“Siamo già per nostra natura la ’S’ degli SDGs, gli Obiettivi per lo Sviluppo sostenibile. La sfida è vivere quella ‘S’ con più profondità e innovazione, di essere, a partire dal nostro DNA, il motore del cambiamento“.
Andrea Ripamonti è consigliere del nostro consorzio CGM con delega alla sostenibilità. Con lui abbiamo affrontato il tema della sostenibilità ambientale ed energetica (e non solo), uno dei nostri filoni core su cui a breve potremo condividere importanti novità.
Ma partiamo dal principio: perché una organizzazione di terzo livello come CGM si occupa di questo tema?
“Perché la sostenibilità non è solo un main stream – esordisce Ripamonti – ma è elemento di vera trasformazione e come CGM , come accaduto su altri temi, stimoliamo e accompagniamo il cambiamento, facendo cultura, intercettando grossi player e lavorando sulla programmazione politica, a livello nazionale ed europeo”. Certo, la trasformazione è già nel mercato. “Gli studi – continua il nostro consigliere – ci dicono che il 44%* delle persone è disposto a spendere di più per prodotti ecosostenibili. Il mercato quindi si sta spostando sulla sostenibilità. L’obiettivo è che venga interpretata non come greenwashing, come etichetta, ma come creazione di ecosistemi realmente sostenibili, con impatti sulla comunità. In questo le imprese sociali possono e devono giocare un ruolo da protagoniste”.
In diversi ambiti: dalle forniture agli accordi di programma, dalla governance alla contaminazione con mondi diversi, dalla crescita di competenze al rapporto con le università. Con un focus sulle CER, le comunità energetiche rinnovabili.
“La questione energetica è solo una parte delle CER, piccole e grandi – spiega Ripamonti – Dentro, c’è tutto l’impatto sociale per cui le nostre cooperative sono forti a livello di servizi, di politiche attive del lavoro, di politiche territoriali. Per questo le CER sono un’occasione per il terzo settore per interpretare la rivoluzione sostenibile”.
E se nel panorama delle cooperative ci sono già molte realtà che sulla sostenibilità energetica, e non solo, stanno facendo la differenza (60 quelle che come CGM stiamo seguendo sulla transizione verde), ci sono due limiti da superare: il primo legato alla burocrazia (“Una criticità generale che ingabbia le cooperative e non solo in regole complesse e tempi biblici che si traducono in costi e inefficienza”), il secondo più culturale.
“Le imprese sociali – conclude Ripamonti – devono uscire dalla zona di comfort. Su questo come CGM possiamo fare molto, sia sensibilizzando le nostre organizzazioni rispetto alle direzioni del mercato, sia lavorando per orientarlo questo mercato. Un esempio: i criteri ecologici verranno introdotti sempre di più nelle gare dei nostri servizi, anche le grandi imprese si stanno orientando verso fornitori etici, ma le nostre realtà sociali sono pronte?”.
La risposta deve essere positiva ed è da costruire insieme.