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Edugamers in tutta Italia per promuovere il gaming consapevole e le relazioni

Trenta Edugamers da Torino a Roma promuovono socializzazione, apprendimento e prevenzione attraverso i videogiochi. Martina di Crescere Insieme li coordina e dice: “Spesso i videogiochi sono fonte di tensione nelle famiglie. Il nostro approccio avvicina realtà e virtuale, avvicina le persone”

“Quando mi chiedono cosa succede in una Gaming Zone, racconto questo episodio. C’è un ragazzo che frequenta il nostro spazio e gioca sempre da solo allo stesso videogioco. In una modalità particolare: fa esplodere qualsiasi cosa e basta. L’Edugamer, dopo averlo osservato, gli lancia una sfida: costruire qualcosa che possa accogliere gli altri giocatori. Il ragazzo così comincia ad usare la dinamite per fare spazio e creare una sala per concerti con tanto di arredi per ospitare gli altri. Da quel momento inizia a giocare anche con altri ragazzi e a relazionarsi anche fuori dal gioco, facendosi ‘mentore’ per chi non sa utilizzare il videogioco. Questo è il lavoro dell’Edugamer, un lavoro dentro e fuori dal gioco”. Martina Gullone è psicologa e psicoterapeuta della Cooperativa Crescere Insieme di Torino e coordina gli Edugamers su tutto il territorio nazionale nell’ambito del progetto Edugamer for kids.

Ma cosa sono gli Edugamers? Sono professionisti con ottime abilità di gamer che giocano on-line con i ragazzi e li supportano nell’apprendere abilità e nel gestire tempo del gioco ed emozioni, sono consulenti educativi per le famiglie, sono delle guide adulte preparate di connessione tra reale e virtuale, tra esperienze di vita e gaming. “Abbiamo 30 Edugamers attivi da Varese a Roma – continua Martina – Abbiamo costituito una vera e propria community che attiviamo sulla base dei nostri eventi on-line e dei progetti sviluppati sui territori”.
Uno dei luoghi principali in cui opera l’Edugamer è l’EduGaming Zone, uno spazio sociale, un contesto protetto in cui praticare i videogiochi in compagnia, in modo da prevenire comportamenti che potrebbero dare origine a problemi o vere e proprie dipendenze. Al momento ce ne sono quattro concentrate tra Lombardia e Piemonte: tre nelle biblioteche e una in una scuola secondaria di primo grado. La prospettiva è quella di raddoppiarle. “Non abbiamo aperto le Zone in luoghi casuali – spiega la psicologa di Crescere Insieme – Sono tutti luoghi di cultura e già questo cambia l’approccio: anche i videogiochi possono essere strumenti culturali“.
Socializzazione e cooperazione, apprendimento di abilità e e capacità di gestire le emozioni, informazione e prevenzione sono i principali obiettivi perseguiti nelle EduGaming Zone a cui i ragazzi accedono gratuitamente tramite un sistema di tesseramento pensato per promuovere anche attività non legate strettamente al gioco.

“Spesso i videogiochi sono fonte di tensioni nelle famiglie. Lo sguardo che portiamo come Edugamers consente di avvicinare mondi diversi, di creare dei ponti generazionali, di dare le corrette informazioni anche sulle potenzialità di questi strumenti, di coniugare manualità nel gaming e maturità. Colleghiamo ciò che accade dento il gioco con ciò che accade fuori e viceversa per non lasciare i ragazzi da soli, per favorire relazioni, apprendimenti, per promuovere il divertimento sano”, la conclusione di Martina.

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Educazione Storie

Dentro la Brick’s Room di Cascina Oremo 

“Con i Lego costruiamo relazioni, per tutti”. Dai ragazzi con autismo alle aziende.

C’è uno spazio a Cascina Oremo dove grandi e piccoli, con o senza disabilità, si allenano a costruire relazioni. È la Brick’s Room, una stanza dedicata ai mattoncini LEGO, gestita dalla Cooperativa Domus Laetitiae all’interno del nuovo polo destinato ad apprendimento, sport, orientamento e inclusione recentemente aperto a Biella dal Consorzio Sociale Il Filo da Tessere. Uno spazio nato all’interno della Cooperativa e trasferito a Cascina Oremo, che ospita innanzitutto gruppi di adolescenti con problematiche dello spettro autistico, ma che ha le potenzialità e l’ambizione di coinvolgere tutti.  

“Lo spazio Lego – comincia Michela Braga, psicologa, responsabile de La Casa per l’Autismo e referente di psicotecnologie per la Cooperativa Domus Laetitiae – è nato all’interno dei servizi di Casa Autismo. Con operatori appositamente formati Play included (realtà che insieme alla LEGO Foundation ha sviluppato una specifica metodologia per l’utilizzo dei LEGO a fini terapeutici, ndr) abbiamo costituito due gruppi: uno con bambini della scuola primaria, uno con ragazzi della secondaria di primo e secondo grado. Costruendo con i mattoncini e utilizzando i metodi appresi, abbiamo lavorato sulle abilità sociali dei partecipanti, sulla condivisione di un’attività, sullo scambio dei ruoli, sulla gestione dei disaccordi. La sperimentazione è andata benissimo e abbiamo deciso di continuare”.  

Il laboratorio LEGO, dunque, si è spostato da La Casa per l’Autismo a Cascina Oremo ed è diventato uno spazio dedicato in un contesto meno protetto. Una stanza modulabile, funzionale per attività a piccoli gruppi, dotata di tavoli e sedie, di armadiature a tema, di spazi espositivi dove posizionare le creazioni, di set con istruzioni e pezzi per il free style. “L’attività con i LEGO – spiega la psicologa di Domus Laetitiae – è un’occasione anche per lavorare sulle autonomie. Nei gruppi condividiamo la disponibilità di un budget per acquistare nuovi set e con i ragazzi guardiamo i cataloghi e programmiamo gli acquisti”.  

