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Mariella e Emanuele: “Ora viviamo insieme e siamo felici”

Vi raccontiamo il percorso di autonomia abitativa (e non solo) di Mariella e Emanuele, realizzato con il supporto delle famiglie e della Cooperativa Esserci di Torino. “Il cruccio di molte famiglie è: cosa faranno i nostri ragazzi quando non ci saremo più? Occorre però cercare di lavorare non sul dopo di noi, ma sul durante noi”.

“Siamo felici”. Il succo della storia di Mariella e Emanuele, coppia protagonista di un percorso sull’abitare della Cooperativa Esserci di Torino, è in queste due parole. Lei ha 50 anni ed è originaria di Matera, trasferita a Torino nel 2000, dagli zii, dopo la morte di entrambi i genitori. Frequentatrice del gruppo Aladino, spazio per il tempo libero, gestito da una Associazione di volontariato in sinergia con la Cooperativa Esserci, dedicato alle persone con disabilità intellettiva e/o fisica che vogliono condividere attività e laboratori. “Ad Aladino ho conosciuto Emanuele, ma lui all’epoca stava con un’altra”, comincia Mariella. Proprio da Aladino comincia il percorso di autonomia di Mariella. Prima, con l’inserimento lavorativo in una scuola materna come addetta alle pulizie. Poi, con un progetto di palestra abitativa per imparare a vivere da sola. Così, Mariella, insieme ad altre persone con disabilità intellettiva, ogni settimana si allena a fare la spesa, cucinare, gestire i soldi, tenere in ordine la casa. Inizia a trascorrere qualche weekend fuori casa. “All’inizio avevo paura del cambiamento”, confessa. Il percorso di autonomia continua tra alti e bassi e per due anni Mariella torna ad abitare con gli zii. “Il cruccio di molte famiglie è: cosa faranno i nostri ragazzi quando non ci saremo più? – racconta Francesco Patrucco, coordinatore di Esserci – Noi però cerchiamo di lavorare non sul dopo di noi, ma sul durante noi, creando contesti e percorsi che siano vere e proprie palestre abitative, con il coinvolgimento indispensabile delle persone interessate, delle famiglie e della rete territoriale”.

Nel 2020 Mariella si rimette di nuovo in gioco in un nuovo progetto di autonomia, questa volta in un monolocale solo per lei all’interno del contesto di Housing&Co della Cooperativa. “I primi tempi è stata dura. Eravamo ancora in periodo di pandemia e soffrivo molto la solitudine, ma poi ce l’ho fatta”, commenta. Nel frattempo, Emanuele, nato e cresciuto a Torino, addetto alle pulizie, in casa con i genitori, lascia la compagna e comincia la storia con Mariella. Parte un progetto di vita di coppia che coinvolge i due fidanzati e le rispettive famiglie. Emanuele comincia a trascorrere qualche weekend nel monolocale. “Eravamo stretti, ma l’esperienza è andata bene”, dice lui. Dopo quattro mesi, i due si trasferiscono in un bilocale sempre nel contesto di housing sociale e iniziano a vivere insieme 7 giorni su 7. “La convivenza non è sempre facile. Vuol dire adattarsi alle esigenze dell’altro”, il commento di Mariella e Emanuele. L’anno scorso, i due fidanzati escono da Housing&Co e si trasferiscono in una casa di proprietà della nonna di Emanuele in attesa di finire i lavori nell’appartamento che i genitori gli hanno acquistato e di spostarsi lì definitivamente insieme a Mariella. “Poi basta traslochi”, scherzano i due.

“A chi desidera uscire di casa, diciamo provateci. Occorre avere il coraggio di giocarsela, anche affrontando dubbi e paure che nascono nelle persone coinvolte e nelle famiglie. Le nostre adesso sono contente e ci supportano. Andiamo sempre là a pranzo alla domenica…”. Anche se il percorso di autonomia di Mariella ed Emanuele ha raggiunto un livello avanzato, il lavoro della Cooperativa Esserci continua. “Proseguiamo a monitorare Mariella ed Emanuele e a tenere il rapporto con le famiglie – conclude Francesco – Come ho detto anche a loro, anche le persone più attrezzate possono vivere difficoltà nel gestire le relazioni di coppia, dunque occorre lavorare ancora. E’ come una pianta che deve continuare ad essere annaffiata, il giusto, né troppo, né troppo poco. Mariella ed Emanuele sono stati bravi a cogliere al volo il treno per l’autonomia, noi li abbiamo aiutati a stare bene, ad essere felici, ad avere una prospettiva. Questa è la più grande soddisfazione”. 


