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Formazione News Welfare

Inserimenti lavorativi di qualità, call di Fondosviluppo per le cooperative

Una call – Inclusione.coop del Fondosviluppo – per supportare e qualificare percorsi di inserimento lavorativo e integrazione sociale di persone svantaggiate, a favore di Cooperative di tipo B e miste/ad oggetto plurimo (tipo A e B). Il nostro Consorzio CGM fornisce assistenza alle attività formative, accompagnamento e monitoraggio.

Fondosviluppo, il fondo mutualistico di Confcooperative, per promuovere lo sviluppo della cooperazione come da mission istituzionale, ha lanciato “Inclusion.Coop”, una call per sostenere le cooperative sociali nel percorso di inserimento lavorativo e di integrazione sociale di persone svantaggiate. L’obiettivo? Favorire un modello che mette a sistema risorse e competenze in una logica di sviluppo imprenditoriale.

Lo stanziamento ammonta a 500.000 euro e punta a supportare percorsi di inserimento lavorativo qualificati, basati su più pilastri che comprendono la formazione e l’integrazione sociale e relazionale a vantaggio delle persone assunte.

Ma chi può partecipare alla call? Sono ammesse Cooperative sociali di tipo B e miste/ad oggetto plurimo (tipo A e B) con prevalenza delle attività finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, desumibile dal fatturato, operanti in tutto il territorio nazionale ad esclusione delle Regioni dotate di un proprio Fondo Mutualistico (Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta). Le cooperative ammesse devono essere aderenti a Confcooperative e in regola con il versamento dei contributi associativi e del 3% del Fondo mutualistico. Non sono ammesse le cooperative che abbiano già beneficiato degli interventi del Fondosviluppo negli ultimi tre anni.

Fondosviluppo sostiene un numero massimo di tre lavoratori per ciascuna cooperativa ammessa alla call riconoscendo un contributo una tantum pari a massimo 7.000 euro per persona svantaggiata assunta.

Per le persone svantaggiate già assunte nel corso dei 12 mesi precedenti la candidatura, il contributo sarà riconosciuto in un’unica soluzione al momento dell’ammissione alla call. Per le persone svantaggiate che saranno assunte nel corso dei 12 mesi successivi alla data della candidatura, il contributo sarà riconosciuto in due tranche: la prima all’inizio del percorso formativo di inserimento e la seconda tranche al momento dell’assunzione.

Il nostro Consorzio CGM, insieme a Idee in Rete e su incarico di Fondosviluppo, fornirà assistenza alle attività formative, accompagnamento e monitoraggio.

Le richieste possono essere presentate fino al 31 marzo 2025 mediante invio all’indirizzo mail fondosviluppo@confcooperative.it della documentazione disponibile alla pagina dedicata sul sito di Fondosviluppo: CLICCA QUI.

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Finanza News Welfare

Welfare aziendale, c’è la partnership tra CGMoving e Banca Etica

Importante collaborazione tra la nostra società strategica CGMoving e Banca Etica, per offrire servizi di welfare aziendale attraverso la piattaforma WelfareX a soci e clienti della Banca. L’1% dei ricavi derivanti dai contratti di welfare aziendale, o altri contratti di consulenza, sarà destinato ad un fondo di solidarietà a sostegno di realtà del terzo settore.

“Il welfare aziendale deve risultare un investimento vantaggioso sia per l’azienda, sia per i beneficiari”. Nelle scorse settimane è stata annunciata una importante collaborazione tra la nostra società strategica CGMoving e Banca Etica, per offrire servizi di welfare aziendale attraverso la piattaforma WelfareX a soci e clienti della Banca.

“Sempre più soci e clienti – è intervenuto Marco Grassi dell’Ufficio Consulenza Investimenti e Bancassicurazione di Banca Etica ad un recente convegno di WelfareX – ci chiedono servizi dedicati ai propri dipendenti. C’è un incremento di attenzione delle imprese rispetto al proprio capitale umano. Sempre di più, le buone conciliazioni vita-lavoro, come le buone assistenze e i buoni servizi per i dipendenti, sono diventati una cifra distintiva per attrarre nuove risorse e anche per trattenere quelle che ci sono già, laddove la leva della retribuzione non è sempre agibile”. 

A febbraio del 2023, dunque, Banca Etica ha avviato una ricerca tra i provider di piattaforme. “Avevamo bisogno di compagni di strada con cui intenderci su questo tipo di progettualità e abbiamo trovato CGMoving e WelfareX – ha continuato Marco Grassi – Per questo gli elementi caratterizzanti del rapporto con CGMoving per la promozione di WelfareX non sono tanto sui servizi di piattaforma, comunque interessanti e particolari rispetto ad altre piattaforme, ma sulla capacità di rendere fruibile il servizio anche a chi magari se lo sente lontano. Abbiamo lavorato affinché questa iniziativa non fosse possibile solo in presenza di premi da erogare, ma più in presenza di una diversa modalità di intendere il rapporto di lavoro con i propri dipendenti o collaboratori”. Per questo motivo, la proposta è stata diversificata su diversi livelli.