Ma perché i mattoncini fanno così bene?

“Perché si fa leva innanzitutto sul piacere del gioco, una passione che spesso è condivisa in partenza – commenta Michela Braga – Gli operatori, in maniera non esplicita, ma strutturata, lavorano sugli scambi comunicativi e interattivi, in tutte le fasi dell’attività: dall’approccio ai cataloghi alla costruzione in gruppo di set con la definizione dei diversi ruoli (ingegnere, fornitore di pezzi, costruttore), dalla costruzione libera al riordino dello spazio”.  

I ragazzi di Casa Autismo continuano a frequentare la stanza a Cascina Oremo, tutte le settimane per due ore, ma la Brick’s Room si è aperta anche ad altri. “Stiamo allargando la proposta anche a ragazzi che non hanno diagnosi di autismo, ma difficoltà relazionali – continua la psicologa di Domus LaetitiaeE a breve attiveremo dei laboratori per le classi, ne abbiamo già nove tra primarie e secondarie. In più, ci sono gli eventi aperti al territorio che, quando li realizziamo, vanno sempre sold out. In queste occasioni, si vede quanto la Brick’s Room sia un grande luogo di inclusione, anche tra generazioni. Ci sono i ragazzi con autismo che, da esperti, fanno da mentori a chi entra e gli adulti che si mettono a giocare con i bambini”. 

“Essere dentro Cascina Oremo – conclude Michela Braga – è una grande opportunità per aprirsi a nuovi destinatari e a nuove prospettive. Ad esempio, stiamo progettando una pista di sviluppo della nostra attività mettendo insieme LEGO e psicotecnologie e stiamo verificando la possibilità di utilizzare la metodologia dei mattoncini per attività di team building da proporre alle aziende intercettate dai servizi al lavoro del Consorzio”. 

Lo spazio dedicato ai mattoncini è solo uno dei servizi di Cascina Oremo che ospita ambienti di apprendimento attivo e crescita personale da 0 a 18 anni (e oltre), percorsi di orientamento ed educazione alla scelta, sport per persone con e senza disabilità e percorsi specializzati di valutazione, apprendimento, consulenza educativa e supporto psicologico su disabilità ed età evolutiva.

Cascina Oremo è un progetto finanziato da Fondazione Cassa di Risparmio di Biella e selezionato da Impresa Sociale Con I Bambini nell’ambito del Fondo per il Contrasto alla Povertà Educativa Minorile, che coinvolge Consorzio Il Filo da Tessere e le Cooperative Tantintenti, Sportivamente e Domus Laetitiae. Un polo innovativo, luogo di sviluppo educativo, sociale, culturale, del benessere e dell’apprendimento. Un punto di riferimento di chi crede nell’importanza di una comunità educante che sperimenta e si innova. Uno spazio generativo per le persone e con le persone.  

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Educazione Eventi persone

Da Don Milani a oggi, Piergiorgio Reggio: “Solo il sapere attraverso l’esperienza è vero sapere”

“È proprio come il titolo del workshop: Fuori è Dentro. Solo il sapere attraverso l’esperienza è vero sapere. Solo ciò che passa tra dentro e fuori è conoscenza. Se no è un’acquisizione di concetti e competenze, ma non realmente rielaborate e possedute”.

Piergiorgio Reggio è stato ospite del workshop sull’educazione organizzato da CGM nella Valle del Mugello, in Toscana, in collaborazione con il Consorzio Co&So. Una due giorni in cui, anche grazie al suo contributo, si è potuto approfondire e attualizzare il messaggio di Don Milani e della scuola di Barbiana.

Piergiorgio Reggio è docente di Pedagogia dell’età della vita all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e di Brescia e insegna Ermeneutica delle pratiche formative all’Università di Verona. Pedagogista e formatore, è presidente della Cooperativa Progetto 92 di Trento e vicepresidente dell’Istituto Paulo Freire con sede a Lecce.

La sua passione per Don Milani è nata da giovanissimo. A 17 anni ha fatto esperienza come educatore alle scuole popolari milanesi del prete operaio Don Cesare Sommariva, amico di don Milani, e negli anni 70 ha partecipato a progetti ispirati a Don Milani e declinati al mondo operaio milanese. Negli anni ’80, poi, a Barbiana ha frequentato i campi estivi di coordinamento per gli insegnanti non violenti. Ha letto e scritto libri sul “metodo Barbiana”: suo ‘Lo schiaffo di Don Milani’ pubblicato nel 2014 e ristampato nel 2020. “Occorre rileggere Don Milani per concentrarsi sulle pratiche educative dell’oggi – spiega il docente di Trento – A 60 anni di distanza, sarebbe fuori luogo e patetico riproporre la scuola di Barbiana perché nel frattempo è cambiato il mondo. Ma Don Milani ci provoca e ci fa ritornare alle radici dell’educazione”. 

