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Alla CER di Biella si viaggia in elettrico: il community car sharing è sostenibile

In una delle 14 CER che stiamo creando in tutta Italia con Fratello Sole, la Oremo Energia Solidale di Biella, i membri hanno deciso di adottare un car sharing full-electric per i propri spostamenti, dando un ulteriore contributo in termini di sostenibilità alle attività della Comunità energetica.

Presso la sede di Cascina Oremo a Biella, è stata presentata nei giorni scorsi la nuova partnership tra Elettra Car Sharing, società del Gruppo Duferco e Oremo Energia Solidale, la comunità energetica rinnovabile di Biella, che coniuga energia condivisa e sviluppo locale rendendo enti del settore not-for-profit, cittadine e cittadini, istituzioni e imprese promotori e protagonisti attivi della comunità.

Oremo Energia Solidale è la prima di 14 comunità energetiche che Fratello Sole e CGM stanno creando in tutta Italia, attraverso la società EpC – Energie per Comunità. La CERS di Biella, che produce la propria energia grazie ad un impianto fotovoltaico da 300 kW, eviterà l’emissione in atmosfera di 196,09 tonnellate di CO2 in atmosfera all’anno, pari all’assorbimento di oltre 1000 alberi.

Da oggi, Oremo Energia Solidale ha scelto Elettra, il Car Sharing 100% elettrico di Duferco Energia – “Green Mobility Partner” di EpC – per avere un’auto full-electric a disposizione dei membri della Comunità energetica. L’accordo prevede l’introduzione dei servizi per la mobilità forniti da Elettra Car Sharing con il conseguente ingresso nella flotta della CERS di un’auto full-electric in condivisione tra tutte le realtà che fanno parte della Comunità. La vettura permetterà di effettuare gli spostamenti in maniera assolutamente priva di emissioni carboniche dando un ulteriore contributo in termini di sostenibilità alle attività della Comunità energetica.

L’obiettivo è quello di ottimizzare i servizi della CERS attraverso una gestione degli spostamenti più smart e attenta all’ambiente: un modo per contribuire a un territorio più green e ridurre il traffico.

“Questa iniziativa si inserisce nelle attività sperimentali che stiamo conducendo attraverso la nostra CERS – ha dichiarato Enrico Pesce, Presidente della CERS Oremo Energia Solidale – Il community carsharing rappresenta un processo di condivisione diffusa e responsabile di un’auto di comunità, e nei prossimi mesi analizzeremo come questo modello possa essere economicamente sostenibile, contribuendo a risolvere alcune problematiche di mobilità del territorio. Inoltre, la possibilità di rilasciare certificazioni di carbon footprint e di impatto sociale apre interessanti prospettive in ambito aziendale, rispondendo alle esigenze dettate dagli ESG. Stiamo anche lavorando con Città Studi Biella per progettare un servizio di community carsharing dedicato alla realtà universitaria. Quello di oggi rappresenta un primo passo che auspichiamo possa aprire nuove opportunità di sviluppo per il nostro territorio”.

“Elettra Car Sharing promuove un modello di mobilità urbana sostenibile, condivisa e innovativa – commenta, Marco Castagna, Amministratore Delegato di Elettra Car Sharing e Presidente di Duferco Energia. – La modalità di Corporate Car Sharing, che consente a realtà di ogni tipo di sostituire totalmente o in parte le proprie flotte con le auto 100% elettriche di Elettra, sta diventando sempre più richiesta anche nel terzo settore. Siamo davvero felici di poter dare il nostro contributo all’attività della Comunità Energetica Rinnovabile Oremo Energia Solidale attraverso un progetto che consentirà di ridurre l’impatto ambientale anche degli spostamenti delle persone collegate alla CERS”.

“Ricordiamo – continua Marco Silvestri, Direttore di Elettra Car Sharing – che utilizzare servizi di sharing mobility full electric per i propri spostamenti non significa solo un prezioso contributo alla riduzione di CO2 (circa una tonnellata all’anno per un utilizzo medio di una vettura per Cascina Oremo) ma anche un efficientamento prezioso sulla flotta”.

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Inclusi, il podcast con Rossella Pivanti: “Il microfono una finestra sull’inclusione”

Cinque puntate. Cinque storie inclusive. “Storie di ogni giorno, storie di tutti, storie di impegno per un mondo sempre più simile a ognuno di noi”. All’interno del progetto nazionale “Inclusi. Dalla scuola alla vita. Andata e ritorno” coordinato dal nostro socio Consorzio Consolida con 50 partner tra Trentino, Lombardia, Campania, Marche e Lazio, è stato realizzato un podcast sull’inclusione di bambini e ragazzi con disabilità e bisogni educativi speciali. Lo ha condotto Rossella Pivanti, branded podcaster producer. L’abbiamo intervistata.

Ciao Rossella, raccontaci chi sei e cosa fai? 

Sono Rossella Pivanti e sono audio producer specializzata in podcast. Il mio lavoro consiste nello sviluppare progetti podcast e digital audio dall’inizio alla fine. Lavoro sia per grandi aziende e multinazionali che con enti del terzo settore. Recentemente ho fondato, con la mia socia, l’etichetta indipendente Baby Hurricane per produrre le migliori storie sconosciute e indipendenti, ma con la qualità delle più grandi produzioni.