“Un altro aspetto interessante di questa partnership è che vi sarà la possibilità per i soci in rete di Banca Etica, ovvero le piccole imprese, le botteghe, gli artigiani e le cooperative che attraverso Banca Etica propongono prodotti e servizi a prezzi speciali, di essere anche loro sulla piattaforma WelfareX”, ha aggiunto Marco Grassi.

Un tema aggiuntivo in corso di sviluppo è quello della messa a disposizione in piattaforma da parte di Banca Etica di prodotti e servizi di educazione finanziaria o di prima facilitazione nell’accesso al credito o ancora di previdenza o di protezione salute. 

La partnership, inoltre, si fonda su un impegno condiviso: destinare l’1% dei ricavi derivanti dai contratti di welfare aziendale, o altri contratti di consulenza, a un fondo di solidarietà a sostegno di realtà del terzo settore.

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Formazione News Ricerca Welfare

Kids4Impact, misuriamo e valorizziamo le trasformazioni del welfare educativo

Un progetto sostenuto da Intesa Sanpaolo e Fondazione Cariplo, promosso dal Consorzio PAN, con il Consorzio CGM e Con.Opera come enti attuatori, e partner scientifico Fondazione Zanacan, per descrivere, quantificare e valorizzare i cambiamenti dei servizi educativi. 

Il welfare educativo sta vivendo un momento di forte trasformazione. Grazie alla crescita di finanziamenti mirati, ad esempio sulla povertà educativa minorile, e alle scelte strategiche e operative delle imprese sociali, l’offerta dei servizi si sta arricchendo, attingendo da ambiti non educativi in senso stretto (come quello culturale o artistico), i servizi per l’infanzia si stanno spostando anche all’interno di luoghi “non canonici” (ad esempio le esperienze in outdoor), c’è una migliore capacità di ingaggio delle comunità come attori educanti e un trasformazione digitale con l’avvento di piattaforme phygital.

Per descrivere, quantificare e valorizzare tutti questi cambiamenti, è nato il progetto “Kids4Impact”, sostenuto da Intesa Sanpaolo e Fondazione Cariplo, promosso dal Consorzio PAN, con il Consorzio CGM e Con.Opera come enti attuatori, e partner scientifico Fondazione Zanacan. Abbiamo coinvolto 16 cooperative e 59 servizi educativi. Ora, sulla base delle loro testimonianze e dei loro contributi, stiamo perfezionando un nuovo dispositivo orientato all’individuazione dell’impatto che renda visibili i risultati delle attività generate dai servizi educativi. 

Fondamentale l’individuazione di KPI diversificati sulle diverse aree in rispondenza dei diversi indicatori su: benessere dei bambini, impatto sulle famiglie, impatto nella comunità di riferimento, integrazione con altre aree/settori, produttività delle imprese, rete di partner/collaborazioni. Il modello individuato sarà poi sperimentato, coinvolgendo un gruppo di valutatori e attraverso la realizzazione di laboratori metodologici. Questo progetto ci permette, inoltre, di creare un centro di competenza, una comunità di pratiche che acquisisca le competenze per l’applicazione del dispositivo e che si autoalimenti attraverso il continuo confronto e scambio di buone pratiche. 

“Il valore di questo progetto per CGM – il commento di Simona Taraschi, responsabile della nostra Area educazione – sta nel fatto che ci ha permesso, da un lato, di confrontarci come imprese e di condividere le dimensioni specifiche dei servizi educativi che riteniamo imprescindibili per misurare il benessere di bambini, famiglie, educatori e il livello di coesione/inclusione e accoglienza all’interno del contesto in cui il servizio è inserito. Dall’altro lato, il progetto, giunto all’avvio della fase di sperimentazione, ci permetterà di riconoscere il valore dei servizi educativi attraverso gli esiti riscontrati non solo sui diretti fruitori, ma anche sulle comunità educanti e questo, mi auguro, possa agire da volano nella sensibilizzazione e nell’approccio culturale dell’intera comunità, soprattutto laddove gli obiettivi numerici sui servizi educativi fissati dall’UE sono ancora lontani dall’essere raggiunti”.