Due i temi fondamentali di Don Milani che, secondo Piergiorgio Reggio, parlano a educatori e operatori sociali di oggi. Il primo è quello della giustizia nell’educazione. “Ai tempi di don Milani l’educazione era un sistema selettivo che penalizzava alcune aree del paese, come quelle montane, e alcune classi sociali – dice Piergiorgio Reggio – Poi, abbiamo vissuto un’esclusione dagli studi dei migranti interni provenienti dal sud Italia e oggi viviamo quella di bambini e ragazzi del sud del mondo. Il fenomeno è cambiato ma il tema è ancora attuale e riporta alla domanda di fondo: perché imparare? Per Don Milani la conoscenza è potere: sapere vuol dire poter essere sovrani e non sudditi. Oggi noi che risposta diamo a quella domanda?”. Nel workshop di CGM, partendo da questa provocazione, è emersa una riflessione interessante sulla centralità della parola. “C’è un tema di potere nella parola perché la parola fa eguali – spiega il professore di Trento – Oggi non siamo di fronte solo ad un deficit linguistico, ma viviamo la necessità di accogliere una parola che per molti bambini e ragazzi è fatta anche di mutismi. A Barbiana gli studenti erano muti perché crescevano in una società chiusa e isolata, oggi viviamo il mutismo giovanile in un contesto in cui le possibilità di accesso a mondi diversi e lontani è infinita. Il mutismo allora è diverso, è un mutismo emotivo e del pensiero e di questo dobbiamo tenere conto nel fare educazione”.

La seconda provocazione di Don Milani per l’oggi si riassume nella domanda ‘perché insegnare?’.“Per Don Milani – racconta Piergiorgio Reggio – l’insegnamento era parte integrante della sua missione di prete e veniva vissuto con una forte responsabilità collettiva. Oggi ovviamente gli educatori hanno motivazioni diverse, ma occorrerebbe recuperare una educazione problematizzante, ovvero che non agisce solo sul piano individuale, ma su quello strutturale. Il bambino con difficoltà scolastiche vive sue difficoltà, ma anche difficoltà di contesto, di sistema. Ecco, intendere l’insegnamento così, consente di controllare il senso di onnipotenza di noi operatori e contemporaneamente di recuperare un ruolo sociale fondamentale, un ruolo che favorisce il cambiamento collettivo”. In tutto questo, centrali sono le metodologie. “L’outdoor education – prosegue Piergiorgio Reggio – è una modalità di un approccio metodologico più ampio, molto diffuso all’estero: l’apprendimento esperienziale. In tutti i contesti, artistici, urbani e anche naturali, il fare non deve essere fine a se stesso ma deve essere trasformato in apprendimento su se stessi. Solo così diventa conoscenza. E già a Barbiana c’erano elementi che oggi ispirano questo approccio”.  Ecco perché tornare, praticamente e metaforicamente, alla scuola di Don Milani è fondamentale. “Per ritrovare le sorgenti più vive dell’essere educatori oggi”, conclude Piergiorgio Reggio. Lui a Barbiana ci torna spesso. A metà ottobre accompagnerà nella terra di Don Milani cinque ragazzi inseriti in percorsi di giustizia riparativa. “Li stiamo preparando, vediamo Barbiana che effetto farà anche su di loro…”, sorride. 

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Educazione Eventi

L’outdoor education nella terra di Don Milani

Quando si arriva alla scuola di Barbiana c’è un cartello con scritto “I care”. A 100 anni dalla nascita di Don Lorenzo Milani, sacerdote e maestro, quella cura è ancora attuale.

Lo spiega bene Simona Pancari, referente dell’area educativa del Consorzio Co&So che opera nel territorio di Firenze, dove dal 22 al 23 settembre, nella Valle del Mugello, si terrà il nostro workshop “FUORI è DENTRO, itinerari per rigenerare ruoli e capacità educanti”.

I care – comincia Simona Pancari – non vuol dire solo prendersi cura dei bambini, avere a cuore i loro bisogni fisiologici, significa che i bambini appartengono ai nostri pensieri, che abbiamo in testa la loro crescita da realizzare in un percorso aperto in cui loro sono protagonisti delle esperienze. Ecco, in outdoor tutto questo viene amplificato”.

Il Consorzio Co&So pratica l’outdoor education da prima della pandemia in tutti i suoi servizi educativi. “L’outdoor education – spiega Simona Pancari – significa coltivare la libertà, l’espressione, lo stupore, la meraviglia, l’accoglienza del nuovo e del diverso, a tutte le età”. 

E allora, nella terra di Don Milani, le foto in bianco e nero della scuola di Barbiana con la lezione all’aperto davanti alla mappa dell’Italia appesa ad un albero, la piscina fuori dalla canonica per imparare a nuotare, le passeggiate esplorative nel bosco, arrivano fino ad oggi e diventano nelle strutture educative di Co&So letture all’aperto, itinerari motori all’esterno, lezioni in natura con microscopi e lenti di ingrandimento, percorsi di sostenibilità ambientale. 

“L’outdoor education con i più piccoli – spiega la referente di Co&so – per noi si traduce innanzitutto in un lavoro su spazi leggibili in cui i bambini si riconoscono e su tempi pensati e significativi”. E quando i bimbi crescono? “Il rischio – dice Simona Pancari – è che il giardino venga usato solo come premio o punizione: “Se fai il bravo vai in giardino, se non sei bravo stai in classe!”. Invece, l’aperto deve essere inteso come spazio per apprendere e per incontrare se stessi in un mondo aperto alle differenze”. 

Uno spazio che è occasione per trasformare la conoscenza in competenza. “Paradossalmente – continua Simona Pancari – è più facile che si arrampichi un bambino di sei anni piuttosto che uno di dieci. Occorre che riflettiamo sui divieti che impediscono di crescere, di sperimentare, di conoscere. Come cooperative possiamo fare molto su questo, agendo sulla cultura e diffondendo tra le famiglie e tra chi si occupa di educazione modelli positivi. Noi, ad esempio, gestiamo anche una scuola primaria e nella nostra scuola l’outdoor fa parte della quotidianità. Insegniamo ai nostri studenti la pioggia o la grandine facendoli uscire a vedere quando piove perché questo è fare scienze”.