Come sei arrivata a fare questo lavoro?

Ho iniziato come sceneggiatrice freelance dopo l’Università per approdare in radio come programmatrice a tempo pieno. Dopo 7 anni di radio ho deciso di aprire uno studio di registrazione e dal 2017 mi occupo esclusivamente di podcast.

Ad oggi in Italia il fenomeno del podcast ha raggiunto 12 milioni di ascoltatori (il 39% della popolazione) – dati IPSOS 2024. Cosa offre in più questo contenuto rispetto ad altri per comunicare in maniera efficace? 

Il podcast, più di ogni altro mezzo, crea relazione. La base su cui si fondano le relazioni sono il tempo e la fiducia. Il podcast permette di avere dei tempi più dilatati rispetto a Instagram o altre piattaforme. L’ascolto medio in Italia è di 40 minuti (IPSOS 2024) arrivando anche a picchi di ascolto medio anche di 2 ore giornaliere. Questo perché, a differenza degli altre media, non si impone sulle nostre attività ma le accompagna. Possiamo continuare a fare ciò che stavamo facendo mentre ascoltiamo un podcast, anzi, diventa tutto più piacevole. La fiducia è alla base della costruzione di relazioni sane e durature e il podcast è il mezzo che più di tutti è considerato affidabile e sincero.

All’interno del progetto “Inclusi” ti sei occupata di girare tutta l’Italia e hai raccontato diverse storie tutte diverse tra loro, secondo te cosa accomuna tutti questi racconti? 

Le storie, le testimonianze e i racconti raccolti per la serie podcast “Inclusi” hanno in comune il fatto di non appartenere al mainstream: difficilmente in televisione o negli altre media sentiamo queste storie. Sono storie grandi, nel loro essere “piccole” e con un impatto profondo, ma che non trova spazio nell’agenda dei media, perchè spesso sono storie “scomode”, che hanno bisogno di tempo, cura e attenzione e questa serie podcast ha reso loro giustizia.

I nostri protagonisti molte volte fanno fatica a raccontarsi, tu come ci sei riuscita? 

C’erano persone con fragilità che hanno trovato il proprio modo di esprimersi, a volte con frasi più brevi, a volte un po’ più sconnesse, ma che, al di là della forma, permettevano di comprendere lo sforzo che queste persone facevano per connettersi con l’ascoltatore. Il microfono è una finestra e dalla finestra si possono mostrare tante cose e così è stato per tanti di loro. C’è chi aveva difficoltà, c’è chi era esuberante e chi inizialmente era timido. Tutte queste persone hanno trovato il proprio registro e il proprio modo di esprimersi senza essere forzate ad aderire a canoni di comunicazione standard che li vorrebbe sempre perfetti e performanti.

Come si fa a raccontare storie cosi delicate, intime senza invadere la privacy?

Per prima cosa bisogna mettersi in silenzio e in ascolto. Quando mi avvicino a storie così delicate, non ho nessun tipo di preconcetto o pregiudizio: non mi pongo il problema della forma o di giudicare se quello che dicono sia giusto o sbagliato. La storia è la loro e solo loro sanno cosa vogliono dire e come. E’ molto importante che la persona che parla al microfono comprenda poi che quel contenuto sarà diffuso in rete perchè tante volte si crea una confidenza tale per cui le persone raccontano anche “di più” di quanto non farebbero normalmente. E’ il mio compito quello di far comprendere che quel contenuto sarà diffuso ed essere certa che loro comprendano. Troppe volte ascolto podcast in cui viene detto, anche velatamente, all’ascoltatore cosa deve pensare su quell’argomento. Io invece voglio che la storia e chi la racconta parlino per loro stessi. Non dobbiamo essere noi narratori a dire al pubblico cosa pensare, se le voci sono sincere e il contenuto è vero. Dall’altro, come dicevo prima, è fondamentale tutelare chi mi concede il lusso della propria storia, facendo comprendere dove e come quella storia sarà diffusa.

Ci lasci tre consigli su come noi che lavoriamo nella cooperazione possiamo fare buon uso di questo strumento? 

Con piacere. Non fatevi problemi, che l’ascoltatore non si farà! Troppe volte si pensa che le nostre storie non interessino a nessuno o che, peggio, non abbiamo nulla da raccontare. La cooperazione è fatta di storie che riguardano tutti e tutte noi. Tiratele fuori! Ci sono progetti per tutti i budge. Capisco che il tema del budget nel terzo settore sia ancora più delicato che altre situazioni private o commerciali. Ma tutti i progetti possono essere modulati sulla base di ciò che si vuole e si può anche produrre qualcosa internamente, a costi molto bassi, se lo si desidera. Non fatevi fermare da questo aspetto. Questo è il momento giusto! I podcast stanno vivendo un grande boom e questo è il momento giusto per comunicare con questo mezzo che più di altri ci permette di andare al di là delle logiche social che relegano sempre i nostri contenuti a foto shock e video da 15 secondi, che purtroppo portano a tante storture nella percezione del terzo settore e della sua utenza. Questo è il momento storico in cui le persone si stanno abituando a vivere le storie con più calma, a fruirle con l’attenzione che meritano e sarebbe un peccato farselo sfuggire.