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Fili tesi, in un podcast trent’anni di risposte ai bisogni inascoltati

A trent’anni dalla nascita della cooperativa Spazio Aperto Servizi arriva “Fili Tesi”una serie audio di Chora Media che racconta le storie di chi grazie a questa cooperativa, ha trovato lavoro, una nuova famiglia, una casa o un ambiente autentico in cui esprimere la propria identità. Sullo sfondo, Milano e i suoi cambiamenti. 

30 anni. In un podcast. La nostra cooperativa socia Spazio Aperto Servizi di Milano ha celebrato i suoi 30 anni di attività, di risposte ai bisogni di tutte le persone nelle diverse fasi della loro vita, pubblicando con Chora Media ‘Fili tesi’, un podcast raccontato da Giuseppe Fiorello. Quattro episodi che intrecciano storie di chi grazie a Spazio Aperto Servizi, ha trovato lavoro, una nuova famiglia, una casa o un ambiente autentico in cui esprimere la propria identità. Sullo sfondo, Milano e i suoi cambiamenti. Il tutto, attraverso voci, testimonianze, letture del passato e del presente.

E allora c’è Marayah, giovane transgender fuggita dalle violenze familiari dopo un outing traumatico; Elisabetta, che, allontanata dalla madre naturale, ha scoperto una nuova famiglia e un ambiente sereno in cui crescere; e Manuela, mamma di Francesco, pioniera nella battaglia per l’autonomia delle persone con disabilità. Persone e famiglie spezzate e poi ricomposte, grazie ai fili tesi da chi ogni giorno sceglie di ascoltare le richieste d’aiuto di coloro che vengono ignorati.

“Il podcast – ha commentato Maria Grazia Campese, presidente di Spazio Aperto Servizi – è uno strumento potente che può arrivare a tutte e tutti, con un linguaggio forte non solo per “addetti ai lavori”. Abbiamo cercato di condensare in quattro puntate una storia corale di tanti anni e tante persone, questo racconto è solo rappresentativo di un legame profondo della nostra organizzazione con la città di Milano”, .

“Sono onorato di partecipare a questo progetto e orgoglioso di fare da tramite, grazie al mio mestiere, per raccontare storie che mettono al centro l’essere umano in tutta la sua complessità e fragilità – ha dichiarato Giuseppe Fiorello – “Fili Tesi” racconta anche il percorso formativo di un gruppo di ragazzi e ragazze che hanno donato il loro tempo, le loro forze e la loro visione a chi ne aveva fortemente bisogno. Sono sempre stato convinto che i visionari come loro, sono e saranno sempre necessari affinché la durezza della vita possa essere attraversata con più coraggio”.

“Questo anniversario speciale è un traguardo di cui essere fieri, ma al tempo stesso è un nuovo inizio, con nuove sfide e responsabilità”, la conclusione di Maria Grazia Campese.

“Fili Tesi” è sulle principali piattaforme audio:
Spreaker – ASCOLTA QUI
Spotify – ASCOLTA QUI
Apple Podcast – ASCOLTA QUI
Google Podcasts – ASCOLTA QUI

Un podcast di Chora Media, scritto da Antonella Serrecchia con il supporto redazionale di Valentina Piva e raccontato da Giuseppe Fiorello. Il fonico di studio è Lucrezia Marcelli. La post produzione e il montaggio sono di Francesco Ferrari di Frigo Studio. La supervisione del suono e della musica è di Luca Micheli. La senior producer è Anna Nenna. La cura editoriale è di Graziano Nani. 

Sopra la copertina del podcast. Nella foto in evidenza Giuseppe Fiorello, Maria Grazia Campese e Mario Calabrese di Chira Media (Ph. di Francesca Panaioli)

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Over65, un bilocale al Villaggio Novoli di Firenze “per non vivere da soli”

Villaggio Novoli è un progetto di senior housing promosso da Consorzio Fabrica e Consorzio Co&So. 37 appartenenti in un ex condominio per anni occupato abusivamente e ora completamente riqualificato per offrire una soluzione abitativa a misura di anziani con spazi comuni, attività di socializzazione, presidio educativo e servizi a richiesta come cure infermieristiche, pasti a domicilio, lavanderia e trasporti. 

