridotte per gli asili nido o per i servizi domiciliari. Altre aziende queste cose le sbandierano, le cooperative le fanno da sempre ed è importante metterle a valore. Per una riconoscibilità all’esterno e anche per una maggiore consapevolezza da parte degli stessi lavoratori”. 

Ma come funziona la certificazione? Innanzitutto, la UNI PdR 125/2022 misura quanto un’impresa è sensibile ai temi della parità di genere. Lo fa in base a 33 indicatori (KPI) distribuiti su sei aree: cultura e strategia, governance, human resources, opportunità di crescita in azienda, equità remunerativa e tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro. Non tutti gli indicatori devono essere rispettati da tutte le aziende: il set di KPI dipende dal cluster, dalla dimensione dell’impresa.

“L’obiettivo di questa ‘autodiagnosi’ – spiega Simona Taraschi – è favorire una sensibilizzazione al tema della parità e dell’inclusione. Le aziende sono in grado di generare un valore più grande, più alto e più sostenibile se riconoscono il valore delle risorse umane indipendentemente dal sesso. Integrare i punti di vista è sempre una ricchezza”.

Per ottenere la certificazione occorre affidarsi ad un ente certificatore accreditato (in Italia sono 32). Il nostro Consorzio CGM può affiancare le aziende in questo iter con la formazione degli operatori, la consulenza, il supporto all’integrazione con altre certificazioni (ad esempio qualità e ambiente), la gestione del rapporto con l’ente certificatore, anche in un’ottica di riduzione dei costi.

Esistono supporti economici che consentono di sostenere in tutto o in parte le attività di consulenza e certificazione delle aziende. In attesa che si sblocchino i fondi nazionali con i decreti attuativi, si muovono le regioni e i territori. Oltre alla già citata Lombardia, ad esempio a Reggio Emilia la Camera di Commercio ha stanziato finanziamenti sulle certificazioni aziendali, tra cui quella sulla parità di genere. 

Un ulteriore input alla certificazione sono i vantaggi fiscali conseguenti: esonero dei versamenti contributivi previdenziali e riduzione della garanzia fideiussoria per le gare pubbliche. Si aggiunge ai vantaggi la premialità alle realtà certificate in occasione di aiuti di Stato o bandi da parte della Pubblica Amministrazione.

“Cinque nostre cooperative socie hanno già ottenuto la certificazione – conclude la nostra referente – Una trentina stanno affrontando il percorso. Tutte sono soddisfatte. Danno valore a ciò che è già loro, ovvero all’attenzione dedicata alle persone. Senza distinzioni”.

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Le cooperative dal fango dell’Emilia: “La speranza è nella solidarietà

“Qualche giorno fa ho ricevuto un messaggio da una signora che abbiamo aiutato.  È sola e l’alluvione le ha distrutto tutto. Mi ha scritto: ho sentito la stretta della famiglia allargata, quella famiglia che ho scelto”.

La solidarietà, quella scattata nel mondo della cooperazione e quella che si è attivata in tutta la comunità romagnola, è “la speranza, la luce” che dà la forza e il coraggio di ripartire. 
Marco Conti è Presidente della Cooperativa Paolo Babini e del Consorzio Solidarietà Sociale Forlì-Cesena, una rete di 5 cooperative sociali e 2 organizzazioni non profit fortemente radicata nel territorio e socia CGM.

In queste ore, il Consorzio e le cooperative stanno affrontando l’emergenza causata dall’alluvione che da oltre una settimana ha colpito la Romagna e anche il forlivese. “Non abbiamo mai vissuto una situazione così – esordisce Marco Conti – Ci siamo attivati subito. Prima rendendoci conto di ciò che era successo, contattando operatori e volontari. Per fortuna le nostre strutture non hanno subito danni diretti perché sono nella parte di città che non è andata sotto”. 

Passata la prima fase, è scattata la mobilitazione massiva per aiutare la parte di Forlì sotto l’acqua prima e nel fango dopo. “Stiamo cercando di portare aiuto alle persone più colpite, partendo da quelle che orbitano intorno alle nostre cooperative – spiega il Presidente di CSS Forlì-Cesena – Diamo supporto per svuotare le case allagate, spalare il fango, procurare beni di prima necessità e alloggi alternativi. Abbiamo attivato anche una raccolta fondi interna per aiutare colleghi e volontari colpiti”. 