Il progetto Inclusi è selezionato da Impresa sociale Con i bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile.

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Una pizzeria e un chiosco sull’Etna. La ristorazione inclusiva e sostenibile di Sustanza

Caso studio al Social Interprise Open Camp 2024, vi presentiamo l’impresa sociale Sustanza, fondata nel 2019 da nostro socio Consorzio Il Nodo. Con un ristorante ad Acireale e un punto ristoro sull’Etna, Sustanza sta contribuendo a rivoluzionare il concetto di ristorazione, trasformando il cibo in un potente strumento di inclusione sociale e sostenibilità. Ne abbiamo parlato con Irene Tribulato, referente Settore Progettazione e Sviluppo de Il Nodo.

Da dove nasce il progetto Sustanza?
L’impresa sociale “Sustanza” nasce nel 2019, dall’esperienza di cooperazione sociale del Consorzio di cooperative sociali “Il Nodo”, operante a Catania e Acireale dal 2000, in particolare con la gestione di servizi di I e II accoglienza di stranieri adulti e MSNA. Sustanza nasce dal desiderio di creare un’opportunità concreta di riscatto del territorio e delle persone, l’impresa sociale vista come strumento per realizzare sogni e progetti con l’intenzione di farlo nel nostro territorio, in Sicilia, a Catania.

Dall’analisi di domanda e offerta di lavoro, “Sustanza” decide di puntare al settore ristorativo. Il Consorzio “Il nodo” decide di sostenere direttamente l’impresa rilevando la pizzeria di Acireale Cantine Di Loreto, con l’impegno di sostenere il mutuo, affidando a “Sustanza” la gestione del ristorante e la costruzione della visione imprenditoriale. Questa visione consiste nel combinare la tradizione culinaria del territorio e il rispetto dell’ambiente, con un impegno
concreto e duraturo per l’inclusione sociale dei giovani e la sostenibilità.

Quanti giovani riuscite ad integrare in questo progetto e da dove vengono?
Nel 2020 i ragazzi impiegati nella pizzeria erano 5. Oggi sono 18, di cui due in tirocinio formativo, tutti gli altri con regolare contratto. I ragazzi provengono dall’Egitto, dalla Tunisia, dal Senegal, dal Gambia, dal Bangladesh, dalla Romania, 4 sono italiani provenienti da contesti vulnerabili e 1 viene dal Bangladesh, ma è uno straniero di II generazione. Si lavora in un contesto che mette insieme lingue e culture diverse tra loro, ma questo percorso ci insegna che trovare un linguaggio comune è possibile. I nostri ragazzi investono sul loro futuro, si impegnano e grazie al contratto di lavoro possono realizzare il loro progetto di autonomia.

Il valore aggiunto di questo progetto?
Sicuramente quello di creare posti di lavoro e un’opportunità di crescita professionale e personale attraverso la formazione e l’integrazione lavorativa dei giovani, in particolare migranti o provenienti da contesti vulnerabili. L’attività avviata da “sustanza” rappresenta un modello di come l’impresa sociale possa diventare strumento di inclusione, la storia in comune con il consorzio e Il Nodo ci mostra come strutture cooperative che ci sembrano superate possano diventare risorsa e non ostacolo.

Ma non solo questo, “sustanza” si propone di veicolare un modo antico dello stare a tavola, della convivialità del pasto. Un modo legato alla tradizione, al legame col territorio, alle stagioni e ai rituali della terra. Tutte le materie prime provengono da piccole aziende locali e familiari: macellerie, caseifici, apicoltori e produttori di farine, sono persone, sono storie che fanno parte di questo progetto.

Quale futuro per Sustanza?

Sustanza è solo all’inizio! Oltre alla pizzeria Cantine Di Loreto, dal 2024 “sustanza” gestisce anche un punto ristoro all’interno del parco dell’Etna, Casa della Capinera, un luogo di pace, di riscoperta, di tutela dell’ambiente, dove le vibrazioni del legame tra uomo e natura si fanno sentire ancora più forti, anche a tavola.

Con la cooperativa sociale Il Nodo quali altri progetti state portando avanti?
Tanti sono i progetti in cantiere: la realizzazione di un locale estivo, gestito da giovani donne del Mediterraneo per l’appunto, che punti alla realizzazione di eventi culturali con l’obiettivo di veicolare questa nuova sfida culturale. Un luogo in cui mantenere il legame con la cucina tradizionale, contaminandola e in cui fare esperienze che ti portino a stimolare un modo comune e nuovo di vedere il mondo. E ancora, l’idea di realizzare una comunità energetica per creare valore, ricchezza e sostenibilità nel territorio in cui insiste il ristorante Cantine di Loreto.

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Open innovation: imprese sociali attrezzate per la ‘impact economy’

Una percentuale piuttosto contenuta – 8,3% – di soggetti nonprofit dichiara di fare innovazione sociale. Tra questi si nota la presenza consistente di organizzazioni strutturate e di medio – lungo corso come le cooperative sociali. Per l’innovazione aperta la sfida posta da questi trend è chiara: avere imprese sociali attrezzate in termini organizzativi e di prodotti e servizi innovativi capaci di operare all’interno della “impact economy”. Il nostro programma Human tech, condotto con Entopan Innovation, ha proprio questo scopo. Ecco l’articolo di Flaviano Zandonai, nostro esperto di Open Innovation.