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Retribuzioni e ruolo, ecco perché non si trovano Oss e educatori

È in corso un profondo mutamento del mercato del lavoro, anche in ambito sociale. Ne abbiamo parlato con Stefano Granata, presidente della nostra società strategica Cooperjob, unica agenzia di lavoro in Italia partecipata al 100% da enti no profit, che da anni si occupa di lavoro con un focus sulle persone.

“Anche l’Atm di Milano, l’azienda di trasporti del capoluogo lombardo, cerca autisti ma non li trova, nonostante abbia anche offerto di sostenere come azienda il costo per le patenti”. Dal settore dei trasporti a quello socio-sanitario, nel pubblico come nel privato e per tutti i livelli contrattuali, stiamo assistendo ad un profondo mutamento del mercato del lavoro“Definirei la situazione liquida”, esordisce Stefano Granata, presidente della nostra società strategica Cooperjob, unica agenzia di lavoro in Italia partecipata al 100% da enti no profit, che – con sette filiali e tre sportelli in tutta Italia – da anni si occupa di lavoro con un focus sulle persone.

“Per molti anni in Italia – spiega Granata – c’è stata una certa concezione sociale del lavoro in base alla quale le persone si identificavano quasi interamente con la propria professione. Oggi non è più così e non sono solo le nuove generazioni ad avere un’impostazione differente. Il Covid ha accelerato questo cambiamento, ponendo altre priorità. Oggi i giovani, e non solo loro, dicono: ‘Il lavoro è parte della mia vita, non è la mia vita’. Con tutti i pro e i contro. “Il mondo lavorativo però non è preparato a questo mutamento epocale – continua il presidente – La domanda è più scarsa dell’offerta. Le aziende erano abituate a poter scegliere tra una vastità di candidati. Ora, non solo le aziende hanno un ventaglio ridotto di candidature, ma, quando individuano la persona, sono loro a sperare che dica di si e che rimanga. Questo anche con contratti a tempo indeterminato e anche nella pubblica amministrazione”. I motivi? “Si guarda molto alla crescita professionale, oltre che a quella economica, alla diversificazione delle esperienze e alla qualità della vita extralavorativa, continua Stefano Granata. 

Nel mondo cooperativo la situazione non cambia (anzi) e c’è una complicazione in più: la progressiva svalutazione delle professionalità in ambito socio-sanitario. “Non è un caso che sempre più spesso non si trovino infermieri e nemmeno educatori, che ci siano sempre meno iscritti ai corsi universitari socio-sanitari, che si stia verificando una migrazione dei lavoratori sociali in altri settori – dice il presidente di Cooperjob – Negli anni il mondo cooperativo ha insistito molto sulla leva motivazionale e meno sulla leva economica. Ora, occorre lavorare di più su due aspetti: quello salariale, aumentando le retribuzioni (ed è uno sforzo che si sta facendo in sede di rinnovo del Contratto collettivo); e quello culturale, rivendicando il ruolo fondamentale dell’operatore socio-sanitario”.

In questa “situazione liquida” dove, per dare l’idea si stimano, solo in Piemonte, 5.000 operatori socio sanitari (Oss) in meno rispetto alla domanda* e dove l’indice nazionale di attrattività della Laurea per diventare educatori professionali è allo 0,78%**, Cooperjob lavora mettendo al centro le persone e i territori. “Da una parte – spiega Stefano Granata – insistiamo con le imprese per un investimento maggiore sulle risorse umane, a livello retributivo, ma anche di welfare aziendale, di orari, di smart working; dall’altra lavoriamo alle connessioni con i territori che conoscono contesti e persone, anche aprendo sportelli e filiali in luoghi di comunità, come la Polveriera di Reggio Emilia o Cascina Oremo di Biella. Così riusciamo ad avere un approccio al lavoro differente, anche per tempi e per visibilità”. Una sfida ambiziosa per la nostra società strategica che ha recentemente inaugurato tre nuovi sportelli, sta seguendo l’avvio di due nuovi a Milano e sta lavorando per incrementare l’attività nel Mezzogiorno. “Facciamo come dovrebbero fare tutte le imprese: guardiamo sempre avanti – conclude Stefano Granata – Già, perché l’impresa, e l’impresa sociale soprattutto, non produce ricchezza solo per il fatto di creare occupazione, ma se crea buona occupazione produce benessere per la comunità e genera cambiamenti e opportunità sui territori, per tutte le persone”. 