Con una certezza che riguarda in generale tutta la comunità. “Togliere i muri fisici vuol dire anche togliere i muri mentali. Vuol dire educare alla differenza che nella natura c’è e c’è tra ognuno di noi”, aggiunge Simona Pancari.

Ecco perché il workshop Fuori è dentro nel Mugello, rileggendo l’esperienza educativa di don Milani e ripercorrendo la Costituzione, diventa una tappa importante. “Parleremo di educazione all’aperto sperimentandola – conclude la referente di Co&so – Per noi operatori dell’educazione sarà un ritorno alle origini, un’occasione per riconnetterci al mondo dell’infanzia di cui ogni giorno ci prendiamo cura”. Una sorta di “We care”

Lezione di geografia, 1956, Ammannati, Archivio FDLM
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Educazione

Quando l’outdoor education la fa tutta la comunità.

L’esperienza del Consorzio Comunità Brianza che “riconnette alla natura e alle relazioni”

Più che outdoor education è una vera e propria educazione ambientale. Non solo dei più piccoli, non solo dei più fragili, ma di tutta la comunità.

Nel Parco regionale della Valle del Lambro il Consorzio Comunità Brianza gestisce da alcuni anni Agliate Community, un spazio dedicato alla rigenerazione ambientale, all’inclusione sociale e alla sperimentazione di nuovi modi di vivere il territorio. Tante sono le progettualità che da lì stanno emergendo. Proprio all’interno di Agliate Community è in corso di allestimento un vero e proprio centro di educazione ambientale con un’aula didattica attrezzata con strumenti tecnici e biblioteca, aperta alle scuole e alla cittadinanza. Altro progetto importante è quello legato alla diffusione nel territorio della Brianza della Permacultura: metodo di progettazione di insediamenti umani sostenibili fondato sulla cura della terra e delle persone, sul limite al consumo e sulla redistribuzione del surplus.
“Alla base dei nostri progetti – comincia Susanna De Biasi, responsabile dell’Area ambiente del Consorzio Comunità Brianza – c’è un obiettivo fondamentale che è quello di portare a tema la complessità nell’interazione con il territorio e nell’interazione con le persone. Si tratta di rigenerare ambiente e rapporti sociali”. Come? Portando avanti percorsi e occasioni di educazione esperienziale e sensoriale che coinvolgano la cittadinanza. A partire, ovviamente, dalle scuole che, attraverso nuove metodologie, sperimentano la connessione tra educazione civica e educazione ambientale. “Nel 2022 – spiega Susanna- abbiamo attivato un progetto che si chiama ‘W la scuola’ e che è rivolto a studenti e studentesse con l’obiettivo di stimolarli e guidarli nell’agire il loro ruolo di protagonisti della transizione ambientale ed ecologica. Durante uno degli incontri, mi ricordo che un professore era rimasto stupito da quanto i suoi alunni fossero più coinvolti e disponibili ad apprendere nell’incontro con la natura. Questo vale per i ragazzi, ma vale per tutti noi”. 

Fondamentale in questo percorso ambientale lo sguardo europeo. Sull’educazione alla sostenibilità e all’economia circolare, il Consorzio Comunità Brianza ha attivato, per esempio, un progetto Erasmus+ che coinvolge realtà e istituzioni di Romania, Turchia, Grecia, Spagna e Irlanda.

“Per anni il nostro modello economico – commenta Elisa Chiesa, senior project manager del Consorzio Comunità Brianza – si è basato sullo sfruttamento continuo delle risorse e sulla produzione continua di prodotti. Da poco stiamo assistendo ad un cambiamento nelle policy. Anche partendo da Agliate Community, il nostro Consorzio sta molto spingendo su questo, raccogliendo risorse, ingaggiando professionalità, facendo formazione, costruendo relazioni. Vogliamo sempre più posizionarci come riferimento sul settore ambiente per i nostri soci e per il territorio”. 

Perché i benefici di questo approccio riguardano davvero tutti. “Nessuno può vivere senza l’ambiente naturale. – conclude Susanna – Il problema è che siamo diseducati a farlo. Anche i nostri concittadini sono molto a contatto con la natura, ma spesso non ne conoscono il valore, vedendo nella natura solo la parte più utilitaristica. Ma naturale è naturale. Ecco perché l’outdoor education e in generale l’educazione ambientale ci aiuta a riconnetterci con la natura e con le nostre relazioni più intime”. 

L’intervista si inserisce nell’iniziativa di valorizzazione delle cooperative e imprese sociali della rete CGM che hanno risposto alla Call For Place della quarta edizione di FUORI è DENTRO, il workshop dedicato all’outdoor education.

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Educazione Storie

L’outdoor che fa incontrare nonni e bambini. Il progetto intergenerazionale della Cooperativa Equa a Milano

Nonno Remo, 90enne con la passione per la lettura, prima del covid andava in biblioteca e sceglieva lui personalmente il libro da leggere ai bambini nel giardino del Nido dei Tigli, nel quartiere Affori di Milano. E’ l’outdoor education che unisce le generazioni promuovendo nuovi apprendimenti e nuove relazioni. 

Il Nido dei Tigli, attivo da 21 anni e gestito dalla Cooperativa Equa, è stato il primo nido del territorio milanese ad attivare un approccio intergenerazionale, sfruttando e mettendo a sistema la vicinanza con la residenza per anziani la Casa dei Tigli, gestita sempre da Equa. Con un ruolo del “fuori” fondamentale, soprattutto dopo la pandemia. 