Graziano ha 83 anni ed ha appena firmato il contratto di affitto per un bilocale al Villaggio Novoli, il progetto di senior housing promosso da Consorzio Fabrica e Consorzio Co&So a Firenze, nel quartiere Cinque. 37 appartenenti in un ex condominio per anni occupato abusivamente e ora completamente riqualificato per offrire una soluzione abitativa a misura di over65. Bilocali e trilocali indipendenti, senza barriere architettoniche, completamente ristrutturati e sicuri, con spazi comuni per attività di socializzazione, un operatore a disposizione in loco e servizi attivabili a richiesta, dalle cure infermieristiche, ai pasti a domicilio, alla lavanderia, fino ai trasporti. “Il progetto mi è piaciuto subito – il commento di GrazianoPotevo affittare una casa ‘normale’ ma sarei stato solo. Invece qui sono contento di abitare in un contesto con altre persone”. Per di più, in una zona molto appetibile. “Io ho lavorato in una vetreria qui vicino – racconta – Sono sempre stato appassionato di elettronica e in questo quartiere c’erano dei magazzini in cui venivo spesso. Poi adesso ci passa anche la tranvia quindi è anche ben collegata”. Graziano entrerà al Villaggio Novoli a marzo. La cucina è già installata, mentre si sta organizzando per il mobilio. “Non vedo l’ora – confessa – Ho già venduto la mia casa di proprietà dopo che mi sono separato dalla moglie e ora sto temporaneamente in albergo”.

Su 37 appartamenti sono già stati firmati 10 contratti di affitto e altri 7 sono in corso di discussione. “La risposta è stata buona – il commento di Lorenzo Terzani, presidente del Consorzio Fabrica – Questo è un progetto che è nato tempo fa per offrire servizi agli anziani, diversi rispetto a quelli tradizionali. Nel 2011 abbiamo anche fatto un’indagine di mercato, poi abbiamo fatto molta fatica a trovare la soluzione immobiliare giusta in un mercato, quello di Firenze, difficile. Alla fine, abbiamo avuto questa occasione e abbiamo investito, sfruttando anche il bonus 110. Ora siamo soddisfatti e speriamo che il progetto possa decollare”.

Il progetto è sostenuto da Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze che contribuisce ad abbassare gli affitti da 200 a 400 euro al mese in base al reddito dei residenti, e fa parte del più ampio ViviSmart, il sistema integrato di servizi per Over65 di Consorzio Co&So e Consorzio Fabrica. “Le persone o le coppie che desiderano abitare al Villaggio Novali hanno molte aspettative. Sono persone o nuclei molto soli e desiderano far parte di una rete per il loro ‘invecchiamento attivo’”.

Il Villaggio Novoli, proprio nell’ambito di ViviSmart, sarà anche punto di partenza per trasferire il modello del social housing a domicilio, coniugando tecnologia e presenza. “Partiremo con una sperimentazione su 50 anziani. Si tratta di un modello di presa in carico degli anziani innovativo che arriva a casa delle persone, una sorta di Villaggio virtuale di cura e di tecnologia”. Nel Villaggio Novoli, c’è anche spazio per il turismo over: non solo perché alcuni appartamenti potrebbero essere messi a disposizione di turisti anziani che visitano Firenze, ma perché da qui nasceranno proposte di pacchetti turistici e attività culturali a misura di anziano rispetto a confort, trasporti e salute.

“Il nostro obiettivo? – conclude Terzani – Fare in modo che gli anziani possano stare bene”. Ecco, a Villaggio Novali questo sarà possibile.

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Mariella e Emanuele: “Ora viviamo insieme e siamo felici”

Vi raccontiamo il percorso di autonomia abitativa (e non solo) di Mariella e Emanuele, realizzato con il supporto delle famiglie e della Cooperativa Esserci di Torino. “Il cruccio di molte famiglie è: cosa faranno i nostri ragazzi quando non ci saremo più? Occorre però cercare di lavorare non sul dopo di noi, ma sul durante noi”.

“Siamo felici”. Il succo della storia di Mariella e Emanuele, coppia protagonista di un percorso sull’abitare della Cooperativa Esserci di Torino, è in queste due parole. Lei ha 50 anni ed è originaria di Matera, trasferita a Torino nel 2000, dagli zii, dopo la morte di entrambi i genitori. Frequentatrice del gruppo Aladino, spazio per il tempo libero, gestito da una Associazione di volontariato in sinergia con la Cooperativa Esserci, dedicato alle persone con disabilità intellettiva e/o fisica che vogliono condividere attività e laboratori. “Ad Aladino ho conosciuto Emanuele, ma lui all’epoca stava con un’altra”, comincia Mariella. Proprio da Aladino comincia il percorso di autonomia di Mariella. Prima, con l’inserimento lavorativo in una scuola materna come addetta alle pulizie. Poi, con un progetto di palestra abitativa per imparare a vivere da sola. Così, Mariella, insieme ad altre persone con disabilità intellettiva, ogni settimana si allena a fare la spesa, cucinare, gestire i soldi, tenere in ordine la casa. Inizia a trascorrere qualche weekend fuori casa. “All’inizio avevo paura del cambiamento”, confessa. Il percorso di autonomia continua tra alti e bassi e per due anni Mariella torna ad abitare con gli zii. “Il cruccio di molte famiglie è: cosa faranno i nostri ragazzi quando non ci saremo più? – racconta Francesco Patrucco, coordinatore di Esserci – Noi però cerchiamo di lavorare non sul dopo di noi, ma sul durante noi, creando contesti e percorsi che siano vere e proprie palestre abitative, con il coinvolgimento indispensabile delle persone interessate, delle famiglie e della rete territoriale”.