Alle recenti Giornate di Bertinoro per l’economia civile sono stati presentati alcuni dati “certificati” da fonti autorevoli come Istat e Unioncamere. Sono statistiche che chiamano in causa anche l’open innovation sulla quale stiamo investendo ormai da qualche anno, sia come pratica che come cultura organizzativa della rete CGM, così come ribadito nella “Bussola”, il nostro nuovo piano strategico. Il primo dato riguarda il numero di soggetti nonprofit che dichiara di fare innovazione sociale: si tratta di una percentuale piuttosto contenuta – 8,3% – dove però si nota una presenza un po’ più consistente di organizzazioni più strutturate e di medio – lungo corso come le cooperative sociali. Quasi a rafforzare questa tendenza c’è un altro dato – piuttosto critico – che riguarda la “denatalità” del comparto cooperativo, anche di quello sociale (-5,6% nel biennio 2021-2022). E’ vero che crescono fatturato e occupazione, segno di una progressiva strutturazione grazie a fusioni e aggregazioni, però manca il ricambio in entrata, fatto di startup capaci di esplorare nuovi settori.

Per l’innovazione aperta la sfida posta da questi trend è chiara: alzare il ritmo dei suoi processi, allargando il suo funnel e infrastrutturando il suo workflow. Perché sappiamo bene che senza la giusta cadenza è difficile “portare in goal” percorsi di innovazione, a maggior ragione se coinvolgono, in modo intenzionale, attori diversi. Nel caso di un’innovazione aperta che persegue obiettivi sociali e di natura trasformativa questi due capisaldi devono essere in parte ripensati, ed è quello che stiamo facendo con Human Tech, il nostro programma di open innovation concepito e gestito con Entopan Innovation

Rispetto al funnel – l’imbuto a cui far accedere imprese sociali desiderose di individuare nuovi partner per le loro innovazioni – cerchiamo di fare in modo che sia popolato da soggetti il più possibile consapevoli ed attrezzati per sostenere il percorso. Ecco quindi che abbiamo costruito una fase di assessment tagliata su misura, con l’obiettivo di comprendere a quale innovazione le imprese sociali aspirano ma che sia al tempo stesso praticabile. Senza questo passaggio fatto di visione e pragmatismo è facile perdersi lungo un percorso che è articolato e complesso. La valutazione organizzativa è anche un primo risultato del percorso di Human Tech. Alle imprese sociali che partecipano viene infatti restituito un report sulla loro prontezza verso l’innovazione che può essere speso anche in altri contesti (bandi, progetti, investimenti).

E dopo l’assessment cosa prevede il flusso di lavoro? Un’enfasi molto spinta sulla coprogettazione (codesign) dell’innovazione, identificando sia la sfida (innovation challenge) che le prime soluzioni in termini di idee e prototipi di prodotti e servizi, ma anche di nuovi assetti produttivi e di governance. Un’attività, accompagnata anche questa dal nostro team, che consente di riaprire il dialogo con gli stakeholder dell’impresa sociale, sia interni (a cominciare dai lavoratori come nuova pratica di hr management) che esterni (fornitori, partner, finanziatori, comunità locali, ecc.).

Tutto questo con la prospettiva di un “next step” finalizzato a un vero e proprio investimento, magari attraverso startup davvero innovative, grazie ai partner CGM Finance e Sefea. L’obiettivo è avere imprese sociali attrezzate in termini organizzativi e di prodotti e servizi innovativi capaci di operare all’interno di una “impact economy” che si sta progressivamente strutturando grazie anche a imprese corporate, provider tecnologici, ecosistemi d’innovazione. Su quest’ultimo passaggio ci saranno novità a breve. Seguiteci quindi e per maggior info non esitate a contattarci.

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INCLUSI: la due giorni dedicata all’inclusione tra scuola e territorio

Il 25 e il 26 ottobre tappa finale a Trento del progetto nazionale con 50 partner coordinato dal Consorzio Consolida. Il venerdì, laboratori, attività sportive, incontri che coinvolgeranno tutti i 400 studenti della scuola Bresadola dell’Istituto Trento 5, mentre il sabato seminari, laboratori e presentazioni sono dedicati a tutti i docenti e educatori del primo ciclo.

Per quattro anni il progetto “INCLUSI. Dalla scuola alla vita, andata e ritorno” ha attraversato l’Italia da sud a nord, da est a ovest; ha abitato e animato spazi (scuole, palestre e stadi, centri educativi e ludoteche, atelier, parchi e piazze) dove crescono bambini e ragazzi, provando a renderli luoghi di vita per tutti. Dopo questo lungo percorso, il 25 e il 26 ottobre, il progetto giunge a Trento con molte proposte formative e interattive dedicate a studentesse e studenti della scuola media G. Bresadola e agli insegnanti e professionisti del mondo educativo. Il progetto, selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto delle povertà educative, segna la fine di un viaggio, coordinato dal consorzio Consolida e che coinvolto 50 partner provenienti da cinque regioni italiane (Trentino, Lombardia, Marche, Lazio e Campania), tra cui anche Federazione trentina della Cooperazione e alcune cooperative sociali trentine.