*fonte Api Sanità e Confapi Sanità (luglio 2023)
**rapporto Maestrillo/Bevacqua/Cenerelli riportato da Vita.it (novembre 2023)

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Inserimento detenuti, il fumetto diventa libro di testo all’università

L’esperienza di reinserimento lavorativo e sociale di uomini e donne sottoposti a Provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria in un graphic podcast realizzato dal Consorzio La Rada: “Peso alle parole dei protagonisti più che alle storie”.

E alla fine il ‘podcast illustrato’ diventa uno dei libri di testo degli studenti di Giurisprudenza dell’Università di Salerno. 

Il titolo è “Udepe Repè, la storia vera di un podcast mai pubblicato”. L’autore è Giulio Escalona, psicologo del Consorzio La Rada. Qui, da cinque anni si occupa di progettare servizi di inclusione per le persone più vulnerabili e, a tempo perso, disegna. L’occasione per mettere insieme professionalità e passione per l’illustrazione è arrivata con il progetto “Ponte” che da anni, grazie all’Udepe (Ufficio Distrettuale Esecuzione Penale Esterna) di Salerno, al Consorzio La Rada e ad altre cooperative sociali, si occupa di inserimento/reinserimento lavorativo e inclusione sociale di donne e uomini sottoposti a Provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria, ovvero in affidamento in prova al Servizio sociale o in regime di detenzione domiciliare.

Protagonista in particolare del progetto (e anche del fumetto) la Cooperativa Stalker, socia del Consorzio, che, nella piana del Sele, una zona a vocazione agricola industriale, porta avanti un laboratorio di trasformazione di prodotti ortofrutticoli, con il coinvolgimento di persone con fragilità. “Nel progetto – racconta Giulio – sono stato coinvolto per la fase dedicata alla sensibilizzazione del territorio. Non volevamo fare il solito prodotto scritto e abbiamo pensato di realizzare dei podcast che, basandosi sulle parole e non sulle immagini, garantiscono la giusta ‘distanza di sicurezza’ per non esporre chi è coinvolto a una visibilità non corretta o a rappresentazioni stereotipate. Così sono andato nei diversi luoghi di lavoro con il registratore e ho parlato con le persone. Ho raccolto 40 ore di registrazioni. Mentre le trascrivevo per poi poter strutturare il podcast, mi è venuta l’idea del fumetto e ho cominciato a disegnare, sostenuto dai miei colleghi Giuseppe e Nicola”. La prima stesura è circolata in sordina tramite WhatsApp, raccogliendo feedback e molto entusiasmo. Anche quello del professore ordinario di Diritto Penale dell’Università di Salerno Francesco Schiaffo che “si è innamorato del graphic podcast, come lo ha definito lui”. L’università, quindi, ha contribuito alla pubblicazione della stesura definitiva, avvenuta a dicembre con Rosso Fisso edizioni, e contenente la prefazione della direttrice (ora ex) dell’Udepe Elisabetta Palmieri e la postfazione dello stesso Schiaffo.

In “Udepe Repè” i protagonisti hanno le impronte digitali al posto della testa. “Un pretesto grafico che mi ha consentito di unificare i personaggi e renderli anonimi – spiega lo psicologo di La Rada – E poi, le impronte digitali ce le abbiamo tutti, ma per qualcuno pesano di più”. “Le persone coinvolte cosa hanno detto del fumetto? – continua – Hanno apprezzato la delicatezza del gesto, l’aver dato peso alle loro parole, alle loro riflessioni e non alle loro storie di vita, spesso difficili”.

Alla fine, obiettivo sensibilizzazione più che raggiunto con la bella novità dell’inserimento del fumetto tra i libri di testo del corso di Diritto penale e Criminologia dell’università. “Questo fumetto ha fatto più di un post su Facebook come durata e pervasività – conclude Giulio – Abbiamo aperto una pista giusta, da perseguire. Ora l’obiettivo per il progetto Ponte è la continuità e sicuramente il fumetto può aiutare ad unire e a proseguire”.