Nel 2020 Mariella si rimette di nuovo in gioco in un nuovo progetto di autonomia, questa volta in un monolocale solo per lei all’interno del contesto di Housing&Co della Cooperativa. “I primi tempi è stata dura. Eravamo ancora in periodo di pandemia e soffrivo molto la solitudine, ma poi ce l’ho fatta”, commenta. Nel frattempo, Emanuele, nato e cresciuto a Torino, addetto alle pulizie, in casa con i genitori, lascia la compagna e comincia la storia con Mariella. Parte un progetto di vita di coppia che coinvolge i due fidanzati e le rispettive famiglie. Emanuele comincia a trascorrere qualche weekend nel monolocale. “Eravamo stretti, ma l’esperienza è andata bene”, dice lui. Dopo quattro mesi, i due si trasferiscono in un bilocale sempre nel contesto di housing sociale e iniziano a vivere insieme 7 giorni su 7. “La convivenza non è sempre facile. Vuol dire adattarsi alle esigenze dell’altro”, il commento di Mariella e Emanuele. L’anno scorso, i due fidanzati escono da Housing&Co e si trasferiscono in una casa di proprietà della nonna di Emanuele in attesa di finire i lavori nell’appartamento che i genitori gli hanno acquistato e di spostarsi lì definitivamente insieme a Mariella. “Poi basta traslochi”, scherzano i due.

“A chi desidera uscire di casa, diciamo provateci. Occorre avere il coraggio di giocarsela, anche affrontando dubbi e paure che nascono nelle persone coinvolte e nelle famiglie. Le nostre adesso sono contente e ci supportano. Andiamo sempre là a pranzo alla domenica…”. Anche se il percorso di autonomia di Mariella ed Emanuele ha raggiunto un livello avanzato, il lavoro della Cooperativa Esserci continua. “Proseguiamo a monitorare Mariella ed Emanuele e a tenere il rapporto con le famiglie – conclude Francesco – Come ho detto anche a loro, anche le persone più attrezzate possono vivere difficoltà nel gestire le relazioni di coppia, dunque occorre lavorare ancora. E’ come una pianta che deve continuare ad essere annaffiata, il giusto, né troppo, né troppo poco. Mariella ed Emanuele sono stati bravi a cogliere al volo il treno per l’autonomia, noi li abbiamo aiutati a stare bene, ad essere felici, ad avere una prospettiva. Questa è la più grande soddisfazione”. 


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Retribuzioni e ruolo, ecco perché non si trovano Oss e educatori

È in corso un profondo mutamento del mercato del lavoro, anche in ambito sociale. Ne abbiamo parlato con Stefano Granata, presidente della nostra società strategica Cooperjob, unica agenzia di lavoro in Italia partecipata al 100% da enti no profit, che da anni si occupa di lavoro con un focus sulle persone.

“Anche l’Atm di Milano, l’azienda di trasporti del capoluogo lombardo, cerca autisti ma non li trova, nonostante abbia anche offerto di sostenere come azienda il costo per le patenti”. Dal settore dei trasporti a quello socio-sanitario, nel pubblico come nel privato e per tutti i livelli contrattuali, stiamo assistendo ad un profondo mutamento del mercato del lavoro“Definirei la situazione liquida”, esordisce Stefano Granata, presidente della nostra società strategica Cooperjob, unica agenzia di lavoro in Italia partecipata al 100% da enti no profit, che – con sette filiali e tre sportelli in tutta Italia – da anni si occupa di lavoro con un focus sulle persone.

“Per molti anni in Italia – spiega Granata – c’è stata una certa concezione sociale del lavoro in base alla quale le persone si identificavano quasi interamente con la propria professione. Oggi non è più così e non sono solo le nuove generazioni ad avere un’impostazione differente. Il Covid ha accelerato questo cambiamento, ponendo altre priorità. Oggi i giovani, e non solo loro, dicono: ‘Il lavoro è parte della mia vita, non è la mia vita’. Con tutti i pro e i contro. “Il mondo lavorativo però non è preparato a questo mutamento epocale – continua il presidente – La domanda è più scarsa dell’offerta. Le aziende erano abituate a poter scegliere tra una vastità di candidati. Ora, non solo le aziende hanno un ventaglio ridotto di candidature, ma, quando individuano la persona, sono loro a sperare che dica di si e che rimanga. Questo anche con contratti a tempo indeterminato e anche nella pubblica amministrazione”. I motivi? “Si guarda molto alla crescita professionale, oltre che a quella economica, alla diversificazione delle esperienze e alla qualità della vita extralavorativa, continua Stefano Granata. 