“La Casa è sopra il nostro nido – spiegano Annalisa Falcone, coordinatrice, e Chiara e Selene, educatrici del Nido dei Tigli – Ci è venuto quasi spontaneo creare un progetto che unisse bambini e anziani. Con la pandemia ci siamo fermati, ma quest’anno abbiamo ripreso le attività e l’outdoor è stato imprescindibile”. Un “outdoor” che da anni è caposaldo del Nido dei Tigli, immerso in due grandi e bellissimi giardini che vengono vissuti 365 giorni l’anno per sviluppare apprendimenti, per dormire e mangiare, per incontrare le famiglie. Un “outdoor” che è inteso anche come esterno rispetto al Nido e quindi come quartiere e territorio

Così, una volta la settimana, spesso all’aperto, piccoli e nonni modellano l’argilla, disegnano, coltivano l’orto. Poi, insieme, fanno le ‘esplorazioni urbane’ nel quartiere, visitando musei, piccoli negozi e la biblioteca. “Si tratta di un progetto flessibile – spiegano dal Nido dei Tigli – perché deve rispettare lo stato di salute degli anziani coinvolti e tutelare anche i bambini”. Un progetto che ha benefici per i nonni, per i bambini e per gli operatori. “Gli anziani – raccontano Annalisa, Chiara e Selene – hanno la luce negli occhi quando incontrano i nostri piccoli, alcuni rimandano i loro appuntamenti al mercato o dal parrucchiere pur di partecipare agli incontri. In più, sostenendo i bambini in piccole autonomie, ad esempio aiutandoli a vestirsi, i nonni riacquistano competenze e si sentono ancora capaci e utili”. 

Per i bambini è un’occasione in cui si sviluppano tante skills. “Sperimentano nuovi spazi – testimoniano le operatrici del Nido dei Tigli – e si rapportano a persone che hanno una certa fragilità, una certa lentezza, magari che usano ausili particolari che suscitano la loro curiosità. Da questi incontri nascono relazioni affettuose e profonde”. E per gli operatori? “Siamo i primi ad affezionarci agli anziani – affermano le tre operatrici di Equa – Grazie a questo progetto, i nonni non sono più solo utenti, ma persone portatrici di storie, con cui entrare in relazione, anche andando a bere un caffè insieme”. 

Tutti benefici che l’esterno amplifica in modo esponenziale. “Il fuori è uno spazio comune che leviga le differenze. All’esterno ci sono stimoli ed energie diverse che arrivano sia ai piccoli, sia agli anziani e la relazione reciproca viene favorita”, confermano le operatrici di Equa. “Maria Montessori – aggiunge Annalisa – diceva: ‘per prima cosa offriamogli il mondo’ e il mondo è fatto anche dall’altro. E l’altro è anche l’anziano”. 

“All’interno del percorso sull’outdoor education che contraddistingue la nostra filiera educativa – conclude Erica Acquistapace, Responsabile Area Generazioni Future di Equa – l’approccio intergenerazionale è un terreno di crescita e di sviluppo non solo per bambini e anziani, ma anche per la cooperativa. Da una parte, infatti, vogliamo implementare questo modello, dall’altra stiamo lavorando affinchè il Nido dei Tigli sia sempre più non solo luogo che accoglie i bambini, ma luogo che accoglie le famiglie, nonni compresi, e che si apre al territorio”.

L’intervista si inserisce nell’iniziativa di valorizzazione delle cooperative e imprese sociali della rete CGM che hanno risposto alla Call For Place della quarta edizione di FUORI è DENTRO, il workshop dedicato all’outdoor education.

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Educazione Storie

I giovani crescono all’aperto: ad Aosta le politiche giovanili si fanno in outdoor

“Siamo andati qui vicino ad arrampicare e una ragazza proprio non ne voleva sapere di provare. Le ho detto: va bene, allora salgo io e tu mi fai sicura. C’è stata. Da quel momento il suo rapporto con gli educatori e con il gruppo è cambiato. Qualcuno ha avuto fiducia in lei e questa cosa l’ha fatta crescere”. 

I ragazzi e i giovani hanno voglia e bisogno di outdoor education? Eccome. Non ha dubbi Michele Tranquilli, responsabile dell’area aggregazione giovanile della Cittadella dei giovani di Aosta, il più grande centro culturale e polo di aggregazione giovanile della Valle d’Aosta, voluto dal Comune di Aosta e dalla Regione Autonoma Valle d’Aosta negli spazi dell’Ex Macello, che collabora con la cooperativa L’esprit à l’Envers per creare proposte di aggregazione e educazione informale per i giovani del territorio.

Qui, nello splendido ecosistema alpino, le politiche educative e giovanili si portano avanti in outdoor, sfruttando anche il patrimonio naturalistico circostante. Interventi di animazione territoriale, incontri tematici a contenuto ambientale, iniziative di avvicinamento alla pratica sportiva, laboratori di esplorazione del territorio. E poi, lo skate park della Cittadella, punto strategico dell’outdoor education che avvicina anche ragazzi tradizionalmente non coinvolti dalle politiche giovanili. 

“Coinvolgiamo i giovani in un processo di crescita a contatto con la natura”, la sintesi di Michele. E la risposta è sempre molto positiva. Come quella ottenuta in occasione dell’esperienza di scambio internazionale Erasmus+ proprio incentrata sull’outdoor education (“Abbiamo avuto più adesioni dei posti disponibili e abbiamo dovuto selezionare i partecipanti”). Dal 24 giugno e fino al 1 luglio alla Cittadella 15 ragazzi valdostani e 15 ragazzi irlandesi hanno vissuto un’esperienza di outdoor education dedicata al tema della montagna con laboratori a cielo aperto e attività sopra i 2000 metri. “Una occasione di crescita personale e collettiva – commenta Michele – che punta anche a migliorare nei partecipanti la consapevolezza ambientale”. 