Con la convinzione che educazione e inclusione siano una responsabilità collettiva, cooperative sociali, fondazioni, associazioni hanno creato opportunità di crescita, formazione e partecipazione per più di 1000 bambini e ragazzi, di cui quasi la metà con fragilità e bisogni educativi speciali, promuovendo un ambiente in cui ogni individuo possa sviluppare il proprio potenziale. Avviato nel 2020 il progetto ha generato una sinergia importante tra istituzioni educative e altre agenzie formative, portando all’organizzazione di questo evento finale come momento di restituzione degli apprendimenti e delle innovazioni sviluppate.

Il programma

La mattinata del venerdì 25 ottobre sarà riservata alle classi della scuola secondaria di primo grado G. Bresadola. Circa 400 studenti e studentesse parteciperanno a diversi laboratori creativi e avranno l’opportunità di incontrare giovani con disabilità, che ricopriranno il ruolo di maestri d’arte e testimoni, favorendo così uno scambio di esperienze sul percorso educativo e sulle sfide personali. 

Le attività offriranno esperienze pratiche su diversi temi: dalla comunicazione accessibile (Easy to Read e Comunicazione Aumentativa Alternativa) al gaming inclusivo, a temi sulla privacy e sicurezza digitale che attraverso il gioco permetteranno ai partecipanti di sviluppare abilità sociali e tecnologiche. Altri laboratori verteranno su attività manuali, come la ceramica e la serigrafia, per esplorare il valore della cooperazione e della creatività di gruppo. Gruppi di classi potranno condividere le loro idee su come immaginano una “scuola inclusiva” durante il laboratorio di Hackaton. Inoltre, verranno proposte attività sportive come il baskin e il diveball accompagnate dalla testimonianza di alcuni protagonisti di Aquila Basket Trento su come lo sport possa coniugare agonismo e solidarietà, impegno e soddisfazione.

Presente anche la cooperazione trentina all’evento con diversi laboratori curati dalle cooperative sociali Impronte e La Rete. Gli studenti partecipano a un laboratorio di teatro inclusivo dove, guidati da attori con disabilità, esplorano fragilità e potenzialità personali e altrui. Il teatro diventa uno spazio di incontro e apprendimento, in cui il “fare insieme” valorizza i limiti e le risorse di ognuno. Ragazzi e ragazze impareranno nuovi metodi di espressione anche attraverso il linguaggio dell’arte esplorando nuove forme espressive attraverso la scelta di parole rappresentative e la loro realizzazione grafica. Il ruolo attivo della cooperazione riflette l’importanza della collaborazione territoriale nel sostenere un sistema educativo che metta al centro l’inclusione e il benessere di tutti i bambini.

La mattinata del 26 sarà, invece, aperta a tutti gli insegnanti ed educatori del primo ciclo con laboratori e incontri su quattro tematiche: disabilità e bullismo, orientamento per studenti con disabilità, autodeterminazione e comunicazione accessibile, e narrazione inclusiva. Questi incontri forniranno approcci, esperienze e strategie pratiche per l’inclusione a scuola e nella comunità sperimentate in diversi territori del panorama nazionale dai partner di INCLUSI. Saranno inoltre presentati strumenti operativi come pubblicazioni, giochi formativi e podcast, che saranno a frutto del lavoro di questi quattro anni, destinati a insegnanti ed educatori a livello nazionale. 

A concludere le due giornate dell’evento il panel finale al quale parteciperanno esperti del mondo dell’istruzione e dell’educazione, tra i quali Francesca Gennai, presidente di Consolida, e Paola Venuti, prorettrice per la didattica dell’Università di Trento. L’evento sarà arricchito da un concerto del gruppo musicale Rock Spectrum live, formato da giovani musicisti con autismo, insieme al coro della scuola Bresadola, offrendo una testimonianza di come l’arte possa promuovere l’inclusione.

Per docenti ed educatori

Per studenti della scuola G. Bresadola

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Orto da asporto, frutta e verdura sostenibili in vendita all’e-bancone inclusivo

Quando l’orto diventa sostenibile, inclusivo e tecnologico. La cooperativa sociale Esserci di Torino che fa parte del Consorzio nazionale Cgm ha partecipato al programma di innovazione tecnologica SocialTech4EU, vincendo il bando con il progetto Orto da Asporto. Ha progettato e realizzato, insieme a esperti di agricoltura sostenibile, designer del prodotto, designer dei servizi, esperti di progettazione e comunicazione ma soprattutto persone con disabilità, un e-bancone con un sistema digitale di ordine e consegna e attrezzature accessibili a tutti.

Abbiamo incontrato Daniela Ortisi, Presidente e Simone Artesi, Consigliere di Amministrazione e Coordinatore del progetto di Agricoltura Sociale che ci hanno raccontato il progetto.

Da dove nasce Orto da asporto?

In realtà tutto nasce tempo prima ed è stata anche oggetto di una tesi di master in agricoltura sociale. La scommessa era quella di far diventare questo settore sempre più tech e soprattutto accessibile a tutti. Da li non ci siamo fermati, siamo andati avanti fino alla candidatura del progetto.

Come siete riusciti a mettere insieme un progetto così ampio?