Nel mondo cooperativo la situazione non cambia (anzi) e c’è una complicazione in più: la progressiva svalutazione delle professionalità in ambito socio-sanitario. “Non è un caso che sempre più spesso non si trovino infermieri e nemmeno educatori, che ci siano sempre meno iscritti ai corsi universitari socio-sanitari, che si stia verificando una migrazione dei lavoratori sociali in altri settori – dice il presidente di Cooperjob – Negli anni il mondo cooperativo ha insistito molto sulla leva motivazionale e meno sulla leva economica. Ora, occorre lavorare di più su due aspetti: quello salariale, aumentando le retribuzioni (ed è uno sforzo che si sta facendo in sede di rinnovo del Contratto collettivo); e quello culturale, rivendicando il ruolo fondamentale dell’operatore socio-sanitario”.

In questa “situazione liquida” dove, per dare l’idea si stimano, solo in Piemonte, 5.000 operatori socio sanitari (Oss) in meno rispetto alla domanda* e dove l’indice nazionale di attrattività della Laurea per diventare educatori professionali è allo 0,78%**, Cooperjob lavora mettendo al centro le persone e i territori. “Da una parte – spiega Stefano Granata – insistiamo con le imprese per un investimento maggiore sulle risorse umane, a livello retributivo, ma anche di welfare aziendale, di orari, di smart working; dall’altra lavoriamo alle connessioni con i territori che conoscono contesti e persone, anche aprendo sportelli e filiali in luoghi di comunità, come la Polveriera di Reggio Emilia o Cascina Oremo di Biella. Così riusciamo ad avere un approccio al lavoro differente, anche per tempi e per visibilità”. Una sfida ambiziosa per la nostra società strategica che ha recentemente inaugurato tre nuovi sportelli, sta seguendo l’avvio di due nuovi a Milano e sta lavorando per incrementare l’attività nel Mezzogiorno. “Facciamo come dovrebbero fare tutte le imprese: guardiamo sempre avanti – conclude Stefano Granata – Già, perché l’impresa, e l’impresa sociale soprattutto, non produce ricchezza solo per il fatto di creare occupazione, ma se crea buona occupazione produce benessere per la comunità e genera cambiamenti e opportunità sui territori, per tutte le persone”. 

*fonte Api Sanità e Confapi Sanità (luglio 2023)
**rapporto Maestrillo/Bevacqua/Cenerelli riportato da Vita.it (novembre 2023)

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Altro che greenwashing. Imprese sociali e sostenibilità

“Siamo già per nostra natura la ’S’ degli SDGs, gli Obiettivi per lo Sviluppo sostenibile. La sfida è vivere quella ‘S’ con più profondità e innovazione, di essere, a partire dal nostro DNA, il motore del cambiamento“.

Andrea Ripamonti è consigliere del nostro consorzio CGM con delega alla sostenibilità. Con lui abbiamo affrontato il tema della sostenibilità ambientale ed energetica (e non solo), uno dei nostri filoni core su cui a breve potremo condividere importanti novità.

Ma partiamo dal principio: perché una organizzazione di terzo livello come CGM si occupa di questo tema?

“Perché la sostenibilità non è solo un main stream – esordisce Ripamonti – ma è elemento di vera trasformazione e come CGM , come accaduto su altri temi, stimoliamo e accompagniamo il cambiamento, facendo cultura, intercettando grossi player e lavorando sulla programmazione politica, a livello nazionale ed europeo”. Certo, la trasformazione è già nel mercato. “Gli studi – continua il nostro consigliere – ci dicono che il 44%* delle persone è disposto a spendere di più per prodotti ecosostenibili. Il mercato quindi si sta spostando sulla sostenibilità. L’obiettivo è che venga interpretata non come greenwashing, come etichetta, ma come creazione di ecosistemi realmente sostenibili, con impatti sulla comunità. In questo le imprese sociali possono e devono giocare un ruolo da protagoniste”.

In diversi ambiti: dalle forniture agli accordi di programma, dalla governance alla contaminazione con mondi diversi, dalla crescita di competenze al rapporto con le università. Con un focus sulle CER, le comunità energetiche rinnovabili.

“La questione energetica è solo una parte delle CER, piccole e grandi  – spiega Ripamonti – Dentro, c’è tutto l’impatto sociale per cui le nostre cooperative sono forti a livello di servizi, di politiche attive del lavoro, di politiche territoriali. Per questo le CER sono un’occasione per il terzo settore per interpretare la rivoluzione sostenibile”. 

