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CGM in Palestina: qui la cooperazione diventa resistenza e rinascita


Sabina Bellione, Project designer, responsabile Progettazione CGM, ci racconta il suo viaggio in Palestina, organizzato con la nostra cooperativa socia Il Giardinone (con la presidente Laura Gallo) e l’organizzazione Volontariato Internazionale per lo sviluppo per incontrare il mondo cooperativo locale.
“Queste cooperative ci mostrano che la resilienza non è solo resistere, ma creare valore dove gli altri vedono solo fragilità, trasformare la marginalità in progetto, la scarsità in innovazione”. Ecco le sue parole.

Tredici cooperative tra Ramallah, Betlemme, Hebron, Gerusalemme e Tulkarem. Tredici storie, tredici comunità, tredici esempi concreti di come la cooperazione possa diventare una forma viva di resistenza e di rinascita.

Molte delle cooperative incontrate sono composte e guidate da donne. Donne che lavorano nei campi, nelle cucine, nei laboratori artigianali. Donne che trasformano olive in olio, pomodori in conserve, stoffe in ricami. Donne che, con dignità e determinazione, non accettano di essere solo “beneficiarie”, ma diventano protagoniste economiche, sociali e culturali delle proprie comunità.

Quando si entra nei loro laboratori o nei piccoli centri di trasformazione si percepisce subito che la cooperativa non è solo un’impresa: è una forma collettiva di vita, di sostegno reciproco, di costruzione di futuro.

In Palestina, la cooperativa nasce spesso da un bisogno molto concreto: quello di produrre, di trasformare, di commercializzare, ma soprattutto di restare, di radicarsi, di resistere.

E proprio in questo si manifesta la sua forza imprenditoriale e umana: offrire ai soci, spesso con risorse minime, gli strumenti, i mezzi, a volte anche il credito, per poter lavorare, generare reddito e mantenere viva la comunità.

Sono imprese create dai soci, gestite democraticamente, basate sulla partecipazione economica, sulla trasparenza, sull’autonomia, sulla cooperazione tra cooperative e sull’impegno verso la comunità.

È un modello che unisce autogestione e solidarietà, imprenditorialità e giustizia sociale.

Le cooperative palestinesi ci ricordano che la cooperazione è un atto politico e umano allo stesso tempo. È un modo per dire: “Noi restiamo, lavoriamo, produciamo, costruiamo insieme.”

E ci mostrano che la resilienza non è solo resistere, ma creare valore dove gli altri vedono solo fragilità, trasformare la marginalità in progetto, la scarsità in innovazione.

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