Non solo esperienze nella natura, dunque, ma attività di rilettura delle esperienze. Così, l’arrampicata in falesia diventa un pretesto per mettere i giovani di fronte alle difficoltà e al tema della fiducia e, nel momento di debriefing, la scalata diventa una metafora per rileggere paure e relazioni. Oppure l’esperienza di rafting è una occasione per accrescere lo spirito di gruppo e la capacità di reagire in fretta in una particolare situazione. “Crediamo – aggiunge Michele – che l’outdoor education sia molto importante per gli adolescenti e i ragazzi che stanno crescendo perché favorisce il lavoro su se stessi e sulla loro dimensione nella società. Non è solo ‘fare attività all’aperto’ ma approfondire l’esperienza realizzata, cercando di trarne i valori”. 

La prossima sfida dell’outdoor education della Cittadella, è il contrasto alla dispersione scolastica“In Valle – conclude Michele – l’abbandono scolastico si sta facendo sentire molto. Stiamo lavorando, in collegamento con le scuole del territorio, ad una proposta di curricula alternativi ai percorsi scolastici tradizionali per coinvolgere i ragazzi che non vanno più a scuola. E questi percorsi sono incentrati proprio sull’outdoor”. 

L’intervista si inserisce nell’iniziativa di valorizzazione delle cooperative e imprese sociali della rete CGM che hanno risposto alla Call For Place della quarta edizione di FUORI è DENTRO, il workshop dedicato all’outdoor education.

In copertina, Cittadella dei Giovani, foto di L’Esprit a l’Envers, Copyright: Andrea Vallet

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Educazione

Costruire comunità educanti è possibile?

Partiamo da un presupposto: il bambino ha bisogno di vivere socialmente e imparare a vivere sociale.

Per questo ridisegnare le forme dei servizi educativi può diventare un’opportunità per generare esperienze educative per bambini, ragazzi e famiglie. Un processo che ha la necessità di partire dal territorio e quindi dall’ecosistema di relazioni che si instaurano nei luoghi in cui il servizio è inserito.

Povertà educativa, i numeri in Europa e in Italia

Anche in Europa purtroppo il numero di bambini, bambine e famiglie che vivono in condizioni di povertà educativa ed esclusione sociale è cresciuto negli ultimi anni. Le cause sono da imputare all’aumento del costo della vita, alla crisi climatica e alle conseguenze della pandemia.  I dati *ci dicono che nel 2021 1 bambino su 4 è a rischio di povertà educativa, si parla di oltre 19,6 milioni di bambini e bambine.

Tra i paesi con la percentuale più alta di minori a rischio c’è l’Italia: si parla di circa 3 milioni di bambini a rischio povertà educativa, il 29,7% del totale, con un aumento del 2,6% dal 2019.

Nell’ultimo rapporto, Save the Children evidenzia oltretutto la correlazione tra istruzione e qualità di vita dei bambini. E’ infatti noto che la bassa istruzione dei genitori e le condizioni economiche sfavorevoli risultano essere per il minore fattori di rischio di dispersione o abbandono scolastico.

Un concatenamento di situazioni e fatti che porta la scuola alla cristallizzazione di una situazione di diseguaglianza.

Per questo la scuola continua a essere fondamentale nello sviluppo della persona e della comunità, attore necessario per raggiungere un nuovo equilibrio del territorio.

*  Save the Children – rapporto europeo “Garantire il Futuro dei Bambini”

Il ruolo delle imprese sociali e il significato di comunità educante

Come imprese sociali, cooperative e professionisti del settore abbiamo il ruolo di promuovere e rafforzare le comunità, la cui frammentazione incide nettamente sulla vita di bambini e ragazzi. Non ci rendiamo ancora conto che perdere i ragazzi significa perdere i futuri adulti, i futuri genitori e i futuri lavoratori. E questo non possiamo permettere che avvenga.  Il nostro ruolo diventa quindi quello di creare reali opportunità laddove non ce ne sono o ce ne sono in misura minore, impegnandoci per avere delle comunità educanti vere e diverse.

Ma facciamo un passo indietro, al significato di comunità educante.

L’impresa sociale Con i Bambini ha promosso un bando specifico con cui ha finanziato non progetti, bensì processi di costruzione di comunità. Un bando che arriva quasi contemporaneamente alla diffusione incontrollata del concetto di “comunità educante” , anche a livelli ministeriali (cfr. Ministro Bianchi). Ma siamo sicuri che il significato attribuito a comunità educante sia lo stesso condiviso da educatori, insegnanti e professionisti dell’educazione e lo stesso declinato sui territori?

Per definire il senso del bando “Comunità educanti”, Con i Bambini è partita dalla sua mission che prevede il “sostegno di interventi sperimentali finalizzati a rimuovere gli ostacoli di natura economica, sociale e culturale che impediscono la piena fruizione dei processi educativi da parte dei minori”.

Interventi sperimentali che prevedono apprendimenti non solo al termine, ma anche in itinere, diversamente dai modelli, permettendo di aggiustare l’azione e trovare soluzioni.  

In un paese come l’Italia con profonde differenze, per costruire azioni che siano appropriate ai territori è necessario dare a questi ultimi la possibilità di scelta e decisione, permettendo a ciascuno di selezionare strumenti e modalità più efficaci. Può essere infatti che il luogo migliore per attivare un processo di educazione non sia la scuola, a cui neppure si può demandare tutto, ma altri servizi educativi.

Questa volontà di lavorare sul tema della comunità ci porta a riflettere su un pensiero di natura epistemologica.