E se nel panorama delle cooperative ci sono già molte realtà che sulla sostenibilità energetica, e non solo, stanno facendo la differenza (60 quelle che come CGM stiamo seguendo sulla transizione verde), ci sono due limiti da superare: il primo legato alla burocrazia (“Una criticità generale che ingabbia le cooperative e non solo in regole complesse e tempi biblici che si traducono in costi e inefficienza”), il secondo più culturale.

“Le imprese sociali – conclude Ripamonti – devono uscire dalla zona di comfort. Su questo come CGM possiamo fare molto, sia sensibilizzando le nostre organizzazioni rispetto alle direzioni del mercato, sia lavorando per orientarlo questo mercato. Un esempio: i criteri ecologici verranno introdotti sempre di più nelle gare dei nostri servizi, anche le grandi imprese si stanno orientando verso fornitori etici, ma le nostre realtà sociali sono pronte?”. 

La risposta deve essere positiva ed è da costruire insieme. 

*Fonte: EY Future Consumer Index, October 2022

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“Il trauma ha una coda lunga.” Da Forlì il racconto di Veronica Tedesco ancora sfollata

“In strada, coperti dal fango, c’erano i sacrifici e ricordi di una vita. È stata dura accettare di aver perso tutto. E ancora oggi non solo non siamo rientrati nella nostra casa ma fatichiamo a reggere la quotidianità. Il trauma ha una coda lunga”.

Veronica Tedesco lavora come educatrice al centro educativo San Paolo di Forlì per la Cooperativa Paolo Babini e si occupa di minori in situazione di disagio e delle loro famiglie. 

Da circa un mese con il suo compagno aveva acquistato il piano terra di una casa nel quartiere S. Benedetto, quando quella sera del 16 maggio in pochi minuti l’acqua è arrivata ad un metro e dieci di altezza. La paura, l’ultimo tentativo di salvare qualcosa, la fuga dai vicini al piano superiore con il bimbo di due anni e uno zainetto. Poi il fango e il silenzio, surreale, interrotto solo dal rumore degli elicotteri. 

“Dopo quattro giorni, abbiamo riaperto la porta di casa e abbiamo visto la distruzione. Abbiamo pensato di non farcela, io ho pianto”, dice Veronica. Senso di impotenza e angoscia, ma anche tanta solidarietà. “In quei giorni mi voltavo – racconta – e vedevo amici, parenti e colleghi che erano venuti ad aiutarci. Ero vuota dentro ma attonita da questa energia. Non finirò mai di ringraziare la mia cooperativa che ha deciso di vivere anche con noi operatori, quei valori che ogni giorno portiamo all’esterno. Non ci siamo sentiti soli e siamo grati per questo”. 

A tre mesi di distanza, però, Veronica e la sua famiglia non sono ancora tornati a casa. Vivono in un appartamento al Villaggio Mafalda della Cooperativa Babini, in attesa di fare i lavori per rendere di nuovo agibile la loro abitazione. Nel frattempo, il centro educativo San Paolo ha riaperto, lei e il compagno sono tornati a lavorare e il bambino ha ripreso ad andare all’asilo. “Ma arrivare a sera è difficile – confessa – Ci sentiamo ancora accampati e non vediamo l’ora, per noi e per il nostro bimbo, di recuperare un po’ di serenità. Ma ci vorrà tempo”.
I problemi sono tanti, la ripartenza è purtroppo è ancora lontana. Solo a Forlì sono ancora migliaia i nuclei sfollati, ci sono danni agli edifici e agli impianti fognari, non si trovano più auto usate disponibili, le strade non sono ancora state completamente ripristinate, molte imprese soprattutto agroalimentari non riapriranno più. “Gli aiuti che abbiamo raccolto e che ancora raccogliamo – descrive Marco Conti, presidente di Consorzio di Solidarietà Sociale di Forlì – li abbiamo dedicati prima all’accoglienza degli sfollati, innanzitutto nostri operatori, e ora li impieghiamo per far rientrare al più presto le famiglie nelle proprie case. In più, come cooperative, abbiamo implementato i servizi rivolti a minori e anziani in particolare, per dare una mano alle famiglie nella loro gestione durante la fase di ‘ricostruzione’, e abbiamo avviato un’attività di supporto psicologico a chi ha subito il trauma dell’alluvione. La situazione è ancora pesante, gli aiuti nazionali non sono ancora arrivati e abbiamo bisogno di mantenere alta l’attenzione”. Insieme alla speranza e alla solidarietà. 

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Social innovation: “Ecco come cogliere l’opportunità del cambiamento”

Un creativo per formazione e per natura che ha sposato la causa dell’innovazione, purché sia equa, giusta e inclusiva. Un imprenditore che persegue i valori del welfare e punta all’impatto sociale. E che invita le imprese sociali ad “uscire dalla comfort zone, affrontando in maniera consapevole la transizione digitale ed ecologica”.  