Quello che noi facciamo tutti i giorni all’interno della nostra cooperativa è dialogare il più possibile con il territorio, con diverse realtà e diversi professionisti, mettere in sinergia diversi mondi. Abbiamo allora cercato di far sedere allo stesso tavolo esperti di agricoltura sostenibile, designer del prodotto, designer dei servizi, esperti di progettazione e comunicazione ma soprattutto il contributo più importante è stato quello di coinvolgere alla progettazione persone con disabilità al fine di rendere davvero inclusivo e accessibile il progetto.

A chi si rivolge e-bancone?

Durante la progettazione abbiamo sempre tenuto fede al nostro input principale, quello di rendere il bancone accessibile a tutti, senza distinzione di target, un banco che sia davvero inclusivo che possa essere utilizzato da chiunque anche persone con disabilità cognitive e fisiche.

Ci raccontate come funziona ?

Un banco che oltre alla vendita tradizionale dei prodotti sarà affiancato da un sistema digitale di ordine e consegna, attivabile fisicamente presso l’e-bancone o online, per aumentare la fruizione, la visibilità e l’offerta per i clienti. Due novità su tutte: una bilancia più facilmente utilizzabile anche da persone con disabilità e un monitor che racconta la storia dei prodotti, il lavoro delle persone e le loro storie.

Perché questo progetto è riuscito ad aggiudicarsi questo finanziamento ed essere scelto tra tanti?

La vera innovazione di questo progetto è la semplicità con il quale si presenta, un progetto che può essere facilmente scalabile e replicabile, accessibile a tutti e che permette l’inserimento lavorativo a 360 gradi.

Quale futuro vi immaginate per Orto da asporto?

Il nostro sogno sarebbe quello di arrivare nei mercati in maniera capillare. Dare voce a tutti i piccoli produttori, allo sviluppo dell’agricoltura bio e sostenibile. Un modello che metta insieme attività imprenditoriali e sviluppo delle cooperative che si occupano di servizi alla persona.

Dove possiamo trovarvi dal vivo?

Il prossimi eventi saranno il 21 settembre a Astibenessere a Chapitombolo Academy in Via Baldichieri,18 Monale (AT), il 22 settembre alla Sagra della patata di Villastellone e il 28-29 settembre a GooGreen ai Giardino Sambuy di Piazza Carlo Felice a Torino.

Non ci rimane che dire… Ci vediamo al mercato!

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Tra longevità e assistenza: costruire e innovare politiche e modelli di servizio sociosanitario

Una nuova direzione per il consorzio nazionale CGM. Dalla Convention di Bologna, parte il 18 settembre (on-line) il gruppo di lavoro sui servizi per la Terza età e la non auto-sufficienza. I temi? Progettazione nazionale ed europea e molto altro. Un’occasione per definire insieme un impianto strategico che consenta a tutte le imprese sociali di investire su alcuni asset chiave.

Oggi in Italia gli over 65 sono un terzo della popolazione e gli anziani non autosufficienti sono più di 4 milioni e nel prossimo futuro questi numeri sono destinati ad aumentare, perchè una maggior aspettativa di vita porta con sè un rischio maggiore di sviluppare condizioni di non auto-sufficienza a causa del decadimento fisico e cognitivo.

All’invecchiamento della popolazione fa eco la progressiva riduzione della popolazione attiva e del numero di figure professionali nell’ambito della cura e dell’assistenza, carenza che mette in crisi la sostenibilità dell’attuale modello.

È necessario riprogettare il sistema dei servizi per la Terza età e la non auto-sufficienza integrando aspetti assistenziali, sociali, sanitari ma anche tecnologici e digitali. Integrando le risorse di pubblico e privato e sviluppando azioni in filiera per nuovi modelli di intervento sostenibili e flessibili nel lungo periodo: dalla promozione di una cultura del benessere, al potenziamento del sistema di prevenzione, alla domiciliarità, ai sistemi di housing fino ai servizi residenziali.

Mercoledì 18 settembre | Ore 10.30
Primo incontro del gruppo di lavoro CGM su servizi Terza età e non auto-sufficienza

Durante la prima riunione si parlerà di

  • Opportunità progettuali: bandi e attività di ricerca
  • Progetti in corso e trasferibilità di servizi e strumenti
  • Sviluppo di opportunità con le società di sistema della rete CGM

Per CGM sono 3 le direzioni che devono essere messe in dialogo fra loro per costruire questo nuovo sistema di offerta:

Le politiche e i sistemi di attuazione che non possono più prescindere dal dialogo e dalla partecipazione del Terzo Settore che deve cessare i panni del “soggetto erogatore di servizi”, ma contribuire alla sua co-costruzione.

Lo sviluppo di nuovi modelli di servizio capaci di superare la frammentarietà delle risposte, tutelare i diritti e garantire un percorso di cura e di presa in carico continuativo e organico.

La progettazione per sviluppare attività di design, sperimentazione e messa a terra di nuovi servizi anche in alleanza con il mondo della ricerca e dello sviluppo tecnologico e digitale.

A partire da alcune esperienze della rete CGM vuole lavorare ad un impianto strategico che consenta a tutte le imprese sociali di investire su alcuni asset chiave come il consolidamento di sistemi di offerte localizzati, l’aggiornamento delle competenze e gli investimenti in ricerca e sviluppo.