Ci rendiamo conto che in realtà le comunità non esistono, o meglio, esistono solo quando ci sono gruppi di persone che si orientano verso un obiettivo comune, attraverso un alfabeto comune. Possiamo affermare che non esiste un modello di comunità educante, ma che esso cambia a seconda dei territori e degli attori che si avvicendano; ecco perché la comunità per essere realizzata ha bisogno di relazioni. Se infatti partiamo dall’idea che il progetto non sia direzionato dal progettista, ma dall’ascolto reale del territorio, le azioni si stravolgono in maniera positiva andando a colmare i vuoti, anche attraverso attività intersettoriali che permettono di sconfinare dalle proprie aree standard di applicazione.

Oltre confine

Il tema della povertà educativa è un tema molto recente, non solo in Italia, ma anche in Europa.

Il fondo dell’impresa sociale Con i Bambini è stato voluto proprio perché in molti paesi era presente un fondo per la povertà educativa. Un tema che è stato recentemente rafforzato dalla Strategia dell’UE sui diritti dei minori e garanzia europea per l’infanzia: due importanti iniziative politiche che la Commissione europea ha presentato per tutelare meglio tutti i minori, aiutarli a far rispettare i loro diritti e collocarli al centro dell’elaborazione delle politiche dell’UE.

La strategia si articola in 6 macroaree che delineano le priorità dell’Unione per i prossimi anni

  1. Partecipazione di ragazzi e ragazze alla vita politica e democratica
  2. Inclusione socioeconomica, salute ed educazione
  3. Contrasto alla violenza ai danni dei minorenni e tutela delle persone di minore età
  4. Giustizia a misura di minorenne
  5. Dimensione digitale e società dell’informazione
  6. La dimensione globale. Il rafforzamento di un’UE che sostiene, protegge e responsabilizza ragazze e ragazzi globalmente, anche durante crisi e conflitti

A livello italiano cosa succede?

Siamo stati tra i primi paesi europei ad approvare il piano per mettere in atto la strategia europea sui diritti dei minori (675 milioni di euro in Italia per il periodo 2021-2027). In base all’accordo, la concentrazione tematica per il fondo prevede che gli Stati membri debbano destinare almeno il 5% delle risorse dello stesso alla lotta contro la povertà infantile e almeno il 12,5% ad azioni rivolte ai giovani per conseguire una qualifica o trovare lavoro.

Gli ingredienti per la costruzione delle comunità educanti ci sono tutti, almeno “sulla carta”: organizzazioni, reti, relazioni, servizi, competenze, persone, processi, finanziamenti. Adesso è il momento di trovare le appropriate combinazioni e il perfetto equilibrio per il miglior risultato, con la giusta misura e una certa dose di coraggio.

L’articolo è tratto da “Redesign dei servizi educativi”, dialogo tra Simona Taraschi (CGM), Sabina Bellione (CGM), Marta Pavan (Con i Bambini) e Francesca Gennai (Consolida Trento e CGM) in occasione di Educa, il festival dell’educazione di Rovereto.

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Educazione Welfare

Nasce V.I.T.A. un progetto integrato pubblico-privato per aiutare i ragazzi con disagio psichico

Una rete di partner integra il servizio di Neuropsichiatria infantile e i servizi educativi del territorio per gli adolescenti tra gli 11 e i 17 anni della zona 4 e 5 di Milano

La pandemia e il conseguente lockdown sono stati determinanti nell’incremento di un disagio psichico giovanile che negli ultimi anni era già in netto aumento. Le misure di contenimento adottate per evitare il propagarsi del virus hanno modificato la routine quotidiana di ciascuno di noi, ma sono stati soprattutto gli adolescenti a risentirne le maggiori ripercussioni a livello psicologico ed emotivo.

Mentre le richieste di aiuto aumentano vertiginosamente, l’apparato sanitario fatica a intercettare in tempo le patologie prima del loro aggravarsi. Per dare una risposta efficace e tempestiva a tali dinamiche e per diventare promotori e produttori di benessere nella complessa e mutevole età adolescenziale, la cooperativa sociale La Strada s.c.s. e l’Associazione L’Impronta, con il partenariato di CGM, hanno deciso di dare vita ad un intervento integrato pubblico-privato in collaborazione con l’ASST Santi Paolo e Carlo e sostenuto da Fondazione Cariplo.

Nasce così il progetto V.I.T.A. – Visioni Integrate per il Trattamento degli Adolescenti, un progetto “ponte” tra il servizio di NPI (Neuropsichiatrie Infantili), i servizi educativi e il territorio di appartenenza degli adolescenti.

Le aree

I territori interessati dal progetto sono la zona 4 e la zona 5 di Milano in cui le realtà promotrici agiscono già da anni: il radicamento territoriale, infatti, rappresenterà la chiave vincente per avere a disposizione, nel minor tempo possibile, risorse professionali qualificate per dare inizio agli interventi.

L’obiettivo

 

Le attività del progetto sono destinate agli adolescenti di età compresa tra gli 11 e i 17 anni: per loro, l’obiettivo principale è la creazione di un percorso individuale basato sulle necessità e bisogni di ognuno. Il progetto ha l’obiettivo di sviluppare negli adolescenti alcune capacità fondamentali, come la coscienza delle proprie azioni e riflettere e apprendere da ciò che si vive, la disponibilità al confronto e al cambiamento. Il gruppo è il luogo perfetto in cui misurare le competenze relazionali, per sperimentarsi, individuarsi e raggiungere man mano la propria autonomia. Per questo, momento importante del progetto, sarà l’avvio di laboratori multidisciplinari che si svolgeranno costantemente sotto la supervisione dell’equipe.