Lui è Gennaro Di Cello, formazione umanistica, impegnato da sempre nella creazione e progettazione di infrastrutture sociali e culturali nel Sud Italia, negli ambiti della cultura, della didattica, dell’innovazione sociale e tecnologica. Dal 2014 vicepresidente di Entopan provider che ha promosso l’ecosistema dell’innovazione armonica, una delle più grandi piattaforme per l’innovazione del Mezzogiorno, che agisce in una prospettiva euro-mediterranea ed euro-atlantica. L’ecosistema da anni è impegnato nella realizzazione di una filiera dell’innovazione integrata, di cui Entopan Innovation è incubatore, acceleratore e hub di open innovation che cura percorsi di accompagnamento per startup, imprese e organizzazioni sociali, adottando approcci, criteri, metodologie che si prefiggono la generazione di impatti sociali, culturali, ambientali positivi nei territori e nelle comunità. Da ottobre 2022, Entopan Innovation gestisce, insieme a Fondazione Giacomo Brodolini, il primo Italian Innovation and Culture Hub a San Francisco, una iniziativa strategica pluriennale del governo Italiano per la promozione dell’innovazione dell’Italia negli Stati Uniti.

Con Entopan Innovation abbiamo recentemente promosso e lanciato Human Tech, un programma condotto in collaborazione con CGM Finance e Sefea Impact, che ha l’obiettivo di accompagnare le imprese sociali nei processi di transizione digitale ed ecologia. “Abbiamo selezionato 4 imprese sociali per realizzare una fase pilota da far crescere nei prossimi anni – afferma Di Cello – Un’analisi inziale dei fabbisogni, cui seguirà un momento di co-design partecipato dai team delle organizzazioni coinvolte, consentirà di individuare gli ambiti su cui lavorare, realizzando dei piani di innovazione. Si tratta di un percorso graduale che necessità di tempi di maturazione. Human Tech si pone in ascolto delle imprese sociali utilizzando il digitale e le nuove tecnologie come una leva per arricchire e sprigionare il potenziale connesso alle organizzazioni. Si tratta di un percorso e di un programma che si alimentano di scoperte, del continuo superamento di ostacoli e difficoltà. In tal senso, il programma e i suoi risultati, potranno essere utili non solo per la rete CGM ma anche per il più ampio contesto della cooperazione sociale in Italia.”  Già, perché l’innovazione armonica, quella che mette al centro l’uomo, la comunità, l’ambiente, conduce a risultati generativi e trasformativi per l’organizzazione che la persegue, per i suoi utenti e per l’intero ecosistema territoriale in cui è inserita.

Pandhora, startup innovativa, specializzata nella progettazione, realizzazione e distribuzione di dispositivi nel settore delle Top Quality Wheelchair, è un esempio di innovazione tecnologica al servizio delle persone.  “Il team è partito da zero, grazie alla call “Innovare in Rete”, promossa insieme a Banca Etica – spiega il vicepresidente di Entopan – e migliorando un prodotto non soggetto nel tempo a grandi innovazioni, la carrozzina per le persone disabili, hanno maturato un’esperienza e una capacità di innovare straordinaria, anche considerando che l’Italia sconta un forte ritardo nelle procedure di brevettazione. Pandhora è un esempio in controtendenza. Ad oggi il team ha registrato poco meno di 30 brevetti nel settore medicale e dei dispositivi dedicati alla cura delle persone, attivando collaborazioni importanti con player internazionali”. 

“L’innovazione – conclude Gennaro Di Cello – è una grande opportunità che produrrà effetti positivi, soprattutto in termini di sostenibilità. Anche il Terzo Settore deve diventare protagonista delle transizioni in corso, gestendone e governandone i processi, piuttosto che subirli. Molte corporate, anche grazie al digitale si stanno organizzando per dare risposte ai loro utenti, includendo nelle loro strategie di sostenibilità sempre più azioni di corporate social innovation ovvero interventi a favore degli stakeholders territoriali, che spesso adottano temi e pratiche tipicamente associati al vocabolario del settore sociale. Il Terzo Settore deve avviare un dialogo e un confronto con il mondo profit, quello orientato a realizzare una sostenibilità autentica e integrale, e assumersi la responsabilità di agire il cambiamento. Human Tech può dare un piccolo contributo per sostenere la creazione di progetti di senso, supportando quelle organizzazioni che desiderano intraprendere un percorso di rinnovamento, rispondendo in modo nuovo, con spirito e strumenti nuovi, ai bisogni delle persone”.