Per partecipare, compilare il form e successivamente verrà inviato il link per accedere all’incontro.

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Fashion for all, la creatività e l’inclusione di Liberi Tutti nella capitale della moda

La moda come processo creativo e strumento di sviluppo per l’inclusione sociale. Questa in sintesi la mission del brand Au Petit Bonheur della nostra cooperativa socia LiberiTutti che, dopo il punto vendita di Torino, ha aperto uno store in Porta Ticinese 73 a Milano. Tra capi sostenibili che abbracciano diversità e inclusione e occasioni di inserimento lavorativo per persone con fragilità.

Tanta voglia di raccontare con passione e determinazione, una lunga intervista ad Alessia Aisosa Catarinella – project manager, progettista sociale, valutatrice d’impatto e molto altro per la cooperativa sociale LiberiTutti.

Come nasce il progetto Au Petit Bonheur?

Nasce come un sogno che parte nel 2019 all’interno di Liberitutti Factory. Il brand Au petit bonher si poneva una sfida quella di far diventare la moda non solo strumento creativo ma anche sviluppo e inclusione sociale per donne fragili.

Direi sfida è riuscita

Dopo il successo dello store di Torino quest’anno abbiamo aperto il nostro secondo punto vendita a Milano, città della moda per antonomasia e ci siamo riusciti mantenendo inalterata la natura del nostro progetto: una moda inclusiva che sia davvero “Fashion for All”.

Quali sono le peculiarità di Au Petit Bonheur?

La visione di una moda che sia slow, i nostri punti vendita vogliono essere non soltanto negozi ma centri di aggregazione, condivisione di storie e di progetti. Una moda lenta contro il fast fashion sempre più incalzante. Tessuti e filiera sostenibile questo significa tessuti tracciati, attenzione all’ambiente e utilizzo di materiali biologici, come il nostro Jersey di cotone prodotto in Italia. Questo tessuto particolarmente modellante ci permette di costruire i nostri capi in maniera free size. E poi il punto di forza del nostro progetto sono le Sartori Sociali, dove donne fragili trovano un lavoro, acquisiscono una loro professionalità e ci permettono di realizzare tutti i capi che compongono le collezioni.

Mi sembra di capire che il valore aggiunto del vostro progetto siano proprio le imprese sociali?

Le nostre imprese sociali svolgono un prezioso lavoro di inserimento lavorativo, azioni di sviluppo territoriale e di comunità favorendo la crescita, la professionalizzazione e la valorizzazione del capitale umano.

Le imprese sociali quindi al centro del cambiamento?

La sfida è proprio questa spingere le nostre imprese sociali a guardare oltre, ad osare ad essere coraggiosi, a portare l’impresa sociale in un mondo da sempre presidiato dai grandi brand e dal profit. Siamo coscienti delle difficoltà ma grazie al nostro know how siamo sicuri che questa sfida possa darci grandi risultati. Per noi questo è il vero processo di cambiamento verso una moda sostenibile.

La Cooperativa Liberi Tutti di Torino fa parte della solida rete del consorzio nazionale CGM. Nel 2019 nasce Liberitutti Factory una nuova idea di impresa sociale, con l’obiettivo di proporre, promuovere e sviluppare competitività sul mercato ad alto valore sociale, nei settori dello sviluppo economico partecipato dai territori.

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Nutritevi di cultura, natura e relazioni per allargare l’immaginazione (anche sociale)

Cgm si prende una settimana di vacanza (gli uffici rimarranno chiusi dal 12 al 18 agosto). Ne abbiamo approfittato per chiedere alla nostra presidente Giusi Biaggi un intervento sulla pausa estiva. Per chi farà le ferie e per chi le ha già fatte perchè diversi servizi delle imprese sociali non vanno in ferie. Lo pubblichiamo qui.

Care cooperatrici, cari cooperatori,

per tanti di noi stanno per arrivare i sospirati giorni di riposo dal lavoro e dalle fatiche quotidiane. Per altrettanti, invece, non ci saranno soste perché, lo sappiamo bene, diversi servizi delle imprese sociali, quelli 7 giorni su 7, spesso 24 ore su 24, necessitano di presenza, presidio, impegno costante; e, per questi, le vacanze arriveranno o sono già alle spalle.

Mi piace condividere con voi una bella riflessione che ci ha consegnato il professor Pierluigi Sacco durante la nostra Convention dello scorso giugno. Sacco ha sottolineato l’importanza che ha il tempo festivo per il nostro sistema cognitivo. Infatti, durante il tempo feriale, il nostro cervello è impegnato a minimizzare gli errori, a prevedere ciò che potrà accadere, a ridurre il più possibile le incertezze per non disperdere eccessive energie. E, per fare questo, vengono in aiuto le norme sociali, le tradizioni e le leggi che aiutano il nostro sistema cognitivo a semplificare.
Durante il tempo festivo, invece, succede esattamente il contrario e il nostro cervello “gioca” ad essere sorpreso. Per questo, attraverso la cultura (i libri, il teatro, l’arte, la musica e molti altri linguaggi espressivi) ci appassioniamo a storie che ci propongono personaggi immaginari immersi in situazioni complesse da risolvere. E noi, immedesimandoci, viviamo mille vite e immaginiamo mondi sociali possibili.