I danni in città e nel territorio sono enormi, alle case, alle strade, alle attività produttive, all’agricoltura, con pericoli di frane ancora presenti. “Le persone che incontriamo – racconta Marco Conti – chiedono di essere rassicurate. Ci dicono: ma con la mia casa o la mia impresa in questa condizione, come farò a ripartire? Vediamo molti volti smarriti. Aiutiamo le persone a svuotare le case e a mettere le cose distrutte in strada per smaltirle. Capita che qualcuno vada a riprendersi dai propri cumuli alcuni oggetti sporchi e rovinati ma che hanno un significato affettivo. È straziante”. 

Oltre al supporto materiale, è stato attivato anche un supporto psicologico con professionisti che operano nei centri per gli sfollati e nelle zone più colpite della città. 

In una situazione davvero drammatica, la speranza rimane nella solidarietà“Ho visto sconosciuti che hanno preso la pala in mano e si sono messi a spalare. Molti giovani e giovanissimi – conclude il presidente di CSS Forlì-Cesena – La solidarietà è davvero esplosa, è stata come un grande abbraccio che abbiamo ricevuto, al di là dei campanili e anche delle differenze generazionali. Sentiamo vicino anche il mondo della cooperazione. A tutti chiediamo di aiutarci anche quando calerà il sipario mediatico su quanto accaduto perché ci vorranno mesi, forse anni, per tornare alla normalità”. 

Link utili per supportare le aree e le comunità colpite

Volontari SOS
www.volontarisos.it

Raccolta fondi per le cooperative e i soci colpiti dall’alluvione  
www.romagna.confcooperative.it/NEWS/PRIMO-PIANO

Raccolta fondi Caritas Forlì-Bertinoro
www.produzionidalbasso.com/project/forli-mia-emergenza-alluvione/ 

Donazione all’agenzia per la sicurezza territoriale e protezione civile dell’Emilia-Romagna
protezionecivile.regione.emilia-romagna.it/notizie/attualita/conto-corrente-alluvioni-maggio-2023

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persone

Geneticamente portati alla contaminazione. Vinciamo le sfide dell’oggi

Un’assemblea importante che “mette a terra la bussola”, il nuovo strumento che CGM ha introdotto per rispondere alle trasformazioni della società. Con direzioni ben precise (apertura all’imprenditorialità, interconnessione della rete e innovazione) e funzioni (fare rete, fare cultura e promuovere sviluppo) attivate sulla base degli ambiti. Ieri, a mosso, la spazio di comunità tra Parco Trotter e via Padova a Milano, si è svolta la prima assemblea dei 53 soci di CGM dopo gli Stati Generali di marzo e a conclusione del primo anno di mandato della Presidente Giusi Biaggi.


“CGM – spiega la Presidente Giusi Biaggisi è ridata uno scopo: quello di crescere come sistema abilitante per affrontare le sfide dell’oggi e del futuro, consapevoli dello sviluppo che le nostre cooperative generano ogni giorno sui territori”.

Così, a partire da nuove direzioni e nuove funzioni, per concretizzare la bussola, l’Assemblea dei soci ha di fatto dato il via a otto cantieri tematici che nei prossimi mesi vedranno lavorare fianco a fianco CGM e soci. Digitale, sostenibilità, socio-sanitario, cultura e rigenerazione, educazione, formazione, lavoro e open innovation sono gli ambiti individuati dentro i quali, a seconda dell’analisi e dei contesti, CGM agirà una o più funzioni. E non lo farà da sola, ma cercando di coinvolgere oltre ai soci, anche partner esterni diversi. 

“Tra i cantieri attivi – spiega la Presidente Giusi Biaggi un importante lavoro lo si sta conducendo sul tema della sostenibilità. Argomento ormai più che attuale su cui è stato avviato SER Social Energy Revolution un centro di competenze per la sostenibilità del Terzo Settore con l’obiettivo di accompagnare gli ETS (Enti del Terzo Settore) e gli enti religiosi verso la transizione energetica. Un percorso che abbiamo potuto avviare solo grazie al lavoro fatto con partner esperti come CGM Finance, Fratello Sole, e GNE Finance, un ente spagnolo leader in finanziamenti per la transizione energetica. Partendo dai territori, con la ‘rivoluzione SER’ vogliamo dare un supporto completo a tutti gli enti e generare impatto per le comunità locali”.