V.I.T.A., inoltre, lavora anche in ottica di prevenzione: saranno promossi momenti di conoscenza, confronto e formazione rivolti ad insegnati e genitori, affinché diventino consapevoli dei “campanelli d’allarme” rispetto all’insorgenza di sintomi di natura psicologica. La finalità è accompagnare i ragazzi verso un ritorno alla normalità delle loro vite e facilitare le dinamiche che fungono da fattore di protezione.  

La pandemia ha abbassato la soglia della sofferenza individuale”-  afferma Stefania Folli di CGM  L’isolamento e l’inattività dacché erano un fenomeno stigmatizzato, oggi sono considerati una strategia percorribile e accettabile da tutti i ragazzi per superare anche problematiche d’ansia di lieve entità. Il rientro a scuola e nella società per molti è stato davvero difficile, soprattutto per coloro che non erano stati in grado in precedenza di costruirsi relazioni forti con i propri compagni. Attraverso V.I.T.A, grazie a una rete territoriale già forte e attiva da tempo, vogliamo dare un aiuto concreto ad una problematica silenziosa, che spesso non è vista dagli adulti presi dai problemi della vita quotidiana. Le richieste sono tante e la sola realtà sanitaria pubblica non riesce a coprire tutto: la rete sociale può e deve entrare in dialogo con le realtà locali per aiutare così l’intera comunità.”

 

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Educazione Eventi News

Fuori è dentro: aperte le iscrizioni per la seconda edizione del workshop dedicato ai professionisti dell’educazione

Fuori è dentro

Come l’impresa sociale e l’outdoor education possono cambiare il futuro della scuola

Dopo l’esperienza dello scorso settembre nella cornice di Arte Sella, CGM ti invita alla seconda edizione del workshop FUORI è DENTRO: un’opportunità di confronto, scambio e riflessione dedicata ai professionisti dell’educazione.
Il workshop esplorerà le strade possibili utili per “cambiare la scuola” da fuori, valorizzando lo sport come strumento educativo e di inclusione, la didattica dei luoghi, le esperienze informali e le attività extra curricolari che arricchiscono competenze e skills di bambini e ragazzi.

La due giorni prevede un alternarsi di momenti di approfondimenti teorici ed esperienziali, ma anche e soprattutto di laboratori pratici in outdoor per passare subito dal dire al fare.

 

Il workshop è organizzato dal Consorzio CGM in co-progettazione con il Consorzio Proodos (NA) e la Società Sportiva Sant’Anastasia Calcio (NA) all’interno di Inclusi dalla scuola alla vita, un progetto selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile.

Programma

24 SETTEMBRE

12.30 | Arrivo e pranzo di benvenuto c/o Hotel la Casa Del Pellegrino, Sant’Anastasia (NA)

15.00– 16.30

Fuori dalla scuola: sport, cultura e altre esperienze
Maurizio de Giovanni, scrittore, sceneggiatore e drammaturgo

Saluti istituzionali
Lucia Fortini, Assessore alla Scuola, alle Politiche sociali e alle Politiche giovanili della Regione Campania
Carmine Esposito, Sindaco di Sant’Anastasia

Introduzione al workshop
a cura di Giuseppe Bruno, Presidente Consorzio CGM, e Mario Sicignano, Presidente Consorzio Proodos

16.30-17.30 | Sport e Terzo Settore. Come lo sport può diventare strumento educativo e di inclusione.
Giuseppe Di Marzo, Presidente AC Sant’Anastasia, in dialogo con il Maestro di Judo Giovanni Maddaloni

17.30-18.30 | Estate 2021: le esperienze fuori e dentro la scuola
Sara De Carli, giornalista per Vita in dialogo con
– Cooperativa Stripes, Rho (MI)
– Cooperativa Occhi Aperti di Scampia (NA)
– Istituto Andrea Torrente, Casoria (NA)

20.00 | Cena al Ristorante Ristorame Cucina Popolare

 

25 SETTEMBRE

9.30-12.00 | Workshop paralleli: dalla teoria alla pratica

  • L’allenatore come operatore sociale: quando l’educazione passa dallo sport.
  • Educazione alle differenze: laboratorio per prevenire le discriminazioni nelle scuole.
  • Comunicare l’educazione: nuove tecniche e linguaggi con i giovani del magazine La Testata.

12.00-12.30 | Cosa portiamo FUORI?
Riflessioni e restituzione al termine del workshop con Flaviano Zandonai, Open Innovation Manager CGM

12.30 – 13.00 | I prossimi step di CGM
Il futuro dell’educazione e gli appuntamenti dedicati alla community con Francesca Gennai, Consigliere di amministrazione CGM con delega all’educazione

13.00 | Pranzo finale e salutiScopri il programma completo

Quando

Il 24 e 25 settembre 2021

Dove

Sant’Anastasia (NA)

Costo

Workshop con pernottamento di una notte + colazione presso l’Hotel la Casa Del Pellegrino, Sant’Anastasia (NA)

  • Opzione stanza singola
    €160 + 22% iva a persona
  • Opzione stanza doppia
    €150 + 22% iva a persona

Workshop senza pernottamento

  • €120 + 22% iva a persona

Tutte e tre le tariffe comprendono

  • 2 pranzi + 1 cena
  • Formazione e workshop

Iscrizioni

Iscrizioni entro il 12 settembre o fino a esaurimento posti a questo link Iscriviti qui

Informazioni

• Per ulteriori informazioni, scrivi a simona.taraschi@cgm.coop

Per garantire un efficace svolgimento del workshop e la sicurezza di tutti nel rispetto delle normative anti-Covid vigenti, la formazione è aperta a un massimo di 50 partecipanti muniti di Green Pass