Tutto questo allarga il nostro universo immaginativo, ci aiuta a leggere nella mente degli altri e aumenta la nostra capacità predittiva. Anche per tutto questo, il tempo della festa è indispensabile ed è risorsa fondamentale per rispondere alle sfide adattative complesse che dovremo affrontare.

L’augurio è che quindi per ciascuno ci sia un tempo della festa e che questo possa nutrirsi di cultura, natura, relazioni autentiche. L’augurio va a tutti i lavoratori e le lavoratrici del sociale, ma anche alle persone che stanno maggiormente ai margini. Ne abbiamo tutti un grande bisogno!

Cgm si prende una settimana di riposo; ci ritroveremo presto dentro alle nuove direzioni che l’impresa sociale ha imboccato.

Buon ferragosto!

Giusi Biaggi

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Controvento. A Brindisi salpa la vela accessibile ed inclusiva

Il progetto, realizzato dalla nostra socia Cooperativa Sociale Eridano in collaborazione con il Circolo della Vela di Brindisi, mira a garantire alle persone con gravi disabilità l’opportunità di raggiungere autonomia e autodeterminazione nella pratica della vela, trasformando
il porto turistico di Brindisi, in particolare la località Materdomini, in un punto di riferimento per la vela accessibile.

A Brindisi un progetto per rendere la vela accessibile e inclusiva anche alle persone con gravi disabilità. La Cooperativa Sociale Eridano, impegnata dal 2006 in attività di assistenza, riabilitazione psicosociale e formazione professionale a persone con disabilità, e appartenente alla solida rete del Consorzio Nazionale CGM, ha dato vita a Brindisi al progetto Controvento. La forza della vela. L’iniziativa, realizzata in collaborazione con il Circolo della Vela di Brindisi, mira a garantire alle persone con gravi disabilità l’opportunità di raggiungere autonomia e autodeterminazione nella pratica della vela, trasformando conseguentemente il porto turistico di Brindisi, in particolare la località Materdomini, in un punto di riferimento per la vela accessibile.


Grazie al progetto, sarà possibile rendere lo spazio di due imbarcazioni completamente accessibili e pilotabili anche da persone prive di arti o con importanti difficoltà motorie. Sarà presente a bordo anche personale qualificato FIV sia per la formazione
tecnico-sportiva che per la presa in carico da un punto di vista assistenziale e riabilitativo.
L’iniziativa coinvolgerà direttamente 85 persone con disabilità tra i 15 e i 50 anni, di cui il 25% saranno ragazze e donne, già seguite dalla Cooperativa Eridano. Tra questi, 15 sono ospiti della comunità socioriabilitativa “Eridano Dopo di Noi”, 30 frequentano il centro
diurno “Eridano di Giorno”, 10 seguono progetti personalizzati per l’autismo e 30 partecipano ai soggiorni estivi accessibili. Inoltre, grazie a Controvento, 12 tra educatori e terapisti e 4 istruttori sportivi saranno formati per garantire un supporto completo alle
persone con disabilità che si avvicinano alla vela.

Il progetto parte dall’importanza dei benefici sul benessere psico-fisico di chi pratica vela: tale sport contribuisce infatti a migliorare la motivazione, le capacità fisiche di apprendimento, la comprensione e la concentrazione, garantendo soprattutto significativi miglioramenti dal punto di vista relazionale. Gli allievi con disabilità scoprono in questo modo le proprie potenzialità, acquisendo sempre più fiducia in sé stessi.


“La vela è stata inserita tra le discipline paralimpiche, contribuendo ad aumentare il numero di adesioni, circoli e società di Parasailing”, dichiara Francesco Parisi, Presidente Eridano Cooperativa Sociale. “Sebbene il settore nautico e velico a Brindisi goda di una forte risonanza e adesione, in passato non sempre è stato reso accessibile alle persone con disabilità. Attraverso il nostro progetto Controvento, apriamo ad un cambio di paradigma: avremo a disposizione non solo strumenti compatibili con le esigenze di chi ha disabilità gravi ma anche personale adeguatamente preparato per rispondere ad esse. L’obiettivo di fondo è garantire un percorso di crescita per chiunque si affacci a tale sport“.


Il progetto rappresenta un valore aggiunto non solo per la Cooperativa Eridano, che arricchisce ulteriormente i propri percorsi riabilitativi individuali e i soggiorni di vacanza specialistici, ma anche per l’intera comunità: le ricadute valoriali e sociali posizionano Brindisi tra le località che valorizzano un turismo inclusivo e accessibile, abbracciando così le diversità di tutti i viaggiatori.


Controvento è sostenuto da Intesa Sanpaolo attraverso il Programma Formula, in collaborazione con CESVI.

Cooperativa Sociale Onlus Eridano nasce nel 2006 a Brindisi ed opera su tre principali aree d’intervento: l’area socioassistenziale e riabilitativa; l’area turistica, con particolare attenzione al turismo accessibile, garantendo comfort e servizi adeguati ad ogni tipo di disabilità; e infine, l’area dell’innovazione dei processi di riabilitazione ed inclusione sociale e lavorativa.