Un altro ambito fondamentale è quello del digitale. “CGM, in modo lungimirante, ormai 3 anni fa –  prosegue la Presidente – insieme a Moving, ha creato welfareX® (CGMoving), con l’obiettivo di spingere sul tema della piattaforma digitale negli ambiti del welfare aziendale, del welfare pubblico e dei servizi di welfare a domanda pagante. Vogliamo continuare a lavorarci affinché la piattaforma riesca sempre meglio a gestire la complessità e affinché aiuti le cooperative, non solo o non tanto a rendere visibili i propri servizi sul web, ma a ridisegnare proposte e processi. Il percorso Experience the Change con Social Seed e Collaboriamo, che si è appena concluso, ha consentito una sperimentazione sui territori nell’ambito dei servizi per minori, disabili e anziani. Ma è solo un inizio”. 

 “Mi piace sottolineare – aggiunge Giusi Biaggi – anche il cantiere sul welfare culturale. Da una ricerca condotta con AICCON , ci siamo accorti che è un tema fortemente praticato dalle nostre cooperative. C’è chi fa cultura attraverso la rigenerazione di spazi e delle funzioni che questi luoghi contengono, chi la fa realizzando vere e proprie produzioni culturali di teatro, arte, artigianato, chi gestendo beni artistici e culturali o servizi turistici. Partendo da ciò che c’è, vogliamo supportare la rete per far emergere modelli di business sostenibili e opportunità di connessioni e contaminazioni a livello italiano ed europeo”. 

A prescindere dagli ambiti, la sfida generale è quella di anticipare i cambiamenti. Una sfida da vincere insieme. “Di fronte a tutte le grandi sfide, come in un mare in burrasca, si prova sempre un po’ di paura perché il cambiamento spaventa – conclude la Presidente Giusi Biaggi – Ma dalla nostra abbiamo due cose: la consapevolezza di avere una storia lunga, esperienze e maturità frutto di 20, 30, 40 anni di lavoro delle nostre cooperative sui territori, e la rete, non siamo singoli che potrebbero essere spazzati via dalle onde o dalle mode. E poi, siamo geneticamente portati alla contaminazione, da sempre pratichiamo l’ibridazione. Ecco perché questa sfida la possiamo e vogliamo vincere: perché ce l’abbiamo nel sangue”. 

Prossime tappe: l’aggiornamento sui cantieri nei prossimi Stati generali di CGM e una grande convention, aperta all’esterno, nei primi mesi del 2024.

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Educazione

Costruire comunità educanti è possibile?

Partiamo da un presupposto: il bambino ha bisogno di vivere socialmente e imparare a vivere sociale.

Per questo ridisegnare le forme dei servizi educativi può diventare un’opportunità per generare esperienze educative per bambini, ragazzi e famiglie. Un processo che ha la necessità di partire dal territorio e quindi dall’ecosistema di relazioni che si instaurano nei luoghi in cui il servizio è inserito.

Povertà educativa, i numeri in Europa e in Italia

Anche in Europa purtroppo il numero di bambini, bambine e famiglie che vivono in condizioni di povertà educativa ed esclusione sociale è cresciuto negli ultimi anni. Le cause sono da imputare all’aumento del costo della vita, alla crisi climatica e alle conseguenze della pandemia.  I dati *ci dicono che nel 2021 1 bambino su 4 è a rischio di povertà educativa, si parla di oltre 19,6 milioni di bambini e bambine.

Tra i paesi con la percentuale più alta di minori a rischio c’è l’Italia: si parla di circa 3 milioni di bambini a rischio povertà educativa, il 29,7% del totale, con un aumento del 2,6% dal 2019.

Nell’ultimo rapporto, Save the Children evidenzia oltretutto la correlazione tra istruzione e qualità di vita dei bambini. E’ infatti noto che la bassa istruzione dei genitori e le condizioni economiche sfavorevoli risultano essere per il minore fattori di rischio di dispersione o abbandono scolastico.

Un concatenamento di situazioni e fatti che porta la scuola alla cristallizzazione di una situazione di diseguaglianza.

Per questo la scuola continua a essere fondamentale nello sviluppo della persona e della comunità, attore necessario per raggiungere un nuovo equilibrio del territorio.

*  Save the Children – rapporto europeo “Garantire il Futuro dei Bambini”

Il ruolo delle imprese sociali e il significato di comunità educante

Come imprese sociali, cooperative e professionisti del settore abbiamo il ruolo di promuovere e rafforzare le comunità, la cui frammentazione incide nettamente sulla vita di bambini e ragazzi. Non ci rendiamo ancora conto che perdere i ragazzi significa perdere i futuri adulti, i futuri genitori e i futuri lavoratori. E questo non possiamo permettere che avvenga.  Il nostro ruolo diventa quindi quello di creare reali opportunità laddove non ce ne sono o ce ne sono in misura minore, impegnandoci per avere delle comunità educanti vere e diverse.

Ma facciamo un passo indietro, al significato di comunità educante.

L’impresa sociale Con i Bambini ha promosso un bando specifico con cui ha finanziato non progetti, bensì processi di costruzione di comunità. Un bando che arriva quasi contemporaneamente alla diffusione incontrollata del concetto di “comunità educante” , anche a livelli ministeriali (cfr. Ministro Bianchi). Ma siamo sicuri che il significato attribuito a comunità educante sia lo stesso condiviso da educatori, insegnanti e professionisti dell’educazione e lo stesso declinato sui territori?

Per definire il senso del bando “Comunità educanti”, Con i Bambini è partita dalla sua mission che prevede il “sostegno di interventi sperimentali finalizzati a rimuovere gli ostacoli di natura economica, sociale e culturale che impediscono la piena fruizione dei processi educativi da parte dei minori”.

Interventi sperimentali che prevedono apprendimenti non solo al termine, ma anche in itinere, diversamente dai modelli, permettendo di aggiustare l’azione e trovare soluzioni.  

In un paese come l’Italia con profonde differenze, per costruire azioni che siano appropriate ai territori è necessario dare a questi ultimi la possibilità di scelta e decisione, permettendo a ciascuno di selezionare strumenti e modalità più efficaci. Può essere infatti che il luogo migliore per attivare un processo di educazione non sia la scuola, a cui neppure si può demandare tutto, ma altri servizi educativi.

Questa volontà di lavorare sul tema della comunità ci porta a riflettere su un pensiero di natura epistemologica.

Ci rendiamo conto che in realtà le comunità non esistono, o meglio, esistono solo quando ci sono gruppi di persone che si orientano verso un obiettivo comune, attraverso un alfabeto comune. Possiamo affermare che non esiste un modello di comunità educante, ma che esso cambia a seconda dei territori e degli attori che si avvicendano; ecco perché la comunità per essere realizzata ha bisogno di relazioni. Se infatti partiamo dall’idea che il progetto non sia direzionato dal progettista, ma dall’ascolto reale del territorio, le azioni si stravolgono in maniera positiva andando a colmare i vuoti, anche attraverso attività intersettoriali che permettono di sconfinare dalle proprie aree standard di applicazione.

Oltre confine

Il tema della povertà educativa è un tema molto recente, non solo in Italia, ma anche in Europa.

Il fondo dell’impresa sociale Con i Bambini è stato voluto proprio perché in molti paesi era presente un fondo per la povertà educativa. Un tema che è stato recentemente rafforzato dalla Strategia dell’UE sui diritti dei minori e garanzia europea per l’infanzia: due importanti iniziative politiche che la Commissione europea ha presentato per tutelare meglio tutti i minori, aiutarli a far rispettare i loro diritti e collocarli al centro dell’elaborazione delle politiche dell’UE.

La strategia si articola in 6 macroaree che delineano le priorità dell’Unione per i prossimi anni

  1. Partecipazione di ragazzi e ragazze alla vita politica e democratica
  2. Inclusione socioeconomica, salute ed educazione
  3. Contrasto alla violenza ai danni dei minorenni e tutela delle persone di minore età
  4. Giustizia a misura di minorenne
  5. Dimensione digitale e società dell’informazione
  6. La dimensione globale. Il rafforzamento di un’UE che sostiene, protegge e responsabilizza ragazze e ragazzi globalmente, anche durante crisi e conflitti

A livello italiano cosa succede?

Siamo stati tra i primi paesi europei ad approvare il piano per mettere in atto la strategia europea sui diritti dei minori (675 milioni di euro in Italia per il periodo 2021-2027). In base all’accordo, la concentrazione tematica per il fondo prevede che gli Stati membri debbano destinare almeno il 5% delle risorse dello stesso alla lotta contro la povertà infantile e almeno il 12,5% ad azioni rivolte ai giovani per conseguire una qualifica o trovare lavoro.

Gli ingredienti per la costruzione delle comunità educanti ci sono tutti, almeno “sulla carta”: organizzazioni, reti, relazioni, servizi, competenze, persone, processi, finanziamenti. Adesso è il momento di trovare le appropriate combinazioni e il perfetto equilibrio per il miglior risultato, con la giusta misura e una certa dose di coraggio.

L’articolo è tratto da “Redesign dei servizi educativi”, dialogo tra Simona Taraschi (CGM), Sabina Bellione (CGM), Marta Pavan (Con i Bambini) e Francesca Gennai (Consolida Trento e CGM) in occasione di Educa, il festival dell’educazione di Rovereto.